Un ritratto della speaker della Camera Usa che non prende ordini da nessuno, dall'elezione al Congresso del 1991 e che con la Cina ha dei precedenti
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La linea ufficiale di Washington è che Nancy Pelosi ha tutto il diritto di far visita a Taiwan e il viaggio non cambia la politica di sostegno degli Stati Uniti alla politica dell'Unica Cina. Ma la decisione della speaker "pasionaria", che neoletta al Congresso nel 1991 andò a piazza Tienamen a srotolare uno striscione contro la repressione di Pechino, ha irritato la Casa Bianca e messo in imbarazzo Joe Biden. Per giorni funzionari dell'amministrazione hanno provato a dissuadere Pelosi. Invano. Il Pentagono ha informato nel dettaglio il suo staff sui rischi del viaggio in diversi briefing super segreti, senza risultati. Il presidente Usa ha pubblicamente scoraggiato la democratica rivelando ancora due settimane fa che per i generali americani la missione sull'isola in questo momento non era un buona idea. Ma l'82enne Speaker della Camera, che ha origini molisane e si dice ambisca a diventare ambasciatrice in Italia, non si fa dare ordini.
L'ultima mossa - La visita "della nostra delegazione a Taiwan onora l'incrollabile impegno dell'America nel sostenere la vivace democrazia taiwanese", ha twittato Pelosi appena atterrata all'aeroporto di Taipei. In un editoriale pubblicato sul Washington Post, ha attaccato la Cina per la sua repressione del dissenso non solo sull'isola ma anche ad Hong Kong, invitando il mondo a scegliere tra "democrazia e autocrazia".
I precedenti - Già nel 2019 la Speaker si era schierata al fianco delle proteste anti-Pechino nell'ex colonia britannica. Dalla protesta in terra cinese nel 1991, Pelosi non è mai stata timida nell'attaccare le politiche della Cina in diversi ambiti a lei cari come le nozze gay o la cyber security.
Le uscite in prima linea - Attivista nell'animo e non da oggi, la democratica della California è stata una delle più determinate critiche di Donald Trump, di cui ha strappato davanti alle telecamere il discorso sullo stato dell'Unione nel 2020 e per il quale ha evocato l'impeachment in più di un'occasione.
Di recente, lei fervente cattolica, si è schierata a favore del diritto all'aborto e contro la Corte Suprema accusando i massimi giudici di essere asserviti ai repubblicani.
Gli obiettivi - Tra le ragioni della sua missione a Taiwan c'è anche una componente di ambizione politica. Accompagnata da una delegazione di parlamentari, Pelosi è consapevole che il sentimento anti-cinese è uno dei pochi temi bipartisan e aver messo piede sull'isola, accresce la sua influenza a Capitol Hill. Certo adesso dovrà vedersela con il disappunto di Biden, imbarazzato da un mossa controversa che arriva a pochi giorni dal suo colloquio telefonico con il leader cinese Xi Jinping che aveva rilanciato le relazioni tra le due super potenze. Per non parlare della preoccupazione della Casa Bianca per il rischio di escalation militare al largo dell'isola nelle prossime 48-72 ore.
L'amministrazione ha assicurato che il suo compito è garantire la sicurezza della Pelosi e della sua delegazione, ma a Washington nessuno vuole uno scontro diretto con le forze cinesi. Fonti del Pentagono hanno confermato che quattro navi da guerra Usa - la USS Ronald Reagan, l'incrociatore missilistico USS Antietam, il cacciatorpediniere USS Higgins e un'altra - si sono spostate nell'area per quelle che ufficialmente sono definite operazioni militari di routine con i rischio che la situazione possa precipitare rapidamente.