L'ANALISI

L'Ucraina ha un piano per la vittoria, ma la guerra non finirà tanto presto: ecco perché

L'incursione ucraina nella regione russa di Kursk ha senza dubbio rappresentato una svolta, soprattutto a livello simbolico. Ma l'eventuale vittoria di Kiev ha davanti ostacoli tattici e almeno cinque questioni strategiche. Con Mosca che intanto non mollerà la presa sul Donbass, puntando a prolungare il conflitto

di Maurizio Perriello
01 Set 2024 - 20:53
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L'Ucraina invade la Russia. L'Usignolo ferisce l'Orso. Una roba impensabile, eppure è successo. Kiev è riuscita a dare una svolta a una guerra in corso da oltre 10 anni, perché vanno considerati anche il conflitto per il Donbass divampato nel 2014 e l'annessione russa della Crimea. Più che dal punto di vista militare, che vedrà l'inevitabile ritirata (o, peggio, l'annientamento) delle forze ucraine dal territorio russo, l'attacco ha prodotto un grande successo simbolico. Ha risollevato il morale di truppe sempre più stanche e scarne, ha mandato un messaggio a Usa e Ue che secondo Kiev latitano nel supporto bellico decisivo, ha mostrato a ucraini filorussi e russi stanchi di Putin che un'alternativa all'imperialismo moscovita è possibile. Ha reso momentaneamente simmetrica una guerra finora senza equilibrio di forze in campo: occupazione contro occupazione, Kursk contro Donbass. Al punto che il governo Zelensky ha stilato un piano per la vittoria che presenterà a settembre all'attenzione degli Usa. Sia chiaro, la posizione del Cremlino è di gran lunga più forte e strutturata, ma l'esito dello scontro dipenderà in definitiva dalla postura americana, attesa al varco delle elezioni presidenziali di novembre. Tutto, o quasi, dipenderà cioè dalla decisione di Washington di rinvigorire il sostegno materiale all'Ucraina o di intavolare negoziati con una Russia che si vuole sconfitta ma non umiliata, per scongiurare l'apocalisse nucleare e per non darla in pasto alla grande rivale Cina. La decisione è ardua e non c'è accordo nelle stanze degli apparati Usa, dove intanto aumenta la schiera di chi crede in un'improbabile vittoria di Kiev. Vittoria che dovrà però passare attraverso difficoltà tattiche e problemi strategici di primissimo piano. A partire dal fatto che la guerra d'Ucraina, prosecuzione naturale di una contesa bellica vecchia di oltre un secolo, è il sintomo regionale di un conflitto più ampio tra Stati Uniti e mondo anti-occidentale.

Ogni analisi che si rispetti deve avere una profondità storica. Riavvolgiamo quindi un attimo il nastro, per capire al meglio cosa sta succedendo. Kursk non è un luogo qualunque per russi e ucraini. Sullo stesso fango 80 anni fa, proprio nel luglio 1943, andò in scena la più grande battaglia fra mezzi corazzati della storia. Armata Rossa sovietica contro Wehrmarcht tedesca che, come Napoleone e altri prima di lui, aveva violato il suolo ucraino per invadere la Grande Russia. Invasioni sempre respinte e sempre provenienti da Occidente, per assenza di barriere naturali lungo il grande bassopiano sarmatico che corre senza montagne dall'Europa alla Russia interna. Da questo elemento nasce la paranoia moscovita che ha portato (anche) a questo conflitto. E poco importa se nessun esercito straniero è mai riuscito a restarci, in Russia, perché il passaggio del nemico in casa lascia devastazione sulla terra e ferite profonde nella popolazione. Fattori tattici e questioni strategiche lasciano pensare che la guerra proseguirà anche dopo il 2024, nonostante lo stesso Cremlino avesse annunciato piani per portarla a termine entro fine anno. Nella consapevolezza che disinformazione, grandi offensive e interventi esterni potrebbero cambiare tutto in un istante. Proviamo a capire quanto ancora e perché dureranno le ostilità.

