Il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovic a processo in Russia
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Il 32enne, nato negli Stati Uniti da immigrati dall'Unione Sovietica, è il primo giornalista occidentale arrestato per spionaggio nella Russia post-sovietica. Rischia 20 anni di carcere
Il processo a Evan Gershkovich è iniziato. A 15 mesi dall'arresto, il 32enne corrispondente del Wall Street Journal è comparso alla barra degli imputati al tribunale di Ekaterinburg. L'accusa è di "spionaggio", considerata da molti osservatori del tutto infondata, inventata di sana pianta da Mosca per colpirlo. Un'imputazione "fabbricata", ha assicurato il Wall Street Journal parlando apertamente di "processo farsa". Le autorità russe sostengono che il reporter statunitense abbia raccolto "informazioni segrete" su una fabbrica di carri armati su "istruzione della Cia". Senza però presentare alcuna prova. Il reporter rischia 20 anni di carcere.
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Il processo si svolge a porte chiuse, in gran segreto, in un momento storico in cui in Russia la libertà di stampa è quotidianamente calpestata e il dissenso represso. Gershkovich, chiuso in una "gabbia di vetro", aveva i capelli rasati come molti detenuti in Russia. Appariva relativamente sereno, con un sorriso appena accennato sulle labbra.
Evan Gershkovich è il primo giornalista americano arrestato con accuse di "spionaggio" nella Russia post-sovietica. Molti ritengono però che la sua vicenda sia un riflesso delle tensioni geopolitiche tra Mosca e Washington. In questi anni, diversi cittadini americani sono stati arrestati per accuse ritenute di matrice politica o dei pretesti del Cremlino per poter poi usarli come "pedine di scambio". Non è da escludere che anche il giornalista possa un giorno essere rilasciato in uno scambio di detenuti tra Russia e Paesi occidentali. Del resto, Vladimir Putin stesso ha lasciato intendere di essere disposto a liberarlo in cambio di Vadim Krasikov, un presunto ex agente dell'intelligence russa detenuto in Germania con l'accusa di aver ucciso un ex comandante dei separatisti ceceni. E una frase sibillina è stata pronunciata dal numero due della diplomazia russa Sergei Ryabkov, che ha invitato Washington a "considerare seriamente" dei non meglio specificati "segnali" sul caso che, a suo dire, gli Usa avrebbero ricevuto "attraverso canali appropriati".
Non si sbilancia invece il portavoce del Cremlino che, incalzato dai cronisti, si limita a dire che quello degli scambi di detenuti è un argomento che "ama il silenzio" e per il quale bisogna attendere la sentenza. Intanto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, ha affermato che il governo Usa sta "continuando a lavorare per il rilascio" del reporter. "Stiamo facendo tutto il possibile", ha dichiarato Kirby. Parole che, assieme a quelle di Putin, fanno pensare a possibili trattative.
Gershkovich per ora resta però dietro le sbarre, dopo aver trascorso gli ultimi 15 mesi in un'angusta cella del famigerato carcere Lefortovo di Mosca. La prossima udienza è fissata per il 13 agosto, cioè tra quasi due mesi. Circostanza che lascia intendere che il processo possa andare per le lunghe.