I droni esca russi che ingannano le difese ucraine
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Mosca ha aggiornato le sue tattiche di guerra elettronica, lanciando attacchi a sciame con dispositivi decoy per saturare le difese ucraine e costringerle a sprecare missili molto costosi
di Maurizio PerrielloIn una fabbrica nuovissima e sperduta nelle praterie centrali della Russia, ingegneri e tecnici di Mosca producono centinaia di droni esca pensati per saturare le difese ucraine. Una catena di montaggio parallela sforna però anche armi ben più pericolose. Secondo un'indagine dell'Associated Press l'impianto russo, situato nella zona economica speciale di Elabuga in Tatarstan, realizza quotidianamente droni termobarici insieme ai cosiddetti "decoy", cioè dispositivi per la guerra elettronica impiegati per confondere i sistemi d'arma basati sull'utilizzo di radar. Le testate termobariche creano un vortice di alta pressione e calore che può penetrare anche nelle pareti più spesse. Aspirano tutto l'ossigeno che incontrano sul loro cammino e causano lesioni anche al di là del luogo dell'esplosione iniziale. Le conseguenze paventate dagli esperti sono orribili: polmoni collassati, bulbi oculari schiacciati, danni cerebrali.
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La Russia ha messo a punto questo piano già alla fine del 2022 e lo ha chiamato in codice Operazione False Target ("falso bersaglio"). La rivelazione è giunta da un addetto alla produzione di droni "pentito", che ha chiesto di restare anonimo per via delle possibili ripercussioni dell'aver svelato segreti di un settore strategico per il Cremlino.
La tattica elaborata da Mosca è di lanciare droni armati "nascosti" in mezzo a sciami di decine di droni esca, di fatto innocui e a volte imbottiti di stracci o schiuma ma indistinguibili sui radar da quelli che invece trasportano bombe vere. I russi contano sul fatto che i difensori ucraini devono decidere in una frazione di secondo se attivare lo scudo antiaereo, spendendo i pochi e costosissimi missili forniti dall'Occidente per proteggere le infrastrutture critiche del Paese. "L'idea era quella di realizzare un drone che creasse una sensazione di totale incertezza nel nemico. Quindi non sa se si tratta davvero di un'arma mortale o essenzialmente di un giocattolo", ha spiegato la fonte. All'interno degli sciami c'è dunque l'alto rischio che si nascondano decine di droni termobarici, che potrebbero deviare improvvisamente dalla rotta della massa e piombare su zone abitate da civili. Causando danni irreparabili e terribili.
I droni esca o decoy trasportano sfere stampate in 3D, note come lenti Luneburg. Senza addentrarci in dettagli troppo tecnici, basti sapere che queste lenti sono formate da strutture stratificate di gusci concentrici, ciascuno con un indice di rifrazione diverso. Metallizzando la superficie di questi gusci, si possono ingannare i radar. I riflettori radar a lente Luneburg sono ad esempio utilizzati per rendere invisibili gli aerei stealth durante operazioni di addestramento. Per quanto riguarda i droni russi, la tecnologia consente di ingannare i radar ucraini creando sugli schermi nemici una "firma" simile a quella dei droni suicidi Geran o Shahed. Un'arma ormai ampiamente utilizzata nella guerra d'Ucraina, prodotta in grandissima quantità nel medesimo impianto di Elabuga. In realtà si tratta però di scatole volanti senza alcun potenziale esplosivo. Ma il difensore non può appunto saperlo e dunque spreca preziose munizioni.
I droni esca possono essere utili ai russi anche per spiare il nemico. Molti decoy sono dotati di telecamere che trasmettono immagini in tempo reale, consentendo ad altri droni e aerei di geolocalizzare le difese aeree dell'Ucraina. Notte dopo notte, i tiratori scelti ucraini entrano in azione per abbattere i dispositivi volanti con missili terra-aria portatili. Questi droni volano a quote comprese tra 2mila e 3mila metri, prima di scendere a quote più basse durante l'avvicinamento finale al bersaglio. Gli ucraini hanno iniziato a usare elicotteri per abbattere gli Uav quando si trovano ancora ad alta quota. Tre droni spia russi si sono schiantati in Moldavia la scorsa settimana, consentendo a ucraini e occidentali di studiarne il funzionamento.