Gli effetti dell'attacco a sorpresa nel Kursk

 Nel 2024 sono stati invece gli ucraini, nel frattempo emancipatisi legittimamente dal giogo russo, a marciare su Kursk. E lo hanno fatto compiendo la maggiore incursione terrestre in Russia dalla Seconda Guerra Mondiale, che ora rischia di trasformarsi in altro fronte di guerra di logoramento e difesa. Perché lo hanno fatto e come sono riusciti a cogliere di sorpresa gli avversari? Innanzitutto osservando e conoscendo il nemico. Le unità russe lasciate a difesa di Kursk erano sostanzialmente truppe di leva e guardie di frontiera. Una difesa "leggera" e perforabile con un attacco rapido, ma da compire con un consistente numero di uomini ben addestrati ed equipaggiati. Una mossa tuttavia ritenuta altamente improbabile dal Cremlino, vista l'estrema debolezza materiale e demografica delle forze di Kiev e l'apparente inutilità di un'operazione del genere. Ennesimo errore di calcolo di una potenza nucleare che sta perdendo la guerra dal punto di vista strategico, a partire dalla sua guida Vladimir Putin, che ha l'incubo di essere ricordato nei libri di storia (russi, gli altri non contano) come il leader che ha perduto l'Ucraina. Quest'ultima si è dimostrata sorprendentemente capace di condurre un'azione meccanizzata di ampio respiro, mettendo in moto unità d'élite e divisioni delle migliori brigate dell'esercito regolare. Un sapiente lavoro di intelligence e sabotaggio coadiuvato dai militari occidentali presenti sul campo e associati alla legione internazionale. Quello di Kursk è un attacco vincente che parte da lontano. Da mesi infatti gli ucraini avevano danneggiato gradualmente il sistema di comunicazione russo dell'oblast di confine, adoperando droni Fpv e mostrando una volta in più quanto questa tecnologia abbia profondamente modificato il modo convenzionale di fare la guerra. Un altro segreto del successo ucraino è stata l'assenza di fuoco preparatorio, che avrebbe al contrario allarmato le forze russe. Il fulmine a ciel sereno per Mosca si è materializzato anche perché gli ucraini hanno evitato i punti in cui i nemici erano più forti e numerosi. L'attacco è stato dunque condotto con circa un terzo delle forze di Kiev che ha impegnato i difensori russi, mentre il resto delle truppe ha continuato il viaggio verso i centri urbani e lo snodo del gasdotto di Sudzha, ben oltre l'approntata linea di resistenza. Una tecnica mutuata dalla Nato, vero avversario in questa guerra agli occhi del Cremlino.

Perché l'incursione ucraina non cambierà la guerra

 Al di là dell'aspetto tecnico militare, l'azione di Kursk non smuoverà da sola le sorti del conflitto. Innanzitutto perché la Russia ha già risposto sul campo riprendendo con forza l'offensiva nel Donetsk, avvicinandosi sempre più al centro nevralgico di Pokrovsk, ultima grande città dell'oblast annesso dalla quale si diramano snodi autostradali fondamentali (verso Kherson, Zaporizhzhia e Pavlograd, ad esempio). Mosca ha anche reagito con due giorni di pesanti bombardamenti su quasi tutto il Paese invaso, compresa la capitale Kiev, senza però superare linee rosse che inducano l'Occidente a intervenire direttamente. Il messaggio è chiaro: se non vi distruggiamo, è solo perché non vogliamo. Fa parte della narrazione del Cremlino che vuole i fratelli ucraini parte primordiale della storia culturale russa, ma anche in qualche modo inferiori per status (come i bielorussi, del resto), deviati da un Occidente che rappresenta una nuova forma di nazismo, ingannati da un'altra civiltà estranea al Dna dei figli di Kiev. La nostra sostanziale misconoscenza delle cose russe ci fa inoltre dimenticare quanto l'impero moscovita siano abituato e disposto a sacrificare parti del proprio territorio per assorbire le invasioni straniere. Ieri quelle di Napoleone e Hitler, oggi quelle ucraine per conto degli americani. La mossa di Kiev a Kursk ha però prodotto un effetto sull'opinione pubblica interna russa opposto a quello sperato: invece di aumentare la sfiducia della leadership di Putin, rinvigoriscono la retorica sulla denazificazione. Nella propaganda del Cremlino, il nazismo ha assunto un nuovo significato: è diventato la definizione dei vari tentativi occidentali di invadere e conquistare la Russia. La guerra in corso non finirà tanto presto proprio perché Mosca vuole prolungarla, al pari della cooperante Cina. Due imperi contigui che si odiano, ma che collaborano momentaneamente (anche con l'Iran) contro il nemico comune americano.

