All'indomani dell'annuncio dell'abolizione della polizia morale, le autorità dell'Iran mantengono il pugno di ferro contro i manifestanti anti-governativi
I condannati per le proteste in Iran "saranno impiccati presto". Lo annuncia il capo della magistratura di Teheran Gholahossein Ejei, secondo l'agenzia di stampa della Repubblica islamica Irna. L'autorità si riferisce ad alcune persone arrestate durante le contestazioni successive alla morte di Mahsa Amini, la ragazza uccisa perché non indossava correttamente il velo. Si tratta di condannati a morte per "guerra contro Dio" e "corruzione sulla Terra", due capi d'accusa molto pesanti per la legge islamica iraniana.
Il nuovo annuncio di Teheran, "impiccheremo presto i condannati per le proteste", arriva all'indomani dello scioglimento della polizia morale, creata nei primi anni 2000 per "diffondere la cultura della decenza del velo islamico". Quest'ultima notizia, tra l'altro, è stata ignorata dalla stampa conservatrice iraniana ed è stata evocata solo da quattro quotidiani riformisti.
"Dopo 80 giorni di proteste provocate dalla polizia morale, il pubblico ministero ne annuncia l'abolizione", ha scritto il quotidiano riformista Sazandegi, titolando "La fine della polizia morale". Sharq, altro quotidiano riformista, ha assunto una posizione più scettica: "Sono finiti i pattugliamenti?" per far rispettare il codice di abbigliamento che prevede l'uso del velo, si interroga il giornale. "Mentre il procuratore generale ha affermato che la polizia morale è stata abolita, il dipartimento delle pubbliche relazioni della polizia ha rifiutato di confermare questa abolizione", ha sottolineato Sharq.
Ma il pugno di ferro contro la nuova ondata di proteste resta. Il corpo paramilitare dei "basij, la polizia e le forze di sicurezza non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi che sono stati assoldati dai nemici". Lo si legge in una dichiarazione delle Guardie della rivoluzione iraniana mentre è in corso in molte città del Paese il primo dei tre giorni di sciopero indetto da attivisti nell'ambito delle proteste antigovernative in corso da quasi tre mesi.
"Dopo la sconfitta della nuova sedizione, creata dai nemici, il sistema sacro della Repubblica islamica continuerà con forza a realizzare la sua causa e sconfiggerà il fronte unito dei nemici", si legge nella dichiarazione.
Intanto, negozi e mercati in varie città dell'Iran sono rimasti chiusi, aderendo a questo sciopero. L'iniziativa è stata attuata nella capitale Teheran ma anche a Sanandaj, Isfahan, Bushehr, Shiraz, Kerman, Ardebil, Mahabad, Orumiyeh, Kermanshah e altrove.
Gli scioperi hanno coinvolto anche autotrasportatori e alcuni lavoratori degli impianti petrolchimici di Mahshahr e delle acciaierie di Isfahan. Dimostrazioni e boicottaggio delle lezioni si sono visti anche in vari atenei iraniani, a due giorni dal 7 dicembre, quando in Iran si festeggia il "giorno dello studente" e il presidente Ebrahim Raisi ha in programma di tenere un discorso in una delle università del Paese.
Nei mesi scorsi si sono già verificati duri scontri tra le forze di sicurezza e i manifestanti scesi in pizza in varie città iraniane dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda che ha perso la vita dopo essere stata arrestata perché non portava il velo in modo corretto.
Secondo i dati dell'agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani Hrana, da quando le dimostrazioni sono iniziate, negli scontri hanno perso la vita almeno 471 persone, tra cui 64 minori e 61 membri delle forze di sicurezza, mentre gli arrestati sono oltre 18mila.