PER UNA TRUFFA ALLO STATO

Provvisionato, italiano detenuto in Mauritania: "Sono una garanzia umana"

Il bodyguard viene trattenuto nel Paese africano per una truffa allo Stato di cui lui non ha nessuna responsabilità. "Corro un'ora al giorno e nella stanza dove sono recluso leggo libri e guardo dvd"

30 Apr 2017 - 08:54
 © facebook

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"Sono innocente, mi trattengono in Mauritania come garanzia umana per una truffa. Ma io sono assolutamente innocente e voglio tornare a casa". Invece il bodyguard Cristian Provvisionato, 43 anni, di Cornaredo (Milano), è da quasi due anni (venti mesi per la precisione) in carcere in Mauritania, nell'Africa occidentale.

Innocente e un'ora al giorno di aria - "Sopravvivo leggendo libri e guardando dvd - dice dal carcere -, e correndo per un'ora al giorno fuori dal carcere. Le altre 23 ore le passo dentro una stanza. Ho letto sette volte 'Una fortuna pericolosa' di Ken Follett, lo so a memoria".

La madre: "Libertà per Cristian" - Dopo che la madre, Doina Coman, ha deciso di attraversare l'Italia a piedi fino a Roma, partendo da Siena, chiedendo aiuto per lui, è stato contattato dal "Corriere della Sera", a cui ha raccontato la sua brutta avventura. E dice: "Mi trattengono come una garanzia umana perché qualcuno ha truffato il governo. La vicenda riguarda una grossa fornitura di merci, che o non corrisponderebbero alle richieste o non sarebbero mai arrivate nel settore della sicurezza: si parla di strumenti e software per spiare. Ma c'è anche chi parla di "attentato alla sicurezza nazionale". Insomma, qualcuno ha truffato lo Stato e lui si ritrova a pagarne le conseguenze.

Innocente - Il suo avvocato Fabio Schembri assicura che lui è innocente, come confermano anche alla Procura di Milano, che ha aperto un'inchiesta in merito per verificare se ci siano responsabilità penali nella vicenda. E la mamma ha aperto una pagina Facebook chiedendo "libertà per Cristian".

Il viaggio in Mauritania e la demo di prodotti di intelligence - Tutto comincia nell'agosto di due anni fa, quando Cristian viene contattato da Davide Castro, suo datore di lavoro e capo della Vigilar Group, azienda milanese che si occupa di security. Gli chiedono di partire per la Mauritania per seguire "una demo di prodotti di cyber-intelligence di un'altra società, la Wolf Intelligence".

Lui accetta, anche se di informatica sa poco o nulla, perché il capo gli dice che dovrà solo supportare Munish Kumar, indiano e amministratore della Wolf che sarà lì per la demo. Arriva nella capitale del Paese, Nouakchott, dove lo aspetta Leonida Reitano, l'uomo che deve sostituire. Non si insospettisce quando gli ritirano il passaporto perché Castro glielo aveva anticipato e Reitano parte "accompagnato fino all'aereo da uomini del governo", dice lui.

Non arriva l'indiano e della demo Provvisionato non sa nulla. Poi, l'arresto, effettuato da agenti in borghese. "Mi hanno portato in una zona isolata, ho pensato che mi avrebbero ammazzato. Avevo paura di finire come Regeni. Ho potuto chiamare casa dopo quattro mesi e da poco ho un cellulare. Sapranno che la diplomazia ci sta muovendo ed è quello che spero. Non ne posso più, voglio tornare a casa".

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