Gli Stati Uniti sapevano dell'attacco?

 Se Kursk è stata una sorpresa per Mosca, non lo è stata per Washington, che doveva conoscere i programmi di Kiev dopo aver per forza di cose coordinato lo "scudo cyber" che ha nascosto al Cremlino l'ammassamento di truppe alla frontiera. Di fatto, però, in questo modo l'Ucraina si trova attualmente con quattro o sei battaglioni bloccati nell'oblast nemico, rendendo simmetrica l'occupazione del Donbass solo in apparenza. La porzione di territorio controllato dai russi, che intanto continuano ad avanzare, è nettamente superiore a quella in mano ucraina. Grave problema, visto che le unità migliori dell'esercito servirebbero nel Donetsk, dove cioè si deciderà questa importantissima fase della guerra.

Il piano ucraino per la vittoria passa da Washington

 A settembre l'Ucraina presenterà a Joe Biden un piano per la vittoria, il quale include anche l'incursione di Kiev nella regione russa di Kursk. Ad annunciarlo è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dal palco di un forum a Kiev. Poco prima, il comandante delle Forze armate Oleksandr Syrsky aveva annunciato che il Paese controlla adesso nella regione russa di Kursk 1.294 chilometri quadrati di territorio e oltre 100 insediamenti, aggiungendo che quasi 600 soldati di Mosca sono stati fatti prigionieri dall'inizio dell'incursione. Le parole di Syrsky sono giunte poche ore dopo che la Federazione, per il secondo giorno consecutivo, ha lanciato una massiccia ondata di attacchi aerei sull'Ucraina, provocando diversi morti. Zelensky ha riferito che i caccia F-16 forniti dall'Occidente sono stati usati per respingere la pioggia russa di missili di lunedì e ha aggiunto che è stato testato con successo il primo missile balistico ucraino. Su quello che ha definito "il piano della vittoria", il presidente ucraino non ha però fornito molti dettagli, annunciando tuttavia di volerlo trasmettere anche a Kamala Harris e a Donald Trump. L'obiettivo è ottenere il permesso statunitense di utilizzare le armi più potenti per colpire in terra russa. Secondo Politico, Kiev si appresta a presentare ai massimi responsabili della sicurezza nazionale americana un elenco di obiettivi a lungo raggio in Russia. Una lista che sarebbe un ultimo tentativo disperato per convincere Washington a far cadere il veto. Le delegazioni ucraine e statunitensi si incontreranno in settimana.

Tutto dipende dagli stanchi Usa

 Gli Stati Uniti sono chiamati dunque a decisioni cruciali, ma vivono un momento molto delicato. Non solo perché si avvicinano le elezioni con più colpi di scena della storia americana, ma perché la tornata presidenziale trascina a valle tutti i detriti della stanchezza imperiale: dalla depressione dei cittadini alle tensioni sociali, dalla moltiplicazione dei fronti di guerra alla crisi della narrazione della globalizzazione. Anche il supporto all'Ucraina ne è investito in pieno. Il dubbio degli apparati è: continuare o darci un taglio, rinnovare o ridimensionare il sostegno militare. L'approvazione degli ultimi due pacchetti di aiuti, ad aprile e ad agosto, spinge l'amministrazione Biden a proseguire con vigore nel contrastare l'invasione russa. I sondaggi mostrano che la causa di Kiev è addirittura più sentita rispetto a 2022 e 2023. Ciò che manca è però una compiuta visione strategica, che aiuti l'Ucraina "a porre fine al conflitto come Paese democratico, indipendente e sovrano in grado di scoraggiare e difendere il proprio territorio". E poco importa chi dal 2025 abiterà le stanze della Casa Bianca, perché la strategia di una collettività non dipende dalla direzione politica, ma l'esatto contrario. Non dovrà scriverla Biden, ma apparati e Congresso. E dovrà essere sopportata (la "o" non è un errore) dalla stanca e depressa popolazione.

