Navalny è solo l'ultimo caso

Russia, la lunga lista dei "nemici" di Putin: morti "sospette" o carcere, che fine fanno gli oppositori non graditi

Non solo Navalny. Dal pilota Kuzminov, trovato morto in questi giorni, alla giornalista Anna Politkovskaya: criticare lo "zar" ha sempre avuto "un prezzo", anche per oligarchi, manager ed ex fedelissimi

di Giulia Bassi
20 Feb 2024 - 16:22

La morte di Alexei Navalny solleva dubbi e misteri. L'oppositore di Putin, che stava scontando una condanna a 19 anni di carcere per "estremismo politico", è deceduto a 47 anni, senza alcun segnale che facesse pensare a problemi gravi di salute. Così come non trova spiegazioni plausibili la scomparsa del pilota russo Maksim Kuzminov, che l'estate scorsa disertò col proprio elicottero in Ucraina e il cui corpo è stato trovato, crivellato di colpi, sulla rampa di un garage in Spagna il 14 febbraio. Insomma Navalny e Kuzminov sembrano solo gli ultimi di una lunga lista, di "nemici", oppositori non graditi che alla fine pagano con la vita, o con il carcere, le loro posizioni. Una lista in cui compaiono signori della guerra (come Yevgeny Prigozhin), giornalisti (come Anna Politkovskaya), ex ministri (come Boris Nemtsov) ma anche oligarchi e manager. 

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Russia, le morti sospette degli oppositori di Putin: l'infografica

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"Putin ha ucciso Navalny"

 Navalny è morto improvvisamente, il 16 febbraio, nella colonia penale numero 3 del distretto autonomo di Yamalo-Nenets. La sentenza di condanna era arrivata da un tribunale di Mosca, in base alla quale Navalny doveva stare in un carcere di massima sicurezza, con un regime ancora più restrittivo rispetto a quello che già lo vedeva classificato come un pericoloso criminale. Il processo si era svolto nella colonia penale della regione di Vadimir, dove il 47enne stava già scontando oltre 11 anni di carcere per frode e altri presunti crimini, che a suo giudizio erano condanne fasulle.

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Navalny era stato arrestato nel gennaio del 2021, non appena rimesso piede a Mosca da Berlino, dove era stato curato per un avvelenamento per il quale sono sospettati i servizi segreti russi. L'Unione europea aveva già dichiarato una "farsa" il processo che aveva subito, gli Stati Uniti e la Germania avevano parlato di "processo ingiusto". Navalny, dal canto suo, aveva invitato i russi a "resistere". Praticamente tutti i leader occidentali hanno puntato apertamente il dito contro il Cremlino e la vedova Yulia, che ha detto "Putin ha ucciso mio marito", ha fatto sapere che continuerà il lavoro di Alexei. 

Il pilota disertore trovato morto in Spagna

 E' di questi giorni poi un'altra morte "sospetta", quella di Maksim Kuzminov. Le autorità ucraine - che dopo la sua fuga dall'esercito di Vladimir Putin lo avevano messo in sicurezza con la famiglia, nuovi documenti e 500mila dollari di ricompensa - hanno confermato la sua morte, in circostanze ovviamente non chiare, a Villajoyosa, località costiera nella provincia di Alicante. Il suo decesso è stato anche confermato dal media indipendente bielorusso Nexta e dall'agenzia russa Tass, che ha citato Eureka News, con sede a Valencia, secondo cui Kuzminov aveva avuto recentemente problemi di droga e alcol. Fonti spagnole hanno detto che il cadavere ritrovato apparterrebbe a "un uomo di 33 anni di origini ucraine" residente nella zona, senza tuttavia fornirne le generalità. All'epoca della diserzione, Kuzminov venne presentato alla stampa internazionale come un pilota russo di 28 anni, ma la differenza di età potrebbe essere dovuta al cambio di identità. In Russia, ricorda Nexta, contro Kuzminov era stato aperto un procedimento penale per "tradimento dello Stato". Kuzminov era stato il protagonista dell'Operazione Synytsia, messa in atto con i servizi militari ucraini il 9 agosto 2023 dopo una pianificazione di sei mesi: con il suo elicottero, dopo aver volato rasente il suolo e in modalità silenzio radio, fu prima raggiunto da numerosi spari (che attribuì ai russi) prima di riuscire ad atterrare nel punto concordato con gli ucraini (la sua famiglia era già stata fatta uscire dala Russia). 

L'aereo caduto di Prigozhin

 Uno dei casi recenti che avevano fatto notizia era stato quello di Yevgeny Prigozhin: il fondatore della Wagner, il gruppo mercenario che ha combattuto in Ucraina e che il 24 giugno 2023 si è ribellato al Cremlino dichiarando la "guerra civile", è morto il 24 agosto 2023 in un incedente aereo tra Mosca e San Pietroburgo. E Se Mosca tace sull'incidente, la Casa Bianca ha fatto sapere "di non essere sorpresa" mentre gli ucraini gridano che "Putin non perdona nessuno".

