Se il legislatore non rende pubbliche le fonti d'informazione su cui si basa la designazione tramite decreto, l'autorità giudiziaria competente può comunque verificarne la legittimità, utilizzando fonti proprie
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I giudici nazionali chiamati a esaminare un ricorso contro il rifiuto di una domanda di protezione internazionale devono avere accesso alle "fonti d'informazione" su cui si basa la decisione di considerare un Paese terzo come sicuro. Lo scrive l'avvocato generale della Corte di giustizia Ue, Richard de la Tour, nelle sue conclusioni sulle cause congiunte legate al protocollo sui migranti siglato da Italia e Albania e alla nozione di Paese d'origine sicuro. Il semplice fatto che "un Paese terzo sia designato come Paese d'origine sicuro" tramite decreto "non può avere la conseguenza di sottrarlo a un controllo di legittimità", evidenzia l'avvocato generale.
Se il legislatore non rende pubbliche le fonti d'informazione su cui si basa la designazione tramite decreto di un Paese terzo sicuro - si legge nel parere dell'avvocato generale della Corte Ue, relativo ai ricorsi presentati da migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi che l'Italia ritiene sicuri, in particolare Egitto e Bangladesh -, l'autorità giudiziaria competente può comunque verificarne la legittimità, utilizzando fonti proprie, purché rientrino tra quelle menzionate nella direttiva. Il decreto che designa un Paese d'origine sicuro, inoltre, "deve applicare il diritto dell'Ue e garantire il rispetto delle tutele sostanziali e procedurali previste per i richiedenti protezione internazionale".
L'avvocato generale si è espresso su richiesta del Tribunale di Roma che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi che l'Italia ritiene sicuri - in particolare Egitto e Bangladesh - per l'esame delle loro domande d'asilo con procedura accelerata.
Richard de la Tour ritiene che la normativa europea non vieti a uno Stato membro di considerare un Paese terzo come "Paese d'origine sicuro", anche se per alcune categorie di persone quel Paese non lo è. Questo - viene precisato - è possibile solo se, da un lato, la situazione giuridica e politica del Paese in questione riflette un sistema democratico che assicura alla maggior parte della popolazione una protezione stabile contro persecuzioni o gravi violazioni; e, dall'altro, se lo Stato membro "esclude espressamente quelle categorie" vulnerabili "dall'applicazione" dello status di Paese d'origine sicuro "e dalla presunzione di sicurezza" che esso comporta.
Le conclusioni dell'avvocato generale non sono vincolanti per la sentenza finale dei giudici di Lussemburgo, sebbene diano loro un orientamento. La sentenza è attesa tra fine maggio e inizio giugno.