Vertice Ue su nomine nuovi vertici, Ucraina e agenda strategica: tutte le decisioni cruciali che dovranno prendere i leader dei 27
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Sulle nomine Ue "fino a questo momento sono tre i Paesi che non hanno dato il loro consenso: l'Italia di Giorgia Meloni, l'Ungheria di Viktor Orban e la Slovacchia di Robert Fico". Lo rivela all'agenzia di stampa Ansa un alto diplomatico europeo alla vigilia del Consiglio europeo durante il quale i leader saranno chiamati ad approvare l'intesa di principio sui nuovi vertici Ue raggiunta da Popolari, Socialisti e Liberali. "Speriamo di poter portare a bordo anche Meloni", ha aggiunto il diplomatico, spiegando che negli ultimi giorni ci sono stati "molti contatti" tra i leader dei Ventisette per arrivare all'accordo, definito "molto equilibrato".
Il Consiglio europeo che si svolge giovedì e venerdì a Bruxelles "sarà un incontro particolarmente significativo", con "un programma sostanziale e decisioni cruciali che determineranno il nostro percorso da seguire", spiega il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella sua lettera di convocazione ai leader dei Ventisette.
Tre sono le decisioni particolarmente importanti attese da questo vertice, secondo quanto ha indicato lo stesso Michel: "In primo luogo, adotteremo l'Agenda strategica. Fedele al suo ruolo previsto dai Trattati, il Consiglio europeo' con questa agenda "definirà le priorità e fisserà gli orientamenti strategici dell'Unione per i prossimi cinque anni, guidando così il lavoro della prossima legislatura". "In secondo luogo - continua il presidente del Consiglio europeo -, determineremo la via da seguire per quanto riguarda le riforme interne e, in terzo luogo, concorderemo le nomine istituzionali', ovvero il nuovo presidente del Consiglio europeo, il nuovo Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune, e la designazione del candidato o della candidata presidente della Commissione europea, che dovrà essere poi confermata dal voto in plenaria del Parlamento europeo. Quest'ultimo punto, che in principio ci si poteva attendere fosse quello più controverso, dovrebbe essere facilitato dall'accordo di coalizione già raggiunto martedì in videoconferenza dai sei capi di Stato e di governo incaricati dei negoziati a nome dei tre gruppi politici europei Ppe, S&D, e Renew, che hanno indicato il loro sostegno per la triade formata dall'ex premier socialista portoghese Antonio Costa, come presidente del Consiglio europeo, da Ursula von der Leyen (Ppe) come presidente designata per un secondo mandato alla Commissione europea, e dalla premier estone Kaja Kallas (liberale) come Alto Rappresentante.
Le critiche da parte dei capi di Stato e di governo non appartenenti alle tre famiglie politiche della coalizione, che potrebbero sentirsi esclusi e discriminati, come è già successo con la premier italiana Giorgia Meloni all'ultimo Consiglio europeo informale, il 17 giugno, sempre a Bruxelles potrebbero rimettere tutto in discussione. Si sa che il premier ungherese, Viktor Orbán è fortemente contrario alla coalizione Ppe-S&D-Renew, e soprattutto a Ursula von der Leyen. Qualche altro Paese potrebbe opporsi all'accordo, ma comunque, a meno di colpi di scena dell'ultimo minuto, sembra estremamente improbabile che possa mancare la maggioranza qualificata (55% dei paesi, che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell'Ue) necessaria, e sufficiente, per approvare le tre nomine.
Meloni dovrà decidere, nel suo ruolo di rappresentante dell'Italia (e non certo di presidente del Partito europeo dell'Ecr), se restare nei giochi del Consiglio europeo, accettando di sostenere le nomine concordate, magari in cambio di un portafogli importante che potrebbe essere promesso da von der Leyen per il futuro commissario italiano, e di una particolare attenzione a tematiche importanti per l'Italia (come la gestione dell'immigrazione). L'alternativa sarebbe astenersi o votare contro, confermando la sua avversità a qualunque accordo con i Socialisti, ed esigendo invece una maggioranza diversa che comprenda i Conservatori. Ciò che appare numericamente e politicamente impossibile, alla luce delle chiare discriminanti poste dai gruppi S&D e Renew contro qualunque forza di destra.
Il vertice inizierà con un intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ci sarà l’opportunità di discutere con lui "della situazione sul campo, ma anche per prendere nota di alcuni risultati raggiunti dopo il nostro ultimo incontro. In particolare, questo Consiglio europeo sarà l'occasione per accogliere con favore l'adozione di quadri negoziali e lo svolgimento di conferenze intergovernative con Ucraina, Moldova e Montenegro. Si tratta di passi storici nel sostenere il rispettivo percorso di questi paesi verso l'adesione all'Ue", nota Michel nella sua lettera di invito ai leader. Con Ucraina e Moldova c’è stata l'apertura dei negoziati martedì, mentre con il Montenegro i negoziati sono ripresi, dopo che erano stati già avviati e poi sospesi.
Il vertice, aggiunge Michel, riportando in gran parte quanto prevede la bozza delle conclusioni del vertice "affronterà' anche la devastante crisi del Medio Oriente. "Ripeteremo - continua il presidente del Consiglio europeo - il nostro appello per un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e un aumento dell'assistenza umanitaria, sufficientemente significativo da soddisfare i terribili bisogni sul terreno. In terzo luogo, ribadiremo il nostro fermo impegno per una pace duratura e sostenibile sulla base della soluzione dei due Stati".
Il Consiglio europeo si occuperà poi del tema della sicurezza e difesa, dove però gli Stati membri sono divisi tra quelli che prospettano nuovi strumenti, compreso il debito comune, per finanziare una vera e propria politica industriale europea della Difesa, e quelli (Germania e paesi nordici) che non ne vogliono neanche sentir parlare. Originariamente, la Commissione doveva presentare un documento con diverse opzioni per finanziare la base industriale, poi si è parlato di una lettera, ora ci sarà solo un rapporto orale di von der Leyen. Si parlerà comunque della possibilità di ricorrere alla Banca europea degli investimenti (Bei), che però attualmente, per statuto, non può finanziare la spesa militare. Un altro punto, meno controverso ma su cui l'Ue è ancora in ritardo, è quello dell'Unione dei mercati dei capitali, su cui dei passi avanti erano stati fatti al Consiglio europeo di aprile. L'agenda prevede anche una discussione sull'immigrazione, mentre un tema che sta diventando spinoso, è quello della Georgia, che, con la sua legislazione che reprime le Ong e i media, sta prendendo una direzione che va in senso opposto a quello delle raccomandazioni dell'Ue per poter andare avanti verso il processo di adesione. L'avvertimento che vuol dare il Consiglio europeo a Tbilisi, anche per contrastare la disinformazione del governo secondo cui l'Ue appoggerebbe le misure liberticide, è che la Georgia sta rischiando seriamente il blocco del processo di adesione.