Lo scenario di un conflitto sempre più ampio

Polveriera Medioriente, dalla guerra di Israele a Gaza ai raid di Iran e Pakistan: cosa succede

Il conflitto si allarga e i protagonisti si moltiplicano: come se la questione palestinese avesse risvegliato faide mai sopite. Sullo sfondo storiche alleanze, rivalità fratricide e nemici giurati

di Giulia Bassi
18 Gen 2024 - 14:41
 © Afp

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Il Risiko mediorientale è di nuovo aperto sul tavolo. Di chiaro c'è solo la plancia su cui è disegnata la cartina geografica: per il resto dadi, carte e carri armati colorati usati come pedine sono mescolati e confusi in un quadro imprevedibile e indecifrabile. Dall'attacco di Hamas del 7 ottobre è stato tutto un susseguirsi di raid, missili, avvertimenti, minacce ma soprattutto di una guerra dai confini sempre più ampi: Israele ha sparato tutta la sua potenza di fuoco su Gaza, diversi missili sono finiti anche nel sud del Libano, il mondo arabo ha iniziato a riproporre con forza la questione palestinese, le milizie Houthi hanno alzato il livello di tensione nel Mar Rosso, gli americani e i britannici hanno risposto e, da ultimo, l'Iran è entrato apertamente in gioco colpendo Siria, Iraq e Pakistan. Cosa sta succedendo, dunque, in Medioriente?

La drammatica situazione di Gaza

 Da quando lo scenario mondiale è stato di nuovo sconvolto dal ritorno del conflitto israelo-palestinese, è diventato subito chiaro il rischio non solo di un'escalation ma anche di un possibile allargamento del conflitto. Di certo dal 7 ottobre gli attori protagonisti si sono moltiplicati, così come i tragici scenari di guerra, morte e distruzione. A Gaza, dove Israele compie attacchi via terra e via cielo, la conta delle vittime si aggiorna ora dopo ora ed è arrivata a oltre 25mila morti e più di 60mila feriti. L'85% della popolazione è sfollata, il 60% degli edifici distrutto, l'emergenza sanitaria è ampiamente fuori controllo con carenze alimentari, idriche e igieniche.  

La questione palestinese

 L'intervento militare di Israele a Gaza ha portato molti Paesi arabi a riproporre con forza, sui tavoli della diplomazia, la questione palestinese e dei due Stati. Molti Paesi occidentali, sostenitori del diritto dello Stato ebraico all'autodifesa e alla caccia ai terroristi di Hamas, hanno comunque sottolineato la necessità di una soluzione per tutelare i civili e porre fine alla guerra e a una distruzione che ha pochi precedenti. La richiesta di cessate il fuoco proviene da più corridoi ma va a sbattere sempre contro la stessa, chiusa, porta d'ingresso (come il veto posto dagli Stati Uniti all'Onu). 

Il fronte libanese

 Il conflitto israelo-palestinese ha ben presto allargato i propri confini, nello specifico verso il Libano: sul territorio dello Stato ebraico hanno iniziato a piovere missili "firmati" e rivendicati da Hezbollah (organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista) che hanno ricevuto in "risposta" fuoco che ha colpito il sud del Libano. Il 3 gennaio poi Israele ha colpito direttamente a Beirut, dove è stato ucciso Saleh al-Arouri, numero due di Hamas che nella capitale libanese rappresentava proprio la congiunzione con Hezbollah e Iran.

I ribelli Houthi e gli attacchi nel Mar Rosso

 La prima, sottile, "traccia" di una comparsata iraniana è stata mandata dagli Houthi, gruppo armato yemenita (in prevalenza sciita) che controlla la capitale Sana'a ed è alleato proprio di Teheran. Con i loro missili avevano tenuto in scacco l'Arabia Saudita e una volta venuta meno la tensione con Riad, gli Houthi hanno puntato "il mirino" contro Israele e i suoi alleati: ufficialmente per essere solidali con i palestinesi, hanno preso ad attaccare le navi (commercialmente legate a Tel Aviv e all'Occidente) di passaggio nella striscia di mare che divide l'Oceano Indiano dal Mar Rosso, da cui transita il traffico commerciale verso il Canale di Suez e quindi il Mediterraneo.

La risposta americana e britannica

 Agli Houthi hanno risposto gli Stati Uniti, prima con un raid della Marina Usa contro le loro imbarcazioni nel Mar Rosso meridionale. Poi, con il sostegno britannico, Washington ha colpito postazioni Houthi direttamente nello Yemen. Proprio questi raid hanno segnato la prima risposta militare degli Stati Uniti a quella che è stata una persistente campagna di attacchi con droni e missili contro navi commerciali nel Mar Rosso dall'inizio del conflitto Israele-Hamas. 

Gli attacchi diretti dell'Iran

 La definitiva escalation nel complesso quadro mediorientale arriva con l'Iran, entrato in scena a volto scoperto: Teheran, infatti, ha colpito direttamente prima in Iraq e Siria e poi in Pakistan, dove sono finiti tra le vittime anche due bambini. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha provato a gettare acqua sul fuoco e a rassicurare, spiegando che si è trattato di azioni mirate per colpire agenti del Mossad e gruppi terroristici. Ma le reazioni non si sono fatte attendere: Baghdad ha richiamato il suo ambasciatore a Teheran mentre il Pakistan ha colpito con l'esercito direttamente in territorio iraniano, causando anche vittime civili. Entrambi i Paesi hanno chiaramente parlato di "ingiustificate violazioni" dei loro territori.

Perché l'Iran è intervenuto in questo modo?

 Alla domanda sul perché l'Iran sia entrato così clamorosamente e apertamente in gioco è difficile rispondere. Dimostrazione di forza? Avvertimento? Rappresaglia per l'attentato di Kerman (in cui morirono oltre 100 persone intente a commemorare il generale Qasem Soleimani, ucciso dagli americani a Baghdad nel 2000) rivendicato dall'Isis? Di certo è scattato un effetto-domino, con la questione palestinese che ha riacceso nazionalismi, faide religiose, storiche alleanze e secolari rivalità mai del tutto sopite. Come ha scritto il Guardian, "un'ondata di violenza si sta diffondendo in tutto il Medio Oriente e oltre". L'azione dell'Iran arriva dopo i ripetuti raid americani e britannici in risposta alle azioni degli Houthi, che non hanno fatto vittime ma hanno chiaramente segnato l'entrata in campo dei due storici alleati occidentali. 

Guerra Gaza-Israele, gli attori in campo

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