#bringbackourgilrs

Rapite in Nigeria, ombre sull’esercito E nessuno vorrà più quelle ragazze

Virginia Comolli, ricercatrice dell’International Institute for Strategic Studies, a Tgcom24: “Boko Haram reagisce agli arresti sommari del governo nigeriano. L’hashtag? Solo una moda”

30 Mag 2014 - 09:00
 © -afp

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#bringbackourgirls. Un hashtag di moda tre settimane fa e ora quasi scomparso. Scomparse da più di cinquanta giorni sono Blessing, Patiant, Kauna, Rhoda, Saratu, Kwadugu, Hanatu, Mwa e altre 260 ragazze nigeriane, rapite perché andavano a scuola. I loro aguzzini sono gli uomini di Boko Haram, integralisti islamici che, nell'Anno del Signore (di qualunque fede esso sia) 2014 le vorrebbero recluse in casa a far figli, possibilmente maschi.

Più passano le settimane più c'è qualcosa che non torna nell'attacco alla scuola cattolica di Chibok, nel nord della Nigeria. Le responsabilità dell'esercito nigeriano rasentano la complicità. “Il gruppo di Boko Haram ha osato ancora una volta molto, è andato a colpo sicuro e tutto induce a pensare a qualche forma di complicità. - spiega a Tgcom24 Virginia Comolli, ricercatrice nel settore Sicurezza e Sviluppo all'International Institute for Strategic Studies di Londra - Alcuni report provano che l'allarme arrivò circa quattro ore e mezzo prima e che in servizio in quella zona c'erano solo 14 o 16 militari contro un commando di almeno 200 miliziani".

Non è la prima volta che gli integralisti nigeriani umiliano le truppe regolari: ai primi di dicembre 2013, Boko Haram mise a ferro e fuoco l’aeroporto di Maiduguri, il principale scalo militare. E ancora per due volte attaccarono la stessa capitale. Ieri come oggi la sfrontatezza del commando lascia più di un dubbio. “Non voglio dire che dietro il rapimento c’è l’esercito ma il servizio di intelligence nigeriano non è dei migliori. Va incentivato il coordinamento tra polizia, esercito e le altre forze”

Comolli parla dal suo ufficio di Londra ma dimostra di conoscere la Nigeria come le sue tasche. “In questo rapimento i soldi non c’entrano. E’ un’azione per uno scambio di prigionieri. E’ una risposta. Non lo dice nessuno, nemmeno oggi, ma il governo nigeriano arresta e butta in prigione mogli e figli di presunti membri di Boko Haram. Basta un sospetto e via. Quelle donne non hanno assolutamente idea di cosa facciano i mariti ma gli arresti scattano lo stesso. E’ una violazione dei diritti umani di donne evidentemente innocenti. Sono pratiche illegali, è un circolo vizioso con esecuzioni sommarie da entrambi i lati, denunciate ma passate sotto silenzio”

Non chiamateli “talebani di Nigeria” - Sanguinari e pronti a tutti, gli uomini di Boko Haram rappresentano un voce a parte nella variegata galassia degli integralisti islamici. All’inizio si rifacevano all’Afghanistan (così era soprannominata la loro base e quella afghana era la loro bandiera) ma non hanno mai avuto contatti concreti con talebani. “In inglese sono Islamist - spiega Virginia Comolli - hanno punti di collegamento con Al Qaeda nel Maghreb, con Al Shabaab in Somalia e con alcuni gruppi in Mali come MUJWA e Ansar al Dina ma la loro guerra santa è contro il governo nigeriano. Vogliono trasformare il Paese in uno Stato islamico. Premesso che la Nigeria è uno Stato sovrano, un eventuale intervento straniero non farebbe che gioco alla loro causa contro l’Occidente e chi ne autorizza l'aiuto”

Dove sono le ragazze - Alcune fonti parlano di Diffa, in Niger, altri del Chad. Chi le ha rapite invece si nasconde nella foresta di Sambisa, con una superficie pari al Belgio. “Chi si avventura da quelle parti? – si domanda Comolli – E soprattutto chi esce da quella foresta? Per ammissione degli stessi militari, esistono circa 250 varchi segreti creati e usati per arrivare fino in Niger, Chad e Camerun. Questi Paesi hanno promesso collaborazione ma è dura. I confini sono, diciamo, molto porosi. E quando la pressione dello Stato si fa troppo pesante, le donne in ostaggio vengono usate per trasportare armi o per attirare militari in imboscate”.

Che fine faranno Blessing, Kauna e le altre? – Nel novembre 2013 ci fu un rapimento simile a quello di Chibok con un esito differente: esercito e civili si addentrarono nella foresta di Maiduguri e riuscirono a liberarle. Il lieto fine non abita da quelle parti: le famiglie d'origine le “cacciarono” perché marchiate a vita in quanto sposate con la forza, incinte o convertite all'Islam sempre con la forza. “Quale nigeriano potrà mai volere in sposa una donna tenuta in ostaggio da Boko Haram?” domanda la ricercatrice

#bringbackourgirls – L'hashtag sembrava dovesse cambiare le sorti di Blessing e le altre. “Riportiamo a casa le nostre ragazze”. Certo: bello ed emotivo. Ma perché nostre? Non appartengono a nessuno di noi, tantomeno alla Rete. Ma forse quell'aggettivo è servito ad attutire la voce della nostra (quella sì) coscienza. “Due giorni dopo quel sequestro ce n'è stato un altro - ricorda Comolli - Poi sanguinosi attacchi a villaggi: ho visto foto di piazze coperte da cadaveri carbonizzati. Se n'è mai parlato in Europa di tutto questo?”. La risposta è scontata. Quel tweet per dirla all'inglese era "fashionable", nulla di più.

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