L'APPROFONDIMENTO

Cosa dice (davvero) la dottrina nucleare russa

Putin ha annunciato (ancora una volta) un aggiornamento delle condizioni secondo cui la Russia può rispondere con l'arma atomica ai propri nemici. Rischiamo davvero l'escalation nucleare?

di Maurizio Perriello
19 Nov 2024 - 11:44

La Russia ha cambiato la sua dottrina nucleare. Ormai siamo abituati alle minacce di guerra atomica lanciate dal Cremlino, ma quelle in occasione del millesimo giorno di conflitto in Ucraina suonano più terrificanti. C'è davvero il rischio che Mosca risponda con armi nucleari ai missili a lungo raggio lanciati da Kiev in territorio russo? Cominciamo col dire che la Federazione prevede l'utilizzo delle testate atomiche in risposta a una minaccia esistenziale. Tutto sta dunque nel definire cosa significa, per i russi, minaccia esistenziale. E qui subentra la propaganda, che annebbia la verità e che va scacciata per capirci davvero qualcosa.

Sulla carta, Stati Uniti e Russia non seguono il principio del cosiddetto "no first use", rispettato soltanto dalla Cina. In altre parole: Mosca e Washington, a differenza di Pechino, non aspettano che l'avversario lanci la sua bomba atomica per rispondere con la stessa arma. Significa che potrebbero lanciare un attacco nucleare in qualsiasi momento, se si sentono aggrediti. Nel caso russo, ci sono vari gradi di minaccia e, come sappiamo, varie tipologie di armi atomiche. Le testate tattiche, meno potenti di quelle strategiche, vanno utilizzate se il suolo nazionale viene attaccato. E si sa ormai che la Russia considera suolo nazionale anche i territori ucraini occupati e annessi unilateralmente durante il conflitto: Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e Crimea.

Le minacce di guerra nucleare

 La guerra in Ucraina, in corsa da quasi tre anni, ha innescato il più grave scontro tra Russia e Occidente a guida americana dalla crisi missilistica cubana del 1962, considerata il momento più vicino a uno scontro nucleare intenzionale tra le due superpotenze. Solo negli ultimi sei mesi, Mosca ha condotto esercitazioni militari che coinvolgevano armi nucleari tattiche con la Bielorussia e, in una mossa senza precedenti, ha annunciato tali esercitazioni alla popolazione. La Russia ha inoltre ritirato la propria firma dal Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari nel 2023 e il vice ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, ha dichiarato che il Paese è "pienamente pronto" a riprendere i test se necessario. In pratica, la Russia sta normalizzando un pericolosissimo discorso nucleare fatto di minacce e cambiamenti di dottrina.

Le quattro condizioni della dottrina nucleare russa

 Il documento intitolato "Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa" sulla deterrenza nucleare porta la data dell'ultimo aggiornamento al 2020. Si delineano quattro condizioni in base alle quali Mosca utilizzerebbe armi nucleari:

  1. la ricezione di dati su un attacco missilistico balistico in arrivo;
  2. l'uso di armi nucleari o di un'altra arma di distruzione di massa contro la Russia o i suoi alleati;
  3. attacchi al comando nucleare russo, al controllo e all'infrastruttura di comunicazione;
  4. attacchi contro la Russia con armi convenzionali che minacciano "l'esistenza stessa" dello Stato russo.

Detto questo, tanto i decisori russi quanto quelli americani sono pienamente consapevoli che l'arma nucleare "fa finire" le guerre, non le scatena. Perché la paura dell'apocalisse mondiale è più forte della volontà di distruggere l'avversario. Perché finirebbero distrutti tutti, attaccante compreso. C'è un'intera Guerra Fredda a dimostrarlo, ma ovviamente i rivolgimenti geopolitici degli ultimi anni hanno portato a profondi cambiamenti e a minacce crescenti dell'equilibrio internazionale. Portando all'ormai celebre formula della guerra mondiale a pezzi. Arrivando al punto che la Russia avrebbe fatto affidamento sulle sue armi nucleari non solo quando la sopravvivenza dello Stato è a rischio, ma anche quando è già impegnata in una lotta convenzionale e cerca di costringere o intimidire un altro Stato alla sottomissione. Un cambio netto, come cerchiamo di spiegare qui di seguito, giunto nel contesto generale di incertezza sul sostegno che Stati Uniti e Nato accorderanno all'Ucraina nei prossimi mesi, sulla scia della subentrante presidenza Trump.

