Le diverse anime politiche che hanno portato all'elezione del tycoon ora sono in aperta collisione sulle caselle da riempire
E' ai piani alti della Trump Tower, sulla Quinta Strada a Manhattan, dove il presidente eletto Donald Trump e il suo vice Mike Pence si incontrano per fitte consultazioni volte a definire la squadra di governo. Le diverse anime politiche che hanno portato all'elezione del tycoon adesso sono in aperta collisione sulle nomine e sulle caselle da riempire. Il fronte è spaccato a partire dalla paventata nomina di Rudy Giuliani come segretario di Stato.
Dubbi su attività di consulenza di Giuliani - A tenere banco è un potenziale conflitto di interessi per alcune attività di consulenza dell'ex sindaco di New York che rimandano a Paesi chiave come il Venezuela di Hugo Chavez e l'Arabia Saudita. Se ne era già parlato quando nel 2007 Giuliani aveva tentato la sua di corsa per la Casa Bianca, oggi però le sottolineature di fonti di stampa hanno effetto amplificato dopo che per l'intera campagna elettorale Trump si è scagliato contro la Clinton Foundation e i dubbi sulla sua lista di donatori.
Lotta intestina e stallo sulle nomine - L'organigramma con focus sulla politica estera e di sicurezza nazionale della nuova Casa Bianca emerge quindi al centro di una lotta intestina che rischia di rallentare oltre il dovuto il processo di transizione verso l'insediamento il 20 gennaio. Fonti parlando di stallo e confusione conclamata, il cui simbolo è il ritiro dalla transition team (secondo alcuni è stato scaricato) di Mike Rogers, ex deputato che ha presieduto la commissione della Camera sull'intelligence.
Diversi nomi ancora nel limbo - Nei giorni scorsi Chris Christie era stato messo da parte e l'impresa era stata affidata al vicepresidente eletto Mike Pence con lo sguardo a Washington, ma non basta. Tra i fedelissimi risulta escluso anche Ben Carson, che dice di non volere un posto nell'amministrazione per mancanza di esperienza a livello governativo. Nel limbo al momento resta anche Kellyanne Conway, l'ultima dei diversi responsabili della campagna elettorale cambiati da Trump durante la corsa (tra questi Corey Lewandoski sul quale pare ci sia addirittura un esplicito veto).
Paul Ryan "unificatore" dei repubblicani - Intanto su Capitol Hill il cielo si rasserena, almeno apparentemente, con le nuvole squarciate dalla conferma di Paul Ryan per la nomina ad un secondo mandato da Speaker della Camera. Lo hanno votato all'unanimità i deputati repubblicani e la conferma è attesa a gennaio con il voto dell'intera aula. Ryan è quindi pronto ad essere lo Speaker dell'era Trump e l'unificatore. Lo ha confermato lui stesso oggi nella sua prima uscita dopo l'elezione del tycoon, affermando: "Benvenuti all'alba di un nuovo governo repubblicano unito".