Nel corso dell'ultima udienza al Tribunale arbitrale internazionale, il nostro ambasciatore ha rivendicato la giurisdizione del caso
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"Agli occhi dell'India non c'è presunzione di innocenza: i marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate". Lo ha detto l'ambasciatore Francesco Azzarello nel corso dell'ultima udienza al Tribunale arbitrale internazionale de L'Aja, rivendicando per l'Italia la giurisdizione del caso. In India, ha aggiunto, "ci sono stati ingiustificabili rinvii e sono state inventate speciali procedure che violano la Costituzione".
I marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone "sono funzionari dello Stato italiano", impegnati nell'esercizio delle loro funzioni "a bordo di una nave battente bandiera italiana" e "in acque internazionali", e pertanto "immuni dalla giustizia straniera", ha sottolineato Azzarello spiegando le ragioni per cui l'Italia rivendica la giurisdizione sul caso della morte dei due pescatori indiani, scambiati per pirati, nel febbraio del 2012.
Nel caso dei due marò, ha aggiunto l'ambasciatore, anche "le considerazioni umanitarie sono rilevanti: alla fine di questo arbitrato, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone saranno stati privati, a vari livelli, della loro libertà senza alcuna imputazione per otto anni". Considerazioni umanitarie definite "rilevanti" anche nei confronti delle famiglie dei due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine: per questo, ha aggiunto Azzarello, l'Italia si impegna a "facilitare la loro partecipazione e rappresentanza" in qualunque procedimento successivo, nel caso venga riconosciuta la giurisdizione italiana.
"Le vittime sono solo i due pescatori indiani" - "L'Italia sostiene di avere l'esclusiva giurisdizione" sulla vicende dei marò, "ma bisogna tenere a mente che l'India e due suoi pescatori sono le vittime di questo caso": "due esseri umani a bordo di una barca indiana sono stati uccisi da individui che erano su una nave commerciale", ha detto il rappresentante di Delhi, G. Balasubramanian, nell'udienza all'Aja del Tribunale arbitrale internazionale chiamato a decidere proprio sulla giurisdizione del caso. "L'Italia ha infranto la sovranità indiana nella sua zona economica esclusiva" con i due marò che hanno "sparato con armi automatiche contro un peschereccio indiano, il St. Antony, che aveva pieno diritto a operare in quell'area senza" il timore di "essere fermato, essere oggetto di spari e avere due dei suoi membri di equipaggio uccisi", ha aggiunto il rappresentante indiano in aula. Il caso "è materia di tribunali nazionali e non dell'arbitrato internazionale" il cui mandato "si limita all'interpretazione e all'applicazione dell'Unclos (la Convenzione dell'Onu sul diritto del mare, ndr)", ha concluso G. Balasubramanian.
I due marò furono arrestati e trattenuti a Delhi per anni nonostante l'India non abbia mai formulato un vero e proprio capo d'imputazione e abbia ventilato in passato anche la drammatica ipotesi di una condanna a morte. Da allora Latorre e Girone sono rimasti invischiati in un'odissea di lentezze burocratiche e giudiziarie, rinvii e ricorsi, fino alle misure provvisorie imposte dalla Corte che ha permesso loro di attendere a casa la fine dell'iter arbitrale per motivi umanitari. L'Italia si è comunque impegnata a rinviarli a Delhi nel caso l'arbitrato concedesse la giurisdizione all'India.