IL DECLINO DI SAIF AL ISLAM

Libia, Saif Gheddafi condannato a morte da un tribunale di Tripoli

E' colpevole della violenta repressione avvenuta durante la rivolta del 2011. Saif Gheddafi è al momento detenuto nel carcere di Zintan: la milizia rifiuta di consegnarlo al governo centrale

28 Lug 2015 - 18:23

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Saif Al Islam, secondogenito di Muammar Gheddafi, è stato condannato alla pena di morte da un tribunale di Tripoli, per la repressione violenta durante la rivolta del 2011 in Libia. Con il figlio del defunto rais, condannato anche l'ex capo dell'intelligence libica Abdullah al Senussi e l'ex premier libico Baghdadi al Mahmoudi, arrestato nel 2011 dopo la caduta del regime.

Lo riferisce al Jazeera. Saif è attualmente detenuto in un carcere di Zintan, città sotto il protettorato del governo di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale. La milizia ora rifiuta di consegnarlo al governo filo-islamista di Tripoli.

Da quando è morto il Colonnello infatti il Paese è caduto nel caos con la formazione dei due governi: quello di Tobruk, a est della Libia, eletto con valide elezioni, e quello di Tripoli, a ovest, conquistato dalle milizie filo-islamiste. L'inviato delle Nazioni Unite in Libia da tempo sollecita invano una ricongiunzione politica nel Paese.

Tobruk non crede che la sentenza sia regolare perché il tribunale di Tripoli si trova in una città che non è sotto il controllo dello Stato. Per questo il governo libico ha chiesto alla comunità internazionale di invalidarla poiché "i giudici hanno lavorato sotto minaccia delle armi e temendo di essere uccisi o rapiti".

Saif Gheddafi è stato condannato per crimini contro l'umanità, per istigazione pubblica all'omicidio e stupro anche dal Tribunale internazionale de L'Aja. Le milizie del governo eletto con elezioni regolari, che lo arrestarono, però si opposero subito al mandato di cattura internazionale, poiché erano decise di processarlo in Libia.

Nella sentenza emessa dalla corte di Tripoli il delfino dell'ex rais è accusato di aver pagato mercenari per reprimere le proteste causando la morte di molti civili.

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