il caso

Almasri Habish, chi è il comandante libico accusato di violazioni dei diritti umani

Il rilascio del generale di brigata è diventato un caso. Su di lui pendeva un mandato della Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra, torture fisiche e psicologiche e morti sospette mai chiarite

23 Gen 2025 - 13:12
 © Ansa

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La vicenda di Almasri Habish,, capo delle forze della polizia giudiziaria libica, trattenuto domenica a Torino in seguito a una presunta segnalazione dell'Interpol con l’accusa di violazioni dei diritti umani, e poi rilasciato dall'Italia, è diventata un caso politico. E se da un lato il generale libico è stato accolto dal suo popolo come un "eroe", dall'altro molti attivisti per i diritti umani e organizzazioni internazionali hanno espresso il proprio sdegno di fronte alla notizia della sua liberazione.

Chi è Almasri Habish  Almasri, dopo la caduta di Gheddafi nel 2011, ha iniziato a militare tra le forze armate libiche con un'esperienza nell’Apparato di deterrenza, una delle più importanti milizie impegnate nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata (Dacto). Diventato uno dei comandanti di punta delle forze armate che controllano Tripoli, è cresciuto all’interno di questo apparato e ha raggiunto una posizione di grande rilevanza, operando dal quartier generale situato presso l'aeroporto di Mitiga. Qui, il Dacto coordina numerosi centri di detenzione, alcuni dei quali, secondo le denunce delle organizzazioni internazionali, sono utilizzati per imprigionare migranti intercettati dalla guardia costiera libica, che riceve supporto tecnico e formativo dall'Italia attraverso il Memorandum of Understanding firmato nel 2017 tra Roma e Tripoli. La sua influenza è cresciuta ulteriormente nel 2021, quando è stato nominato direttore dell'Istituto di riforma e riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli. In questo ruolo, ha acquisito il controllo delle principali strutture carcerarie della capitale, tra cui Mitiga, Jdeida, Ruwaimi e Ain Zara.

Gli scontri armati a Tripoli del 2022 -  Al Najim, generale di brigata, è affiliato alla potente Forza di deterrenza speciale ed è noto anche con il nome di Almasri. Dai media libici è definito anche come il capo dell'amministrazione carceraria di Tripoli, ed era balzato agli onori della cronaca nel 2022, nell'ambito degli scontri armati nella zona di Sabaa, a est della capitale libica Tripoli, vicino alla sede dei servizi segreti del ministero dell'Interno: a confrontarsi erano stati da una parte gli uomini della Guardia presidenziale guidati dal vice comandante Ayoub Bouras; dall'altra le forze della polizia giudiziaria Najim affiliate alla Rada, gruppo armato libico specializzato nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata guidato dal comandante salafita Abdul Rauf Kara.

Le accuse - Almasri era stato fermato allo stadio di Torino mentre assisteva alla partita di campionato Juventus-Milan. L'uomo è stato trattenuto dalla autorità italiane in seguito a una presunta segnalazione dell'Interpol con l’accusa di presunti crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani, tra cui torture fisiche e psicologiche e morti sospette mai chiarite, commessi dal 15 febbraio 2011. Su di lui infatti pendeva un mandato della Corte penale internazionale (Cpi) con sede all'Aia per "crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga, puniti con la pena massimo dell’ergastolo". Secondo quanto riportato dalla testata libica "Al Wasat", era presente in una lista riservata inclusa nel rapporto del 2023 della Commissione d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Libia. L'elenco, oltre a contenere sei nomi noti, include anche numerose altre figure non identificate.

Le fosse comuni -  Il complesso di Mitiga ospita non solo l'unico scalo aereo civile che attualmente serve Tripoli, ma anche un'importante prigione dove sono detenuti oppositori politici e terroristi dello Stato islamico e una base aerea dalla quale partono i droni d'attacco di fabbricazioni turca. Non è chiaro a quali episodi si riferiscano i crimini di guerra contestati ad Al Najim. Non è esclusa una sua presunta partecipazione nelle fosse comuni trovate a Tarhuna dopo il cessate il fuoco in vigore dall'ottobre 2020 su cui sta indagando la Cpi.

Il rilascio e l'errore procedurale - L'arresto non è stato convalidato e l'uomo, espulso dall'Italia, già nella serata di martedì 21 gennaio, è stato rimpatriato con un volo diretto verso la capitale libica. A determinare il crollo dell'impianto accusatorio è stato un errore procedurale da parte della questura di Torino. Infatti, la Corte d'Appello di Roma ha stabilito che gli agenti non avevano l'autorità per procedere autonomamente al fermo. I mandati della Corte penale internazionale richiedono una procedura specifica che include un passaggio preliminare attraverso il ministero della Giustizia. Gli atti sono stati inviati al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, solo il giorno successivo all'arresto, lo scorso lunedì 20 gennaio. A quel punto, il ministro avrebbe dovuto inviare una richiesta formale alla procura generale di Roma per convalidare il fermo, ma questo passaggio non è mai avvenuto, portando la Corte d'Appello a ordinare il rilascio immediato.

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