Delitto in alto mare

Reporter morta nel sottomarino in Danimarca, l'inventore: "L'ho fatta a pezzi"

Peter Madsen ha ammesso di aver dissezionato Kim Wall, ma non di averla uccisa: "E' rimasta intossicata dal monossido di carbonio"

30 Ott 2017 - 18:42
 © -afp

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"L’ho fatta a pezzi, ma non l’ho uccisa". Sono le prime ammissioni di Peter Madsen, l’inventore danese accusato di aver ucciso la giornalista Kim Wall, di 30 anni, a bordo del suo sottomarino. Il 46enne ha raccontato agli inquirenti di aver smembrato il corpo della cronista dopo la sua morte, avvenuta a causa di una fuoriuscita accidentale di monossido di carbonio.

Il comunicato della polizia - Secondo un comunicato diffuso dalla polizia di Copenaghen, Madsen dovrà rimanere in carcere almeno fino al 15 novembre. L’arresto dell’inventore, scattato ad agosto, era stato confermato dopo il ritrovamento di immagini di donne strangolate e decapitate nella memoria del suo computer. Nel corso di un interrogatorio tenutosi il 14 ottobre, l’indagato ha ammesso parzialmente il suo coinvolgimento nella morte della giovane reporter. Secondo Madsen, la donna sarebbe stata intossicata dal monossido di carbonio inalato mentre si trovava sul ponte dell’imbarcazione. Il detenuto ha dichiarato di aver sezionato il corpo in un secondo momento, allo scopo di disfarsi del cadavere gettandolo in mare. L'uomo è indagato per omicidio, profanazione, occultamento di cadavere e violenza sessuale.

Le precedenti versioni di Madsen - Kim Wall lavorava per testate giornalistiche importanti, tra cui il Guardian e il New York Times. Le sue ultime tracce risalgono al 10 agosto, quando era salita sul "Nautilus UC3" per intervistare Madsen. Dopo la morte della giornalista, l’uomo ha inscenato l’affondamento del sottomarino, sostenendo di aver fatto sbarcare la sua ospite su un’isola vicino a Copenaghen. Poi ha cambiato più volte versione, raccontando di aver assistito alla morte della giovane, accidentalmente colpita da un oggetto pesante, e poi di averla "sepolta" in mare come da tradizione marinaresca.

Le indagini - La ricostruzione dell’indagato è stata smentita il 21 agosto, quando il busto di Kim Wall è stato recuperato in mare. Un macabro ritrovamento seguito, il 6 ottobre, dal recupero della testa e delle gambe. L’autopsia sul cadavere ha evidenziato traumi incompatibili con una morte naturale, in particolare i segni di quattordici coltellate sul torace e ai genitali. Tutte ferite inferte in prossimità del decesso. L’ipotesi dell’accoltellamento è avvalorato, oltre che dall’assenza di fratture sul cranio, dal rinvenimento di un’arma bianca accanto ai resti.

Madsen: "Non l'ho uccisa" - Nonostante il gravissimo quadro indiziario, Madsen continua a respingere l’accusa di omicidio e violenza sessuale. Inoltre, l’inventore ha negato di aver scaricato immagini di donne torturate sul suo computer, sostenendo che il dispositivo fosse in uso anche ad alcuni membri del suo staff. Alla luce degli ultimi sviluppi, gli inquirenti hanno chiesto un supplemento di indagine. Il caso sarà esaminato dal tribunale di Copenaghen a partire dall’8 marzo 2018.

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