Dopo aver mostrato un cartello contro il conflitto in diretta tv, Marina Ovsyannikova abita ancora a Mosca. Ora rischia fino a 15 anni di carcere a causa della legge voluta da Putin contro chi diffonde "fake news"
È diventata emblema del coraggio dei russi che si oppongono a Putin e alla guerra in Ucraina, ma ora ammette di avere paura Marina Ovsyannikova. "Sono una persona normale, un'abitante di Mosca, ho due figli che tiro su da sola e ho paura più per loro che per me stessa. Potrebbero aggredirli a scuola, o per strada", afferma la giornalista che il 14 marzo ha fatto irruzione nello studio del tg del Canale Uno russo con un cartello di protesta con lo slogan "No War". "La mia vita adesso mi ricorda un thriller, non so cosa succederà domani", racconta.
La reporter, ospite a "Che tempo che fa", rischia ora fino a 15 anni di carcere, per effetto della voluta da Putin contro chi diffonde "informazioni false".
"Mi sento sola, nessuno ha chiamato" "Mi sento sola, perché dopo questo incidente alla televisione nessuno mi ha chiamato, mi ha scritto una sola persona sola e mi ha mandato una parola di sostegno, ma tra persone più vicine a me nessuno mi ha chiamato, ha ricordato Ovsyannikova.
"Russi zombizzati da propaganda" La giornalista ha parlato anche della propaganda nel proprio Paese. "Le informazioni in Russia sono ridotte, i social sono chiusi, i russi non hanno dove trovare le informazioni veritiere di quello che succede in Ucraina, perché hanno a disposizioni solo i canali di Stato". "Gli ucraini vengono dipinti come fascisti e razzisti, l'Ucraina come il Paese che produce armi biologiche contro la Russia e deve scomparire. Ogni giorno viene mandato questo in onda, e riempiono la testa delle persone semplici che alla fine vengono zombizzate da questa propaganda e sostengono questi obiettivi".
"Sanzioni colpiscono tutti russi" Capitolo sanzioni. "Le sanzioni colpiscono duramente non solo gli oligarchi, ma tutti i russi, anche la classe media che guarda a Occidente. La russofobia è al massimo. E questo umore potrebbe provocare una reazione opposta. Serve il dialogo, magari attraverso la cultura. Per questo credo sia l'approccio sbagliato censurare le cose appartenenti alla cultura russa".
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