La terribile storia di una coppia della Costa d'Avorio, rispedita in malo modo in Italia in quanto primo Paese soccorritore. "Volevano anche toglierci la bimba"
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In manette, in catene, incappucciati. E' l'incubo vissuto da Joelson e Tatiana, due migranti espulsi dalla Svizzera e malamente rispediti in Italia. "Volevano anche toglierci la bambina", denunciano i due, originari della Costa d'Avorio e partiti dalla Libia nel giugno 2017, a Repubblica. Salvati da una nave umanitaria, approdati a Salerno e poi a Torino, hanno attraversato il confine in direzione Svizzera, prima di esserne allontanati.
Joelson e Tatiana, insieme alla loro bimba, sono "vittime" del regolamento del Trattato di Dublino, che impone ai migranti di tornare nel Paese che per primo li ha ospitati. Sempre a Repubblica, la coppia racconta della violenza con la quale le autorità svizzere li ha scacciati dal villaggio montano di Albinen.
"Avevamo già fatto le carte per il trasferimento ma non è servito a nulla - ricordano i due -. Ci hanno trattato come bestie, umiliati e picchiati". "Addirittura gli agenti di polizia svizzeri mi hanno messo le manette e perquisita corporalmente", racconta Tatiana, che inutilmente chiedeva di poter tenere con sé la bambina che aveva fame e piangeva. "Hanno detto: c'è un aereo pronto per voi e quindi ci hanno picchiato e incappucciato", afferma Joelson.
I due in aeroporto hanno subito anche il ricatto di non poter tenere con loro la bambina, tenuta in braccio da una poliziotta fino a un attimo prima della partenza.
Ora la famiglia è a Napoli, ospite di un centro di accoglienza, ma difficilmente dimenticheranno l'incubo della condizione di "dublinanti" e del terribile trattamento riservato loro dalla polizia elvetica.