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Sono in tutto 96 i passeggeri, di cui 13 stranieri, a rientrare grazie al ponte aereo organizzato da Gibuti. Ad attenderli il minitro Tajani. Resta chiusa l'ambasciata italiana a Karthoum
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Mentre in Sudan prosegue sanguinosa la guerra civile, all'aeroporto militare di Ciampino il Boeing 767 dell'Aeronautica arriva il primo dei due aerei con a bordo cittadini italiani evacuati dal Paese africano. Sono in tutto 96 i passeggeri, di cui 13 stranieri, a rientrare grazie al ponte aereo organizzato da Gibuti. Ad accoglierli in pista il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Per ora l'ambasciata italiana a Khartoum rimane chiusa, ma resterà operativa probabilmente presso quella di Addis Abeba, in Etiopia. I generali in guerra hanno concordato un cessate il fuoco di tre giorni a partire dalla mezzanotte del 25 aprile.
Altri 19 italiani (un gruppo di sub che si trovava in crociera) sono rientrati sabato in Egitto. "In Sudan sono rimasti alcuni italiani che non sono voluti partire: si tratta perlopiù di rappresentanti delle Ong e di qualche missionario che ha deciso di rimanere in Sudan. Continueremo a seguire anche loro con grande attenzione", ha spiegato Tajani.
Poco prima delle 20:30, sulla pista dell'aeroporto militare di Khartoum è decollato anche il secondo aereo C130 con a bordo "gli ultimi italiani" che lasciano il Sudan.
"Una liberazione. Ho avuto un po' di paura ma sono contenta di essere a casa, ringrazio tutti per gli sforzi. Non so se tornerei in Sudan", racconta Costanza Matafù, 34enne di Messina, appena scesa dal volo atterrato a Ciampino. Sua madre Aurora sorride: "Buona Festa della Liberazione. Abbiamo visto la morte attorno a noi, ma ora siamo al sicuro. Lì è molto pericoloso. Abbiamo sentito rumore di bombe e di spari. Non me l'aspettavo. Avevamo sentito di soldati ma non pensavamo che sarebbe successo questo. Siamo scioccati, non avevamo mai vissuto una simile esperienza".
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Anna invece viveva a Khartoum "da una vita - racconta - una situazione indescrivibile. Sono molto triste per chi rimane. Siamo stati aiutati dall'ambasciata, non è stato difficile. Noi lì abbiamo un ristorante italiano, una parte di casa nostra è stata colpita. Allora ci siamo rivolti all'ambasciata, ci hanno aiutati". "È successo tutto in poche ore", afferma invece Francesco Cirelli, romano di 74 anni, pensionato del settore del petrolio. Viveva a Khartoum nel quartiere Kafuri, assieme alla moglie medico. "Nessuno si aspettava nulla", aggiunge lodando poi l'organizzazione del suo rientro. Trova anche la forza di scherzare: "Il campo a Gibuti c’è sembrato il villaggio vacanze". Francesco riferisce di una "sensazione di pericolo, senti gli spari vicini, e poi bombe, aerei, la contraerea. L'ambasciata l'ho contattata io con un numero speciale. Era già chiusa, assieme agli altri punti strategici come i palazzi presidenziali. La maggior parte del fuoco era lì".
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato che i generali in guerra nel Sudan hanno concordato un cessate il fuoco di tre giorni a partire dalla mezzanotte, dopo che le precedenti offerte per sospendere il conflitto sono rapidamente fallite. "A seguito di intensi negoziati nelle ultime 48 ore, le forze armate sudanesi (Saf) e le forze di supporto rapido (Rsf) hanno concordato di attuare un cessate il fuoco a livello nazionale a partire dalla mezzanotte del 25 aprile, per una durata di 72 ore".