braccio di ferro

Migranti, l'accordo c'è ma non si vede: ancora scontro Macron-Conte

"L'accoglienza riguarda i Paesi di primo arrivo, la Francia non lo è", dicono dall'Eliseo. Salvini: "Dalle parole si passi ai fatti"

29 Giu 2018 - 20:26
 © lapresse

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Al netto dell'ottimismo dei protagonisti, il premier Giuseppe Conte su tutti, è un accordo solo sulla carta quello sui migranti che arriva da Bruxelles. E si riaccende lo scontro Roma-Parigi. "L'accoglienza riguarda i Paesi di primo arrivo, la Francia non lo è", dice Macron. "Era stanco, lo smentisco", replica Conte. Resta aperto un altro fronte di divisione, con Merkel che fa muro sui movimenti secondari. I Visegrad: evitate le quote obbligatorie.

Il realismo del giorno dopo, porta insomma a parlare di "un accordo soddisfacente almeno all'80%", più di Salvini che è "soddisfatto al 70%". Per Conte è stato un debutto di fuoco nello scenario comunitario, dove si era affacciato solo per il summit informale della scorsa domenica. La minaccia di veto all'intero documento da parte dell'Italia, se non fossero state accolte le sue richieste sul tema migranti, ha bloccato la prima giornata di lavori.

La prima reazione del premier era stata entusiasta: "L'Italia non è più sola".Poi, dopo qualche ora di riposo e di riflessione, i toni si sono fatti più moderati. Con Salvini (molto meno soddisfatto del risultato) "siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Anche io voglio vedere i fatti", ha assicurato.

Resta il macigno lanciato dal presidente francese Emmanuel Macron, dicendo che i centri di accoglienza "vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, sta a loro dire se sono candidati ad aprirli". La sensazione è che tra tutti i Ventotto ci sia la rincorsa a mettere il cappello sulle decisioni finali. Paesi come l'Ungheria hanno rivendicato la "grande vittoria di Visegrad" perché "siamo riusciti a prevenire la ridistribuzione obbligatoria degli immigrati". Il nodo principale, e che più ha attirato critiche e diffidenze in Italia, è quello della creazione dei centri di accoglienza su base volontaria, su cui proprio i paesi dell'Est, Ungheria in testa, hanno lottato a lungo nella notte tra giovedì e venerdì perché tale principio fosse esplicitamente indicato nel testo.

"Ma lo abbiamo chiesto anche noi, non si può imporre a nessuno di creare un centro di accoglienza", afferma Conte che ha assicurato che "ci sono già alcuni Paesi che hanno dato informalmente la loro disponibilità". In ogni caso "l'Italia non è tra questi". Come a dire, valutiamo, siamo pronti se lo sono anche gli altri, secondo quel principio per cui 'Chi arriva in Italia arriva in Europa' che Conte e Salvini vanno ripetendo da giorni. Quella partita, insomma, è ancora tutta da giocare, e tutto da vedere chi e quanti saranno i "volenterosi".

Rinviata infine la riforma del trattato di Dublino che va fatta, certo, ma "quanto prima", si legge nelle conclusioni. Anche qui però Conte si è difeso spiegando che il tema non era in realtà nell'agenda del vertice, quando invece "abbiamo rivoluzionato il tavolo e convinto 28 Paesi" a un accordo "multilivello". Ma i dubbi restano. Dalle parole si passerà ai fatti?

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