Il padre del piccolo Mucad, la più giovane tra le vittime della strage, si è salvato fingendosi morto, mentre il fratello più grande del bambino è riuscito a fuggire
C'è anche un bambino di tre anni, Mucad Ibrahim, tra le vittime degli attentati nelle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, dove le autorità stanno cercando di dare un nome ai 50 morti. Le notizie sono ancora frammentarie. Tra le persone rimaste uccise nel massacro molti sono stranieri o figli di immigrati. Ci sono un un medico, un profugo siriano, un giocatore di calcetto. E anche un'altra giovanissima vittima, un ragazzino di 14 anni, che aveva accompagnato la mamma in moschea per la preghiera del venerdì.
Il piccolo Mucad, la vittima più giovane della sparatoria, è morto tra le braccia del padre, che invece è riuscito a sopravvivere alla mattanza fingendosi morto. Assieme a loro nella moschea Al Noor c'era anche il fratello più grande di Mucad, Abdi, anch'egli sopravvissuto.
Le autorità neozelandesi sono al lavoro per dare un nome e un volto alle 49 vittime della strage nelle moschee di Christchurch. Tra loro c'è Haji Daoud Nabi, un afghano emigrato nel Paese con i suoi due figli nel 1977. Khaled Mustafa, poi, un rifugiato siriano, arrivato con la famiglia in Nuova Zelanda solo qualche mese fa. Morto anche Naeem Rashid, l'eroe che ha disarmato l'attentatore. Tra i feriti, 7 sono stati dimessi dall'ospedale, mentre altri 39 restano ricoverati e 11 di loro sono ancora in terapia intensiva.
Non è ancora certa la morte di Sayyad Milne, un ragazzino di soli 14 anni, ma suo padre ha detto al New Zealand Herald di aver perso il suo "coraggioso soldato". Il teenager, studente della Cashmere High School, era andato in moschea con sua madre e con alcuni amici, come faceva ogni venerdì. Sempre il New Zealand Herald inserisce tra i nomi delle vittime anche Atta Elayyan, 33 anni, giocatore di calcio a cinque. Nato in Kuwait, era diventato da poco papà e dirigeva una società hi-tech di Christchurch.
Di Amjan Hamid i familiari hanno perso le tracce da quel maledetto venerdì mattina. Il cardiologo, 57 anni, di origini palestinesi, aveva lasciato il suo Paese per trasferirsi in Nuova Zelanda 23 anni fa. I suoi figli hanno passato al setaccio tutti gli ospedali della città nella speranza di ritrovarlo. E adesso temono il peggio perché, dicono, il venerdì di solito il padre andava a pregare in moschea. "E' terribile, era un uomo così gentile", dice di lui la moglie Hanan. Sembra che sia morta per salvare il marito Husne Ara Parvin, 42 anni, originaria del Bangladesh. Era con lui a pregare in moschea quando c'è stato l'attacco. La donna ha cercato di proteggere con il suo corpo l'uomo, in sedia a rotelle. Ed è morto sotto i colpi di Tarrant.
Anche Haroon Mahmood, 40 anni, è tra le vittime secondo il New Zealand Herald. Lavorava come assistente in una scuola privata, il Canterbury College, dopo aver ottenuto un master in finanza all'istituto di Scienza e Tecnologia in Pakistan. Lascia una mogli e due figli di 13 e 11 anni. Si sono perse le tracce poi di Lilik Abdul Hamid, indonesiano, che era a pregare in moschea con altri cinque connazionali al momento dell'attacco.