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A Tgcom24 il racconto e le emozioni del 26enne Saverio Altafini. Dalla volta in cui ha dormito in carcere da innocente a quella in cui è stato "salvato" e ospitato da alcuni cacciatori a 3mila metri e in mezzo alla neve in Pakistan.
di Giorgia Argiolas© Tgcom24
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Una tenda, due zaini con qualche cambio, i documenti, il telefono e una macchina fotografica. È l'essenziale con cui da circa un anno vive Saverio Altafini, un 36enne di Casette di Legnago, in provincia di Verona, che, il 9 luglio, ha deciso di dire addio a una posizione stabile, lasciare il suo lavoro di tecnico di radiologia e partire per l'Asia in Vespa. Da Bari ha preso un traghetto per la Grecia, poi si è recato in Turchia, Georgia, Armenia, Iran, Pakistan, India e Bangladesh. In questo momento è in viaggio per l'India, dove arriverà il 12 giugno. Ha dormito nei luoghi più inimmaginabili - il carcere è uno di questi (e non da colpevole!) - e una volta, a 3mila metri e in mezzo alla neve, in Pakistan, è stato "salvato" e accolto da cacciatori e allevatori di yak, una specie di bufalo. Ma, soprattutto, ha capito cosa conta veramente nella sua vita, come ha raccontato a Tgcom24: "In questi 11 mesi, ho fatto una classifica di ciò che serve e di ciò che non serve e tutto quello che serve è dentro a uno zaino sopra la Vespa".
Com'è nata l'idea di licenziarsi e partire?
Non è stata una decisione improvvisa. È un sogno che mi porto dietro da 10 anni, e, precisamente, da quando ho letto "In Vespa. Da Roma a Saigon" di Giorgio Bettinelli. Mi sono innamorato del suo modo di viaggiare e in cuor mio ho detto: "Anche io devo farlo". Solo che tra il dire e il fare... Poi, l'hanno scorso, ho compiuto il vero atto di coraggio, ossia abbandonare la mia casa, la vita che facevo, il lavoro. E da quel momento è iniziato il viaggio.
Perché proprio la Vespa? Si è lasciato ispirare totalmente dal libro?
Le mie due più grandi passioni sono i viaggi e la Vespa. Quella per lo "scooter" è precedente alla lettura del libro, anche se di poco, ed è nata 10 anni fa, quando ho comprato il mio. Da allora ho utilizzato il mezzo per fare le mie vacanze estive e ho scoperto che è ideale per muoversi, non solo perché non è troppo veloce né troppo lento ma anche perché ispira simpatia. Quando mi vedono arrivare, le persone si incuriosiscono, chiedono, cercano un contatto. È un modo fantastico per socializzare.
Cos'ha portato con sé?
Ho portato una tenda, due zaini - uno con biancheria, tre o quattro magliette, un paio di pantaloncini e poco altro; l'altro con indumenti invernali (sacco a pelo, coperta, materassino e una giacca) -, i documenti, tre libri - che ho letto - qualche medicinale, qualche pezzo di ricambio, il telefono e una macchina fotografica.
Come trascorre le sue giornate? E dove dorme?
In questi 11 mesi, tutti i giorni sono stati abbastanza diversi l'uno dall'altro. Questo viaggio è proprio un scappare dalla routine, quindi è tutto tranne che ripetitivo. Per quanto riguarda l'alloggio, cerco di dormire senza pagare. Per non farlo, uso la tenda oppure cerco qualcuno che mi ospiti. Ogni nazione, però, è diversa: bisogna ingegnarsi tutti i giorni. In Pakistan, per esempio, la polizia è molto attenta alla sicurezza degli stranieri. Per cui, se scopre che stai dormendo in tenda non te lo permette. Così, ogni sera, chiedevo ospitalità alle stazioni di polizia. Semplicemente, suonavo il campanello o bussavo alla porta e gli agenti mi davano una stanza in cui piazzare la tenda o, a volte, mi facevano alloggiare in una cella libera. Invece, in Bangladesh sono stato sempre ospite di qualcuno e non ho mai dovuto dormire in tenda. Ho trovato anche un Vespa club e alcuni dei membri mi hanno fatto dormire a casa loro. Inoltre, sono entrato in contatto con delle realtà, anche italiane, di onlus e Ong, che gestiscono case famiglia o cooperative e che in diversi casi mi hanno ospitato. Mi hanno accolto anche tante famiglie e sono state ben felici di farlo. Sono avventure meravigliose.
Come si organizza con la burocrazia? Visti, ecc?
Da dopo l'Armenia, ho dovuto sempre chiedere il visto. Ma non ho avuto tante difficoltà. Ci sono altri viaggiatori che stanno facendo questo percorso, dunque, già in Iran, ma soprattutto dopo, diventa inevitabile incontrarsi, conoscersi e rimanere in contatto. Per cui, le informazioni sono facili da reperire proprio dal viaggiatore che ha fatto la stessa tratta che stai facendo tu, magari una settimana prima.
Come si mantiene? Ha messo da parte qualcosa prima del viaggio?
