Dalle relazioni commerciali alle alleanze internazionali, Mosca e Pechino intensificano i contatti: nel 2023 gli scambi bilaterali hanno raggiunto i 240 miliardi di dollari
© IPA
Vladimir Putin torna in Cina, per la seconda volta in poco più di un anno, e nello stringere la mano a Xi Jinping lancia un messaggio all'Occidente: Mosca e Pechino si trovano di nuovo allineate nell'obiettivo di creare un "mondo multipolare equo".
Non c'è ideologia dietro l'intesa tra le due potenze, bensì interessi comuni, commerciali e geopolitici. Anche se, al di là delle alleanze, tra i due Stati restano divergenze ben marcate. A due anni di distanza dall'intesa "senza limiti", annunciata poche settimane prima dell'invasione russa in Ucraina, la Cina continua a essere il salvagente economico della Russia. I loro scambi commerciali sono aumentati del 60% dopo lo scoppio della guerra. Il 28% se si considera solo l'ultimo anno.
Nel 2023 gli scambi bilaterali tra i due Paesi hanno raggiunto la cifra record di 240 miliardi di dollari. Secondo una analisi firmata da Alexandra Prokopenko, Alexander Kolyandr e Denis Kasyanchuk per The Bell inoltre la Russia ha progressivamente abbandonato dollaro ed euro nelle sue transazioni commerciali, adottando sempre di più lo yuan cinese. Prima di invadere l'Ucraina, gli scambi in valuta cinese alla borsa di Mosca erano pari quasi a zero, oggi sono più di un terzo: "A dicembre scorso, il 35,8% dell'export russo è stato pagato in yuan, insieme al 37% dell'import".
Negli ultimi due anni, inoltre, considerando anche l’incremento delle sanzioni occidentali verso Mosca, la Repubblica popolare cinese e l’India hanno intensificato le acquisizioni di petrolio e gas russo a prezzi scontati. Nel 2023, la Russia ha spedito in Cina la cifra record di 107,02 milioni di tonnellate di greggio, pari a 2,14 milioni di barili al giorno. Un aumento del 24,1% rispetto al 2022. Stesso trend anche per quanto riguarda le importazioni di gas: tra i temi al centro del tavolo di Putin e Xi continua a essere presentato con insistenza dallo Zar il “Forza della Siberia 2”, il mega gasdotto che attraverso la Mongolia dovrebbe portare 50 miliardi di metri cubi di gas russo in Cina all’anno. A frenare però è il leader cinese. La Cina trova per altro nella Russia un solido mercato per le esportazioni di materie prime e prodotti industriali finiti, oltre che di beni di primo consumo e macchina industriali. A questo si aggiunge anche il boom di vendite di auto elettriche cinesi in Russia. Interscambi che rendono Mosca sempre più dipendente dal Dragone.
Nell'intensificare i contatti con Putin, Xi deve però camminare sul filo di seta delle relazioni internazionali. Da un lato c'è la necessità di far sì che Mosca resti un partner strategico; dall'altro però Pechino vuole mantenere solide relazioni con l'Occidente, in ottica di rivitalizzare l'economia interna, in fase depressiva dopo i crac immobiliari, con le esportazioni. Se le sanzioni occidentali non hanno dato gli effetti sperati per l'economia russa, la Cina vuole evitare una loro possibile estensione. Ma soprattutto non ha interesse che l'economia europea si contragga ulteriormente riducendo il potere di spesa dei consumatori che comprano anche prodotti cinesi.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina, più volte gli Stati Uniti hanno accusato Pechino di aiutare Putin a ricostruire il suo esercito. Secondo Washington le forniture di chip e strumenti tecnologici sarebbero state indirizzare alla costruzione di armi avanzante, jet e droni. Accuse che la Cina ha sempre negato. Pechino smentisce, infatti, di aver fornito armi alla Russia e afferma di regolamentare attentamente le cosiddette attrezzature a duplice uso con potenziali applicazioni civili e militari. Tanto che durante il suo viaggio a Parigi, il leader cinese ha promesso al presidente francese Macron che impedirà la fornitura di tecnologie dal doppio uso (anche militare) alla Russia. Un atteggiamento, quello di Xi, che evidenzia come i limiti nell'alleanza con Mosca ci siano e siano anche ben definiti. La loro alleanza non è militare, da qua il non impegno diretto di Pechino in Ucraina. Divergenze che sono marcate anche se si guarda al modello economico dei due Paesi: una Russia esportatrice di idrocarburi e una Cina produttrice che vuole inserirsi nel mondo globale come una superpotenza geopolitica ed economica, tanto da dover fare affari anche con i "nemici".