Yevgeny Prigozhin è stato al comando del gruppo Wagner, organizzazione paramilitare russa in strettissimi rapporti col governo centrale di Mosca, compresi i servizi di intelligence. Il gruppo ha combattuto in Siria, Libia, Mali e anche in Ucraina e proprio l'Ucraina ha rappresentato il punto di rottura. La rivolta del 24 giugno (con la Russia sull'orlo di una guerra civile per diverse ore) è stata guidata da Prigozhin (un tempo soprannominato "il cuoco di Putin" per via dei ristoranti e delle sue attività di catering che hanno ospitato cene alla presenza del presidente russo) che non condivideva molti aspetti dell'invasione russa e che aveva apertamente criticato l'operato del ministero della Difesa. A due mesi esatti di distanza dal tentato golpe, un aereo con a bordo 10 persone, tra cui appunto Prigozhin, è precipitato nella regione di Tver, tra Mosca e San Pietroburgo.

Sono molti i russi che hanno provato ad alzare la voce contro la guerra in Ucraina e la sua gestione. Vladimir Kara-Murza, giornalista, politico e attivista è uno di questi. E' stato condannato a 25 anni di carcere, dopo aver subito un processo a porte chiuse crtiticato duramente dall'Onu, per "alto tradimento, diffusione di notizie false sull'esercito e collaborazione con un'organizzazione indesiderata".

Poi c'è, ad esempio, Ravil Maganov, ex vicepresidente e presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, morto il primo settembre 2022 dopo essere "caduto" dalla finestra del sesto piano dell'Ospedale Clinico Centrale della Direzione Amministrativa del Presidente della Federazione Russa di Mosca, uno dei migliori del Paese. Faceva parte di quel gruppo di oligarchi che chiedevano la "rapida fine del conflitto armato" in Ucraina e che avevano espresso "sincera vicinanza a tutte le vittime".

Gli altri oligarchi - Maganov è l'ultimo della lista di oligarghi "critici" ad aver perso la vita in circostanze violente o comunque non del tutto chiarite. Ecco gli altri, tutti morti dall'inizio della guerra in Ucraina. Alexander Tyulyako (morto impiccato), Mikhail Tolstosheya (trovato morto in garage), Vasily Melnikov (trovato morto con ferite di arma da taglio del suo appartamento), Vladislav Avaev (si sarebbe suicidato dopo aver ucciso la moglie e la figlia), Sergeij Protosenya (strangolato), Andrei Krukowski (caduto da uno scoglio), Alexander Subbotin (morto per insufficienza cardiaca, dopo essersi sottoposto a un trattamento sciamanico), Yevgeny Palant (ucciso dalla moglie, dissero i media filo-governativi), Dan Rapoport (precipitato da un palazzo).

Boris Nemtsov, ex vice primo ministro, fu ucciso nel 2015, quando aveva 55 anni, con un colpo di pistola mentre camminava su un ponte di Mosca, diretto verso casa. Nemtsov aveva apertamente criticato l'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Per la sua morte il tribunale militare di Mosca ha condannato cinque ceceni ma non è mai stata fatta luce sui reali mandanti e al processo, ad esempio, non si è mai presa visione dei nastri delle telecamere a circuito chiuso che puntavano sulla scena del crimine. "A quanto pare Putin non può mantenere il potere altrimenti. Il vampiro ha bisogno della guerra", aveva scritto Nemtsov (parole, queste, riportate da Elena Kostioukovitch, autrice del libro "Nella mente di Vladimir Putin"). 

A qualcuno per finire in carcere è servito molto meno. A Ilya Yashin è bastato usare la parola sbagliata. Il politico dell'opposizione da dicembre 2022 è in prigione per aver diffuso informazioni "false" sull'esercito russo e sulla guerra in Ucraina. Ha usato espressamente il termine "guerra" al posto di "operazione speciale", come vuole Mosca, ha denunciato la strage di Bucha e altri crimini compiuti dai russi dall'inizio dell'invasione. E' stato condannato a 8 anni e mezzo di carcere. 

E poi c'è una delle vicende più controverse e famose: l'omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, freddata il 7 ottobre 2006 nell'ascensore del suo appartamento a Mosca, nel giorno del compleanno di Vladimir Putin. La reporter ha raccontato soprattutto la situazione in Cecenia e pubblicato libri sulla vita in Russia sotto il potere di Putin. Prima di essere uccisa stava lavorando per documentare la tortura e l'uccisione di due persone da parte di un corpo delle forze dell'ordine comandato da Kadyrov, il leader ceceno ancora oggi fedelissimo di Putin. Nel 2004 cercò di raggiungere Beslan, dove i terroristi avevano occupato una scuola, ma sull’aereo venne colpita da un malore e fu costretta a tornare indietro: affermò, senza poterlo dimostrare, di essere stata avvelenata. La sua carriera giornalistica, soprattutto tramite le colonne della "Novaja Gazeta", è stata tutta dedicata a denunciare crimini e atrocità compiuti dal governo, soprattutto in Cecenia. 

Alexander Litvinenko aveva chiaramente puntato il dito contro Putin per l'assassinio di Anna Politkovskaya. L'ex agente dei servizi russi dell'Fsb era fuggito a Londra dopo aver accusato i suoi superiori di aver ordinato l'assassinio dell'oligarca Boris Berezovsky. Il primo novembre 2006 Litvinenko si ammalò improvvisamente e morì in ospedale il 23 novembre per quello che sarebbe poi stato riconosciuto come avvelenamento da polonio. La sostanza radioattiva sarebbe stata messa nella sua tazza di té da due russi durante un incontro in un albergo di Londra.

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