Nelle ultime settimane, i droni esca hanno riempito i cieli dell'Ucraina a centinaia, comparendo come oggetti volanti indistinguibili sui radar militari. Durante il primo fine settimana di novembre, la regione di Kiev ha trascorso 20 ore di allerta aerea e il ronzio assordante dei droni si è mescolato ai boati delle difese antiaeree e ai colpi di fucile. Secondo Serhii Beskrestnov, esperto di guerra elettronica ucraino e addetto alla difesa dall'interno di furgone militare equipaggiato per abbattere i droni, i decoy russi costituiscono più della metà dei dispositivi Uav che prendono di mira l'Ucraina. Il Paese invaso si trova in una situazione molto difficile, sospesa tra il "piano della vittoria" di qualche settimana fa e un nuovo "piano di resilienza" annunciato da Volodymyr Zelensky e proiettato di fatto sul dopoguerra, ammettendo implicitamente compromessi negoziali anche sulle questioni territoriali. Il trionfo di Donald Trump alle presidenziali americane cambia le carte in tavola anche per Kiev, che si prepara a un disimpegno statunitense e alla conseguente presa in carico del sostegno finanziario e militare da parte degli Stati europei.
Nel solo mese di ottobre, Mosca ha attaccato con almeno 1.890 droni, l'80% in più rispetto ad agosto. La maggior parte di questi droni si schianta, viene abbattuta o deviata. Meno del 6% raggiunge un obiettivo riconoscibile, ma quei pochi che riescono a sfuggire all'antiaerea ucraina sono sufficienti a provocare morti e danni. Gli sciami di droni sono diventati una quotidianità demoralizzante per gli ucraini, che ne subiscono i gravi effetti psicologici. Ogni rumore simile a un ronzio fa sbarrare gli occhi ai circa 29 milioni di cittadini rimasti nel Paese.
Sia le "esche disarmate" sia i droni Shahed armati di progettazione iraniana (frutto di un accordo da 1,7 miliardi di dollari) vengono costruiti nella fabbrica di Elabuga. Si tratta di un complesso industriale realizzato nel 2006 a circa mille chilometri a est di Mosca, per attirare imprese e investimenti in Tatarstan, regione a maggioranza musulmana in cui covano pulsioni separatiste. Il sito è stato ampliato dopo l'invasione dell'Ucraina del febbraio 2022 e la conversione in economia di guerra ha privilegiato ovviamente la produzione militare, aggiungendo nuovi edifici e rinnovando i locali esistenti, come evidenziato anche dalle immagini satellitari. A quel punto servivano operai, che le autorità russe hanno trovato anche in Africa attirando decine di donne con l'inganno, come rivelato dall'inchiesta di AP. La produzione dei droni esca è iniziata a pieno regime all'inizio del 2024 e ora l'impianto produce circa 40 Uav disarmati (più economici) al giorno a fronte di dieci droni armati, che costano circa 50mila dollari e richiedono più tempo per il loro completamento.
I motori e l'elettronica alla base dei droni Shahed armati e delle "esche" sono un mix di importazioni cinesi e occidentali, secondo quanto emerso dall'analisi dei frammenti raccolti in un laboratorio militare ucraino. Senza tali componenti i droni russi non potrebbero volare. Nonostante quasi tre anni di sanzioni, Mosca può ancora procurarsi l'occorrente per produrre le sue armi, in gran parte importando materiali e tecnologie dalla Cina e attraverso il "buco nero" dei traffici transnazionali tramite Paesi terzi dell'Asia Centrale e del Medio Oriente. Anche i Paesi europei sono coinvolti in questi traffici che aggirano le sanzioni, come ampiamente dimostrato già da oltre due anni. Le componenti viaggiano da Paesi come la Germania verso Stati di transito come Uzebakistan e Turkmenistan (ma anche Turchia). "Nei droni Shahed ci sono più di 170mila componenti la cui consegna in Russia dovrebbe essere bloccata anche con sanzioni secondarie. Microcircuiti, microcontrollori e processori senza i quali questo terrore sarebbe semplicemente impossibile", ha osservato Zelensky.