La professoressa Beatrice Nicolini a Tgcom24: "Servirebbe un grande investimento in istruzione e donne, che porterebbe un enorme risultato nel medio e lungo periodo"
di Leonardo Cavallo© dal-web
Nel corso dell'ultima conferenza stampa prima dello scioglimento delle Camere, Paolo Gentiloni ha confermato l'intenzione di inviare 470 militari in Niger "per consolidare gli assetti di controllo del territorio e delle frontiere e addestrare le forze nazionali". A partire dall'intervento italiano, Beatrice Nicolini, docente di Storia e istituzioni dell'Africa presso la facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica di Milano, analizza per Tgcom24 la situazione attuale del Niger e dell'area subsahariana.
Che cosa pensa dell'annunciato intervento italiano in Niger?
Il tipo di intervento scelto più che da 2018 sembra da fine Ottocento. Di fatto questa missione si sta organizzando con la Francia, noi non abbiamo niente a che fare con l'Africa. È semplicemente un discorso di rapporti con la Francia per interessi che vanno al di là dei corridoi delle tratte, ma che hanno riguardano il business del petrolio, con accordi europei e internazionali ben diversi. Quest'area del mondo è da sempre un crocevia di piste commerciali trans-sahariane, perché il Niger non ha uno sbocco al mare.
Che cosa avviene lungo queste piste?
Su di esse si muovono i migranti, i narcotrafficanti, le armi e la tratta di esseri umani. A chi volesse studiare dove si sviluppano questi fenomeni sarebbe sufficiente utilizzare una mappa delle antiche piste trans-sahariane utilizzate dalle carovane del sale e dai mercanti, perché corrispondono perfettamente alle piste di oggi. La criminalità contemporanea si sposta su percorsi molto antichi.
E in tempi più recenti che cosa è accaduto?
Il Niger ha una grande tradizione mercenaria nei confronti della Libia, perché Gheddafi durante la guerra civile ha assoldato da lì numerosi uomini per far fuori i suoi stessi cittadini libici e li pagava cento dollari cash al giorno. Era un richiamo economico molto forte.
Chi controlla queste piste?
Le tribù del deserto da sempre gestiscono il territorio indipendentemente dai confini politici. Tra le più potenti oggi ci sono i Rashaida, molto ricchi, organizzati e connessi alla rete terroristica internazionale. Il Sahara è un centro di enorme business perché ci sono persone che vogliono scappare da loro Paesi e quando c'è gente che cammina ci sono soldi che si muovono. Le tribù del deserto gestiscono il business del traffico di esseri umani e, avendo così tanti soldi, hanno anche un ruolo politico di fatto.
Come vengono gestiti questi traffici?
Attraverso il sistema della "Hawala": le persone vengono spostate solo attraverso degli sms sui cellulari e i contanti utilizzati per i pagamenti non sono tracciabili. In questo modo, chi viene fermato ha solo un sms con un codice, che può voler dire tutto o niente, e quindi nessuno lo può arrestare. È un'economia perfetta che muove milioni. Inoltre, Gheddafi ci teneva che arrivassero vivi, perché lui voleva creare l'"Europa nera", cioè ricattava tutti noi che lo abbiamo pagato per tanti anni e voleva che l'Europa diventasse africana. Adesso, invece, una volta che hai pagato il tuo viaggio, non interessa a nessuno che tu sia vivo quando arrivi, è perfettamente irrilevante. E quindi ne arrivano pochi perché la verità è che muoiono in tantissimi nel mare.
Ci sono altri percorsi?
C'è una tratta tutta femminile che è quella della prostituzione. Mentre dal Corno d'Africa le ragazze vengono portate in Medio Oriente o verso il Sudafrica, dalla Nigeria e dagli altri Paesi più occidentali arrivano in Italia. Si tratta di un'organizzazione efficientissima, con ricavi milionari o forse anche miliardari, che ha enormi contatti con le organizzazioni criminali italiane sia per l'implicazione economica sia per il supporto logistico.
Nei mesi scorsi si è parlato molto di ragazze costrette a prostituirsi sotto il ricatto della magia nera. Pensa che sia un fenomeno rilevante?
