"Assurdo essere incriminati per il lavoro che si svolge. La gente deve sapere quello che succede nel mondo". E racconta: "Mi hanno fermato agenti in borghese al confine con la Siria. Ero a cena in un ristorante"
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"Faccio appello alla Turchia perché liberi tutti i giornalisti". La richiesta viene da Gabriele Del Grande, arrestato il 9 aprile nel Paese, in una località al confine con la Siria, e rilasciato dopo 14 giorni di detenzione. "Non è accettabile essere incriminati per il lavoro che si svolge. La gente deve sapere" cosa succede nel mondo. Il giornalista ha raccontato quello che gli è successo incontrando la stampa a Roma.
Il momento dell'arresto - "Siamo stati fermati a Rihanli, lungo il confine tra Turchia e Siria, in uno dei ristoranti più buoni della città - ricorda, parlando nella sala della stampa estera -. Si sono presentati otto agenti in borghese che ci hanno mostrato un distintivo, e poi portato in commissariato". Poi sottolinea: "Non avevo alcuna intenzione di andare in Siria, il mio lavoro in Turchia era di ricerca, perché volevo scrivere un libro".
"Non sono un eroe, ho solo fatto il mio lavoro" - A margine dell'incontro con i cronisti poi dice: "Non chiamatemi eroe, ho solo fatto il mio lavoro. Sono uno dei tanti, ci sono ancora 174 giornalisti in carcere" in Turchia. E sottolinea: "Chiedo di essere giudicato per il mio lavoro, nulla di più".