A seguito delle ultime tensioni tra polizia e afroamericani in Usa, uno dei tre agenti freddati in un agguato, in un post su Facebook confessava i suoi timori. Parole che risuonano profetiche
"Io amo questa città, ma mi chiedo se questa città mi ama". Parole profetiche queste che in un lungo sfogo l'agente di colore Montrell Jackson, uno dei tre poliziotti freddati nell'agguato di Baton Rouge, Louisiana, aveva affidato a Facebook l'8 luglio. Il 6 luglio l'uccisione in città da parte della polizia dell'ambulante nero Alton Sterling scatenò la rabbia della comunità nera, che poi si diffuse in tutti gli Usa fino a sfociare nella strage di Dallas.
Sentiva Montrell Jackson, 32 anni e una bimba piccola, di attirare odio su di sé mentre era in giro a pattugliare le strade della città a causa di quella divisa che indossava con tanto orgoglio. Ancora più temeva per la sua vita nelle ultime settimane, quando la tensione tra polizia e comunità nera a Baton Rouge era arrivata alle stelle con l'uccisione per mano di un agente bianco del venditore ambulante Alton Sterling che era già a terra immobilizzato.
La sua è una storia drammatica: Montrell non si sentiva, dunque, sicuro indossando l'uniforme, ma, scriveva, di sentirsi altrettanto minacciato quando girava in borghese per il semplice fatto di essere un afroamericano. "In tempi difficili - scriveva - la società deve unirsi, perché l'odio prende forza. Guardate quello che faccio, le mie azioni parlano per me". E, invece, a mettere fine alla sua esistenza, proprio perché indossava quella divisa da poliziotto, è stato l'ex marine Gavin Eugene Long.
In un'intervista al Washington Post, il fratello Joycelyn Jackson ha ricordato Montrell come "una persona meravigliosa"; ha poi aggiunto di comprendere le motivazioni di fondo del movimento Black lives matter, ma di condannare senza appello gli atti di violenza contro le forze dell'ordine. "Si sta arrivando al punto che nessuna vita conta, né bianca, né nera, né ispanica", ha concluso.