L'atomo, si legge nel documento, è una "tecnologia chiave insieme alle rinnovabili". Ecco che cosa sono, come funzionano e quanto costano le nuove centrali nucleari modulari
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Tredici Paesi Ue, tra i quali anche l'Italia, chiedono "un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari", promuovendo "la ricerca e l'innovazione in particolare per i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati". Lo si legge in una nota congiunta diffusa da Parigi, a capo dell'alleanza sul nucleare, al termine di una riunione con la Commissione europea. Il documento sui mini reattori nucleari è stato sottoscritto da Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia (tra i primi a chiedere all'Ue di puntare sull'energia nucleare), Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. L'Italia, insieme a Belgio e Paesi Bassi, ha firmato in qualità di Paese osservatore.
Nel corso della riunione, ospitata dalla Direzione generale Energia della Commissione europea, i 13 Paesi europei "hanno ribadito l'importanza del rispetto dei più severi standard di sicurezza nucleare e hanno concordato sulla necessità di un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari".
L'atomo, si legge nella nota, costituisce "una tecnologia chiave, insieme alle energie rinnovabili, per raggiungere i nostri obiettivi climatici e la neutralità del carbonio nel 2050" e "in questa prospettiva" i rappresentanti dell'alleanza ritengono "essenziali il rafforzamento della cooperazione industriale, delle catene del valore europee e l'agevolazione delle capacita' finanziarie". L'Ue ha infatto ha dato il via libera all'idrogeno verde prodotto dal nucleare, eliminando però poi il nucleare dalla bozza del piano industriale green.
I tredici governi evidenziano inoltre che "i piccoli reattori modulari possono contribuire, insieme alle grandi centrali nucleari, al raggiungimento degli obiettivi climatici dell'Ue e alla sicurezza energetica, sviluppando competenze e indipendenza tecnologica".
I mini reattori nucleari, conosciuti anche come Smr (Small modular reactors), sono reattori a fissione più piccoli delle centrali nucleari tradizionali, di cui rappresentano un'evoluzione. Essendo di dimensione ridotta, anche la potenza è inferiore: si ferma a meno di 300 megawatt, mentre le centrali nucleari standard di quarta generazione hanno una potenza che può arrivare anche a 1.600 - 1.800 megawatt.
Gli Smr funzionano nello stesso modo delle grandi centrali, e sono basati sul processo di fissione nucleare. All'interno del nucleo del reattore, la reazione a catena avviene attraverso il bombardamento del combustibile (cioè dell'uranio) mediante neutroli: il processo (che viene regolato attraverso alcune "barre di controllo": grazie alla loro capacità di assorbire neutroni possono rallentare o accelerare la fissione) produce un'enorme quantità di energia sotto forma di calore:. Questo calore viene quindi utilizzato per generare vapore, inviato a una turbina che, grazie alla rotazione, produce energia. I mini reattori nucleari, rispetto alle centrali tradizionali, sono molto più economici; le stime sono di un investimento di circa 2 miliardi di euro, contro gli oltre 10 miliardi di euro necessari per realizzare una centrale nucleare tradizionale (l'ultima a essere costruita, l'impianto di quarta generazione Olkiluoto 3 in Finlandia, è costato 11 miliardi di euro ed è entrata in funzione nel gennaio 2022).
Le moderne centrali nucleari di quarta generazione utilizzano reattori a fissione che utilizzano i combustibile nucleare in modo molto più efficiente e minimizzano la produzione di scorie. Si tratta però sempre di impianti molto grandi e di elevata potenza, mentre gli Smr, grazie alla modularità e ai minori costi (e tempi) di costruzione richiedono un investimento minore e possono entrare in esercizio in tempi molto più brevi. Per contro, però, il timore è che i mini reattori nucleari possano produrre molte più scorie delle grandi centrali: secondo uno studio della Stanford University e della University of British Columbia, gli Smr possono produrre fino a 30 volte più rifiuti nucleari a seconda del modello in uso (dei 30 in via di sviluppo, ne sono stati analizzati tre tipi, quelli raffreddati ad acqua, a sali fusi e a sodio),