La verità è che adesso tutto questo apparato del rito "juju" si è abbastanza sgretolato dall'interno. All'inizio i trafficanti dicevano alle ragazze: "Adesso ti portiamo in Italia e ti facciamo fare la parrucchiera. Tutto andrà bene per te e la tua famiglia, così avrai un'opportunità soprattutto di pagare questo debito che hai contratto perché hai preso il "juju". Hai una maledizione che ricade su di te e suoi tuoi parenti e lo devi fare se vuoi sopravvivere". Adesso ci credono sempre meno e sono le stesse ragazze che dicono: "Io so perfettamente che cosa mi capita. Portami in Italia, non mi interessa, sarà quel che sarà basta che mi dai i soldi". Non è vero che sono fatte fesse con i riti; non più; sempre di meno. Cerchiamo di essere realisti: vivono in un mondo denarocentrico, in cui il denaro è l'unico valore, in cui non c'è nessuna alternativa economica e i Paesi sono comandati da presidenti "dinosauri" e cleptocratici, spesso alimentati da politiche globali.
In che senso?
In questi stati c'è un'economia verticalizzata e dominata da elites politiche che sono nel 99% dei casi cleptocratiche e corrotte perché non c'è nessun controllo. Gli aiuti sono basati su una logica che non ha niente a che fare con la realtà locale perché lì ci sono le famiglie che comandano, ma non Stati. Gli Stati in Africa vengono creati artificialmente nel 1885 e nessuno si riconosce in questi confini politici. Se tu vai in questi Paesi non capisci dov'è che finisce il Niger e dov'è che comincia un altro Paese. È un mondo che non può vivere di confini politici e in realtà non ha mai vissuto così.
Un esempio concreto?
Nel 2015 l'Unione Europea ha deciso di dare 35 milioni di euro al presidente dell'Eritrea Afewerki senza considerare che è lui stesso il protagonista dei flussi migratori perché si prende una percentuale su ciascuno. Relazionarsi solamente con i capi di Stato è un comportamento non solo occidentale, ma adottato anche dalla Cina. Tutto il mondo, quindi, si rapporta con queste leadership politiche che sono costruite senza consenso dal basso e senza il concetto di opposizione politica: chi si oppone è un nemico e in quanto tale va eliminato. Il potere è concentrato nelle mani della famiglia presidenziale, che non pensa nemmeno a concetti come unità nazionale o bene comune. Nel villaggio o nella città in cui è nato il presidente arriva la corrente elettrica e tutto funziona, in quello dei suoi avversari non funziona niente. Un altro esempio è al-Bashīr, presidente del Sudan, che è considerato il più grande ladro del mondo: possiede 72 miliardi di dollari nelle banche svizzere. Quindi praticamente si è intascato tutto il Pil del Sudan. Va detto, però, che non è tutta colpa degli africani: ci sono dinamiche internazionali che bloccano ogni singola iniziativa come i dazi dell'Unione Europea che impediscono a molti Paesi africani di commerciare direttamente coi paesi del nostro continente.
Quale sarebbe invece un intervento efficace?
Innanzitutto bisognerebbe possedere una preparazione autenticamente interdisciplinare, che non consentisse di adottare un approccio così super euro centrico e obsoleto come quello di fare solo gli accordi con chi comanda. Anche perché poi la verità è che non comandano niente. Quello che servirebbe, invece, è un grande investimento in istruzione e donne, che porterebbe un enorme risultato nel medio e lungo periodo. L'Africa sub-sahariana è quasi tutta agricola e quasi tutte le donne lavorano in campagna. Gli esperimenti di microcredito femminile sono positivi ovunque perché le donne sono solvibili, sono affidabili, restituiscono i prestiti e mandano i figli nelle scuole, che lì sono a pagamento. Non va dimenticato che stiamo parlando del continente più ricco del mondo. La verità è che se la ricchezza fosse distribuita equamente tra le popolazioni che vivono in Africa, sarebbero loro a venire in Italia col jet privato per darci qualcosa perché gli facciamo pena.