Cinque problemi strategici dell'Ucraina

 Secondo il Center for Strategic and International Studies, sono cinque i problemi strategici fondamentali per gli Usa riguardo la questione ucraina. Il primo è l'inserimento del Paese nel sistema di sicurezza Nato e nella rete economica europea: avverrà tramite l'adesione all'Alleanza e all'Ue o no? Il secondo riguarda la capacità della Russia di aggirare le sanzioni occidentali, mentre il terzo impone di contrastare le sempreverdi campagne di disinformazione del Cremlino. La quarta questione strategica è ripensare l'arsenale della democrazia. La quinta è sostenere e rafforzare l'economia e la democrazia dell'Ucraina. C'è dunque molto da lavorare e definire prima di poter vedere la fine del conflitto. Secondo il direttore della Cia, William Burns, l'obiettivo più realistico per l'Ucraina non è la riconquista dei territori perduti, compresa la Crimea, ma di difendere le regioni rimaste ancora libere.

La questione della ricostruzione post-guerra

 Guerre così lunghe impongono una chiara pianificazione della vittoria come del periodo post-bellico. La ricostruzione, attualmente valutata in oltre 500 miliardi di dollari, richiederà a Usa ed Europa lo sforzo più consistente dalla Seconda Guerra Mondiale. Non parliamo di altruismo, la ricostruzione è un affare che fa gola anche ad altri, su tutti la Cina. Quando l'orrore della guerra sarà finito, l'Ucraina si ritroverà smembrata e con un conto di ricostruzione da oltre mille miliardi di dollari, a fronte di un Pil di appena 100 miliardi di dollari e di un'amministrazione tecnicamente fallita. Non solo: il Paese si troverà una popolazione quasi dimezzata rispetto al periodo pre-guerra, forse 25 milioni di persone di cui 10 milioni residenti all'estero in qualità di rifugiati.

Perché la guerra non finirà nel 2024

 I dati sulla guerra russo-ucraina fanno spavento. Tuttora in corso, è già la più lunga e sanguinosa del 90% di tutte le guerre tra due Stati avvenute negli ultimi 200 anni. Una volta che i conflitti di logoramento (inaugurati nel Novecento) superano la soglia media dei 962 giorni, tendono durare più di tre anni. E la fine è incerta. Gli obiettivi opposti di Ucraina e Russia rendono altamente improbabili negoziati a breve termine e li vedono del tutto inutili a porre fine alla contesa con la Nato. Agli occhi di Mosca, Kiev è roba russa, dunque ogni armistizio o tregua avrà inevitabilmente carattere temporaneo. Al tavolo dei negoziati i russi vogliono sedersi solo con di fronte gli americani, per trattare da pari a pari e chiedere la totale neutralità dell'Ucraina, mantenendo le annessioni già acquisite. Per Kiev, l'obiettivo finale è invece triplice: ripristinare il proprio territorio sovrano ai confini del 1991, ricostruire il Paese in modo da promuovere una più profonda integrazione occidentale e ottenere condanna e risarcimenti da una Russia responsabile di crimini di guerra. Gli americani, dal canto loro, vogliono mantenere la pressione sulla Russia aiutando quanto basta l'Ucraina, puntando ai negoziati per disimpegnarsi da uno dei tanti fronti che li vedono coinvolti come potenza egemone.

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