Gli indipendentisti scendono di nuovo in piazza per protestare contro l'attivazione dell'articolo 155. Per il governatore catalano l'atto di Madrid è il "peggiore attacco dai tempi di Franco"
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E' arrivato il giorno dello scontro frontale fra Madrid e Barcellona. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato il commissariamento della Catalogna, con misure durissime per bloccare la corsa verso l'indipendenza della regione ribelle. Una decisione, ormai scontata, che il governo catalano bolla come un "un colpo di Stato". Quasi mezzo milione di persone si sono di nuovo riversate in piazza nel cuore di Barcellona per protestare.
Una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri ha attivato contro la Catalogna l'articolo 155 della Costituzione post-franchista, mai usato finora, per destituire il presidente Carles Puigdemont e tutto il suo governo, prendere il controllo dell'amministrazione e dei conti della Generalità, della polizia, della Radio-Tv pubblica. Il Parlamento inoltre viene di fatto esautorato fino alla convocazione "coatta" di nuove elezioni.
Rajoy si è attribuito le competenze esclusive di Puigdemont per sciogliere il Parlamento e convocare le elezioni. Mossa che ha suscitato dubbi fra i costituzionalisti. Il pacchetto di misure - con l'appoggio di Psoe e Ciudadanos - è stato trasmesso, come prevede la costituzione, al Senato controllato dal Pp di Rajoy. E lo scontato via libera è previsto per il 27 ottobre.
Il pugno durissimo di Rajoy sulla Catalogna ha suscitato una tempesta di critiche. La decisione del governo di Madrid di applicare l'articolo 155 "è il peggior attacco dai tempi del franchismo", ha detto il governatore catalano Carles Puigdemont in una dichiarazione ufficiale. "Non è la prima volta che le istituzioni catalane, con il beneplacito del re, subiscono un golpe", ha aggiunto. Puigdemont ha quindi chiesto che il Parlament di Barcellona si riunisca la settimana prossima per esaminare "le misure da prendere". Una dichiarazione di indipendenza sarà approvata probabilmente mercoledì dal Parlament prima che le misure di Rajoy entrino in vigore a fine mese.
Il partito di Puigdemont, il PdeCat, ha parlato di "colpo di Stato contro il popolo di Catalogna. Sa di franchismo, è un ritorno al 1975" (l'anno della morte del dittatore Francisco Franco). Podemos si è detto "sotto shock" e ha accusato il premier di "sospendere la democrazia in Catalogna e in Spagna". Il sindaco di Barcellona Ada Colau ha denunciato una "offensiva autoritaria contro tutta la Catalogna". I soci del Barcellona Calcio, riuniti in assemblea, hanno accolto l'annuncio delle misure al grido di "Llibertat! Llibertat!". In tutta la Catalogna, dai Pirenei alla Costa Brava, una "cacerolada" spontanea ha accolto le parole di Rajoy.
Quasi mezzo milione di persone in piazza a Barcellona per denunciare la mossa del governo centrale e anche la detenzione da lunedì dei leader indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, arrestati per sedizione per ordine di un giudice spagnolo. Tra la folla anche il presidente Puigdemont e il suo governo.
Il pacchetto di misure approvato da Madrid "per ripristinare la legalità" davanti all'attacco secessionista del Govern, vieta fra l'altro al Parlament eletto nel 2015 e con maggioranza assoluta indipendentista di eleggere un sostituto di Puigdemont e di votare qualsiasi cosa "non conforme alla costituzione", riservandosi un diritto di veto su qualsiasi misura dell'assemblea. Che, quindi, non potrà svolgere le sue funzioni di controllo e avrà un ruolo solo "rappresentativo".
Le misure, molto pesanti, hanno suscitato l'ira del popolo indipendentista, che prepara la resistenza "pacifica e gandhiana". Ma sempre resistenza. Con proteste di massa in piazza, "azioni di disturbo immaginative" ispirate al movimento degli indignados per contrastare la presa di controllo di Madrid. E la situazione potrebbe farsi rapidamente ancora più incandescente. Fonti della procura generale dello Stato spagnolo hanno confermato che è in preparazione una incriminazione di Puigdemont per "ribellione" in base alla quale il President rischierebbe fino a 30 anni di carcere, e potrebbe essere arrestato con i suoi ministri. Un passo che rischierebbe di avere conseguenze imprevedibili, in una Catalogna con i nervi sempre più scoperti.