Una nostra collega ha trascorso due settimane con le religiose nel Paese africano dove tre di loro sono state barbaramente uccise. E ricorda quei giorni così
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"Questa è la nostra casa, qui c'è la nostra gente, non ce ne andremo mai". Il mio ricordo delle missionarie saveriane di Bujumbura (Burundi) e Uvira (in Congo) comincia da qui. Ho vissuto a stretto contatto con loro per 2 settimane. Correva l'anno 2008. Partecipavo alla missione di "Progetto Sorriso nel Mondo", la onlus che si occupa di operare bambini nati con serie malformazioni a labbra e palato. Il convento di Kamenge dove le suore sono state uccise è alla periferia di Bujumbura, capitale del Burundi, a meno di 100 km da Uvira, citta congolese sul lago Tanganika dove si trova l'ospedale che ci ha fatto da 'base'.
A Kamenge sono arrivata in un pomeriggio di maggio. Lì sono stata accolta da un padre saveriano e da cinque suore. Una di loro mi ha accompagnata in jeep oltre il confine fino al Congo dove mi aspettavano le altre sorelle saveriane che ci hanno dato vitto e alloggio. Queste suore sono state il nostro primo 'contatto' laggiu', coloro che ci hanno permesso di lavorare in una zona dell'Africa da sempre pericolosa e martoriata. Sono state il vero e proprio collante con la popolazione.
Fra Burundi e Congo, nelle loro case accolgono centinaia di bambini orfani, aiutano chi non ha da mangiare, organizzano corsi di formazione per insegnare un lavoro ai più giovani, recuperano centinaia di donne stuprate e abbandonate dalle loro famiglie.
Nella parrocchia cattolica ogni domenica trasformano la messa in una festa di canti e balli. Senza di loro credo che nulla sarebbe stato possibile: i medici di Progetto Sorriso hanno operato piu' di 150 bambini .
Alla luce di quanto è accaduto in queste ore , ogni parola per descrivere il loro lavoro di credo sia superflua. Ma lo stesso vorrei condividere con chi legge le sensazioni che mi hanno trasmesso queste donne operose , instancabili, per la maggior parte molto anziane. Tutte partite dalla casa madre Parma, tutte in Africa da almeno mezzo secolo, alcune cagionevoli di salute.
Senza paura, serene davanti a qualunque tipo di pericolo che affrontano andando per le strade, a piedi portando -non solo la Fede- ma anche il conforto a chi non ha nulla. Ricordo le parole a cena di suor Maria Pia, una fra tante: il racconto della sua vita in quel fazzoletto d' Africa martoriata. E' proprio lì, sul lago Tanganika infatti, al confine fra Ruanda, Congo e Burundi che nel 1994 un milione di persone vennero massacrate nella guerra fra hutu e tutsi. Uno dei tanti genocidi dimenticati.
Suor Maria Pia era lì , ad aiutare i profughi . "Milioni di persone in fuga, una marea umana -mi spiegava- una brutalità da non credere. Dalla Farnesina ci mandarono gli aerei per rientrare in Italia. Ma la nostra vita è qui. Questa è la nostra gente e qui moriremo".
E poi la facilità con la quale erano in grado di 'stemperare' anche i rari momenti di tensione con la polizia e le autorita' locali. E nonostante i militari armati e il clima spesso difficile, percorrendo le strade di Uvira con loro si aveva la sensazione di essere sempre scortati. Come se nulla potesse accaderci .
Non ho conosciuto personalmente le tre suore uccise, forse le ho solo incrociate ma so per certo che sono state -anche negli anni seguenti- un aiuto straordinario non solo per i medici di "Progetto Sorriso nel Mondo" ma per tutta la popolazione laggiu'. La sola unica consolazione in questo caso è che -per come le ho conosciute- il loro lavoro non si fermerà.
Un loro sms mandato poco fa ai volontari di Progetto Sorriso ce lo conferma: "Pregate per noi, abbiamo bisogno di crescere nella preghiera e nell' amore".