È un viaggio molto economico: spendo 400 euro al mese. Da quando sono partito, ho speso una cifra che si aggira intorno ai 6mila euro. Mi mantengo esclusivamente coi soldi che ho risparmiato personalmente. Non ho chiesto aiuti economici a nessuno, non lavoro o cerco di lavorare mentre viaggio.
Come l'hanno accolta le popolazioni locali?
Le popolazioni di Turchia, Iran, Pakistan e Bangladesh sono estremamente ospitali. Ho sempre trovato disponibilità, affetto, voglia di conoscere e di capire. Una curiosità che da noi non è comprensibile.
Si è mai sentito solo?
Mi sono sentito solo all'inizio del viaggio, i primi mesi, perché ero inesperto, viaggiavo ancora con la testa da turista. Poi, da quando ho capito come farmi accogliere dalle persone, ho trascorso veramente pochi giorni da solo. Inoltre, qualche volta, ho fatto un po' di strada con dei viaggiatori che stanno facendo la stessa tratta.
In Iran ha "incontrato" le proteste per la morta di Masha Amini?
Nel periodo in cui ero in Iran, c'erano le proteste, ma io non ho visto niente. E non ho nemmeno cercato di vedere. Sia perché erano localizzate, sia perché era appena stata arrestata la nostra connazionale Alessia Piperno e l'ultima cosa che avrei voluto fare in quel momento era rischiare che mi succedesse qualcosa. Mi è capitato, però, di vedere alcune manifestazioni spontanee, a Isfahan, in cui delle ragazze si toglievano il velo in piazza mentre ballavano. C'è da dire che l'Iran, e Teheran in particolare, è molto vario, basti pensare che la prima protesta che ho visto io era di un migliaio di donne che manifestavano a favore del velo. Comunque, non mi sono mai sentito in pericolo nel Paese. L'unica volta che ho avuto paura è stato a Bam, una città in mezzo al deserto, dove, una sera, alle 23, è venuta la polizia morale a cercarmi. All'inizio, non capivo, mi sono spaventato perché gli agenti erano anche minacciosi, mi hanno fatto il terzo grado, ma alla fine volevano solo sapere chi ero. Era un controllo. Per il resto, mi sono sempre sentito al sicuro. Anzi, l'Iran è uno dei Paesi più accoglienti del mondo.
Qualche aneddoto?
Più che un aneddoto è un'avventura. Ero in viaggio con un altro ragazzo, ci trovavamo nel Nord del Pakistan, a 3mila metri e in mezzo alla neve. Io ero congelato, la strada era ghiacciata, non si poteva più andare avanti né tornare indietro perché era quasi buio. Così, abbiamo chiesto ospitalità a un villaggio di cacciatori e allevatori di yak, una specie di bufalo, e abbiamo dormito una notte da queste persone poverissime, in una capanna di materiali di fortuna. Tutto il villaggio è venuto a incontrarci, salutarci. Essere a 3mila metri, perso in mezzo al nulla, bisognoso, e ricevere l'umanità di un villaggio intero mi ha scaldato l'anima. Quelle persone ci hanno ospitato, dato da mangiare, fatto dormire al caldo. Di fatto, ci hanno salvato la vita.
Come la sta cambiando quest'esperienza, se la sta cambiando?
Sicuramente viaggiare con l'essenziale per sopravvivere mi ha fatto capire quali sono le cose importanti, quelle che davvero servono nella vita. Vivere con pochi soldi, pochi oggetti materiali e fare certe esperienze mi ha fatto mettere in discussione tante cose. Diciamo che ho fatto una classifica di ciò che serve e di ciò che non serve e tutto quello che serve è dentro a uno zaino sopra la Vespa. Questo è un mondo lontanissimo dal nostro. Noi vogliamo sempre avere un ritorno quando diamo qualcosa, invece qua è molto più normale dare qualcosa senza volere o richiedere necessariamente qualcosa cambio. C'è proprio il piacere dell'ospitalità. E parliamo di un'ospitalità molto frugale, spesso si dorme per terra oppure con altre persone, in case molto povere. È un'esperienza fantastica e non c'entra nulla col turismo. È la scomodità assoluta e si girano posti assolutamente non turistici.
Dove è diretto ora? Che itinerario intende fare?
Ora sono in viaggio: dopo 50 giorni in Bangladesh, torno in India. Dovrei arrivare a Delhi il 12 giugno sera, il 13 compio gli anni e per il mio compleanno mi regalerò una pizza in un locale italiano, gestito da una ragazza napoletana. Forse mi concederò anche un tiramisù e addirittura una camera d'albergo. Poi trascorrerò l'estate sull'Himalaya e successivamente andrò in Nepal.
Conta di tornare in Italia?
Sì, sicuramente. Anche spendendo pochissimo prima o poi i soldi finiscono. Inoltre, non ho mai pensato che questa sarebbe diventata la mia vita. Tuttavia, sono partito senza darmi un limite temporale. Penso che il viaggio potrebbe durare altri 6-12 mesi, più probabilmente un anno. Però, ecco, sono partito allo sbaraglio e tornerò allo sbaraglio.