Il Cremlino ha definito "provocatoria" la mossa del Pentagono
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Dalla Siria al Mar Baltico sale la tensione tra Russia e Stati Uniti. Nel Paese mediorientale i rapporti tra Washington e Mosca che si fanno sempre più difficili dopo che un caccia F-15 americano ha abbattuto un drone delle forze pro-Assad che sorvolava i cieli sopra il confine con la Giordania. Intanto a migliaia di chilometri di distanza, sui cieli del Baltico, alcuni jet russi Su-27 hanno intercettato due aerei da ricognizione americani ERJ 135.
L'attacco americano sui cieli siriani invece è il terzo episodio del genere nell'ultimo mese, e rischia di alimentare il caos nella regione e di provocare un'escalation dagli sviluppi inimmaginabili. Tanto che dal Palazzo di Vetro dell'Onu si leva un accorato appello alla calma e alla moderazione da parte del segretario generale Antonio Guterres: "Sono molto preoccupato - ha detto rivolto a Washington e Mosca - perché episodi simili rappresentano un grande pericolo".
L'episodio nel Mar Baltico invece è stato definito provocatorio da Mosca poiché uno dei velivoli Usa ha tentato di avvicinarsi ai caccia di Mosca compiendo una "virata indisponente". Così la distensione con Vladimir Putin a suo tempo auspicata da Donald Trump per superare il gelo dell'era Obama tra Mosca e Washington, appare in questa fase come un miraggio.
La situazione più delicata è proprio in Siria. Il drone abbattuto dagli Usa - che sorvolava l'area di At Tanf dove si trova una base militare in cui gli americani addestrano i ribelli siriani - era uno Shaded 129 prodotto in Iran ed era armato. Ma soprattutto volava a distanza tale da poter colpire le truppe della coalizione anti-Isis guidate dagli Usa. L'episodio è avvenuto la scorsa notte.
Nella stessa area - dove si trovano anche gruppi sostenuti da Teheran - pochi giorni fa era stato abbattuto un altro velivolo senza pilota appartenente alle forze che combattono per il regime di Damasco. "E' stata un'azione di autodifesa, il drone è stato abbattuto perché era ritenuto una minaccia", tuona il Pentagono.
Mentre in una nota della coalizione anti-Isis si sottolinea come "tutte le dimostrazioni di intenti ostili e azioni delle forze pro-regime contro di noi e i nostri partner in Siria non saranno tollerate". "La presenza della coalizione in Siria - si spiega- è per la minaccia che l'Isis rappresenta a livello globale. Non si cerca una battaglia con il regime siriano, con la Russia o con le forze pro-regime. Ma - è il monito - la coalizione non esiterà a difendere se stessa e i suoi alleati".
La replica di Mosca non si fa attendere: "La presenza militare americana in Siria meridionale è assolutamente illegale", ha detto Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri russo e rappresentante speciale di Putin per il Medio Oriente e l'Africa. "Non c'è né una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite né una richiesta delle autorità legittime siriane a questo proposito", ha ricordato.
Intanto lo stesso Cremlino non smette di esprimere una "seria preoccupazione" per le azioni della coalizione a guida Usa in Siria. E a chi gli chiedeva se Mosca tema che la crisi siriana possa portare a un aperto conflitto con gli Usa, il portavoce di Vladimir Putin, si è limitato replicare con un "no comment".