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In cima all'elenco di quello che è chiamato "Il libro dei carnefici" compare il generale russo Alexander Dvornikov per le azioni "contro la popolazione civile a Mariupol"
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L'Ucraina ha reso operativa sul web una piattaforma per denunciare i crimini di guerra russi e i loro autori. Lo ha annunciato su Telegram il capo dello staff del presidente Zelensky, Andriy Yermak. "Questo sito (qui il link) contiene informazioni dettagliate e verificate sui criminali di guerra russi. L'Ucraina farà di tutto per trovare e punire tutti", ha scritto Yermak. In cima all'elenco di quello che è chiamato "Il libro dei carnefici" compare il generale russo Alexander Dvornikov per le azioni "contro la popolazione civile a Mariupol". Nel sito è possibile anche denunciare nuovi crimini di guerra.
I crimini di guerra - La piattaforma ricorda che i crimini di guerra della Russia contro l'Ucraina sono iniziati il 24 febbraio del 2022, giorno in cui è cominciata l'invasione di Mosca. Secondo il procuratore generale dell'Ucraina, più di 1.700 casi di crimini di guerra russi sono attualmente oggetto di indagine in Ucraina. Sono stati segnalati numerosi casi di distruzione di infrastrutture abitative, uccisioni di civili e saccheggi da parte dell'esercito russo nel territorio ucraino occupato.
La raccolta di prove - Il "progetto - precisa il sito - raccoglie le prove dei crimini di guerra in Ucraina e di coloro che li hanno commessi. Le indagini sono appena iniziate e proseguiranno fino al ritrovamento dell'ultimo carnefice. Tutti coloro che sono coinvolti in crimini contro il popolo ucraino saranno qui presenti".
L'identikit dei criminali di guerra - Le immagini che ritraggono i russi accusati di crimini sono accompagnate da una serie di informazioni, come la data e il luogo di nascita, i crimini commessi, il livello di istruzione e i documenti di identità. Un elenco che ricorda il Most-wanted Iraqis, il mazzo di carte da poker che i militari statunitensi idearono per aiutare le truppe a identificare i membri più ricercati del governo di Saddam Hussein durante l'invasione dell'Iraq nel 2003.