Come è cambiata la dottrina nucleare russa

 L'ultimo aggiornamento della dottrina nucleare russa era stato dunque approvato nel 2020. A fine settembre 2024 l'ufficio di Putin ha fatto sapere di stare modificando ulteriormente il "documento atomico", in risposta alle nuove modalità di guerra per procura portate avanti dagli Stati Uniti in Ucraina: da remoto, senza mettere piede sul campo di battaglia, ma tenendo di fatto in vita il nemico dei russi. A novembre, poco prima delle elezioni statunitensi, il presidente russo ha approvato un altro aggiornamento della dottrina, affermando che Mosca potrebbe prendere in considerazione l'uso di armi atomiche se dovesse subire un attacco missilistico convenzionale supportato da una potenza nucleare (cioè gli Usa). La decisione di modificare la dottrina nucleare ufficiale è la risposta del Cremlino alla presunta decisione dell'amministrazione Biden di consentire all'Ucraina di lanciare missili occidentali a lungo raggio in profondità in terra russa. Le nuove linee guida affermano che un attacco con missili convenzionali, droni o altri velivoli potrebbe scatenare la risposta atomica del Cremlino. Qualsiasi aggressione contro la Russia da parte di uno Stato membro di una coalizione sarà considerata come un'aggressione da parte dell'intera coalizione nemica.

Quanto è potente l'arsenale nucleare della Russia

 La Russia possiede l'arsenale atomico più potente del mondo. Si contano poco meno di 6mila testate nucleari. Alcune sono catalogate come "ritirate", ma di fatto ancora integre e riattivabili, mentre altre risultano stoccate in deposito. Restano altre 1.500 testate strategiche e diverse centinaia di armi tattiche, pronte all'uso.

Il settore nucleare russo ha le mani in Europa (e nel mondo)

 Le sanzioni occidentali hanno colpito praticamente ogni settore dell'economia russa: gas, petrolio, diamanti, aziende, oligarchi e persino contro Putin stesso. Tutti tranne uno: il settore nucleare, a testimonianza della volontà comune di evitare l'escalation atomica. Eppure Rosatom, la società di Stato russa che ha il monopolio dell'energia nucleare, ha attivato decine di partnership e memorandum d'intesa con altri Stati in giro per il mondo. Compresi Iran e Cina, imperi cooperanti in funzione anti-americana. E compresa la Turchia, membro della Nato ma attore ambiguo che persegue i propri interessi. Lo scoppio della guerra in Ucraina non ha bloccato gli affati da 200 miliardi di dollari annui che Rosatom porta avanti a livello planetario. Nello stesso territorio dell'Ue sono presenti 19 reattori nucleari prodotti da Mosca, per giunta dipendenti dall'uranio russo e dal suo arricchimento in terra russa. Il ruolo della Federazione nell'industria nucleare di decine di altri Stati è insomma ancora molto forte. Uno dei motivi si rintraccia nella durata dei contratti di fornitura, in alcuni casi stabiliti sul lungo e lunghissimo perdiodo. Ma basta davvero questo a rendere Rosatom immune dalle sanzioni occidentali? Di fatto sì. Una volta che l'uranio viene estratto, passa attraverso diversi stadi di lavorazione prima di poter essere usato nei reattori nucleari. Gran parte di queste lavorazioni, cioè la conversione e l'arricchimento dell'uranio, sono garantite in larghissima parte solo dalla Russia.

Rischiamo davvero l'escalation nucleare?

 In tempi di guerra, la componente irrazionale gioca un fattore determinante e imprevedibili. A livello strategico, e dunque razionale, nessun Paese vuole l'escalation nucleare. La chiamano Mad (mutual assured destruction, "distruzione reciproca assicurata"), dottrina secondo cui il lancio anche di una sola arma atomica strategica finirebbe per determinare la distruzione sia dell'attaccato sia dell'attaccante. La paura dell'apocalisse totale dovrebbe creare uno stallo, che di fatto resiste ancora dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il cambio di dottrina nucleare da parte di Putin, come gli altri annunciati in passato, andrebbe dunque letto nei binari della propaganda anti-americana. L'intento è mantenere lo stallo della guerra di logoramento in Ucraina, che vede l'avanzata inesorabile delle truppe russe nel Donbass, fino ai pieni poteri della presidenza Trump. A quel punto si arriverà a un armistizio temporaneo e fragile con gli Stati Uniti, coi quali dunque non si dovrebbe scatenare una guerra nucleare. La nebbia della guerra però, si sa, offusca le menti. Speriamo non fino al punto di non ritorno.

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