NUOVE VERITA' DAL LIBANO

Scajola, l'ex presidente del Libano: "Mai scritto per l'asilo di Matacena"

Lo afferma il consigliere di Amin Gemayel smentendo così le dichiarazioni dell'ex ministro dell'Interno. Intanto i difensori di Chiara Rizzo hanno presentato la richiesta di scarcerazione della donna

31 Mag 2014 - 16:18
 © ansa

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L'ex presidente del Libano, Amin Gemayel, non ha "mai scritto alcuna lettera di protezione a beneficio di nessuno". Lo chiarisce il suo consigliere per la stampa. Gemayel smentisce di avere comunicato all'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola la sua intenzione di attivarsi perché Amedeo Matacena fosse ospitato in Libano. Intanto i legali di Chiara Rizzo, moglie di Matacena, hanno presentato richiesta di scarcerazione della donna.

"La vicenda non ci riguarda né da vicino né da lontano" - "Ancora una volta - ha ribadito il consigliere di Gemayel, Georges Yazbek - assicuriamo che questa vicenda non ci riguarda né da vicino né da lontano. Non abbiamo scritto alcuna lettera di protezione a beneficio di nessuno". "Questa vicenda - ha insistito Yazbek - non ci riguarda, mentre riconosciamo le nostre relazioni con gli alti responsabili italiani. Soprattutto poiché il presidente (Gemayel) è in contatto permanente con i responsabili di tutto il mondo, in quanto vice presidente dell'Internazionale dei partiti democratici di centro".

Cosa aveva raccontato invece Scajola ai pm -
Secondo quanto emerso dal verbale dell'interrogatorio di Scajola il 18 maggio a Regina Coeli, depositato nei giorni scorsi presso il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, l'ex ministro avrebbe ammesso di avere ricevuto via fax una lettera attribuita a Gemayel in cui l'ex presidente lo assicurava che si sarebbe interessato per fare riparare in Libano Matacena, l'ex deputato di Forza Italia condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ora a Dubai. A preannunciare l'arrivo della lettera, secondo la segretaria di Scajola, Roberta Sacco, sarebbe stato Vincenzo Speziali, un imprenditore catanzarese che dal 2005 vive a Beirut ed è sposato con una libanese. Speziali, che è indagato anche lui nella stessa inchiesta, ha detto di essere "a disposizione dei magistrati" e di essere "pronto a rispondere sulla base degli atti ufficiali, non di indiscrezioni giornalistiche".

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