Canali diplomatici avrebbero fatto trapelare anticipazioni sui capisaldi del programma americano sulla guerra in corso. Prevista anche la creazione di una zona demilitarizzata e la garanzia che Kiev non entrerà nella Nato. Le perplessità, però, non mancano
© Afp
Donald Trump ha un piano per porre fine alla guerra in Ucraina. Un piano chiaro nei suoi punti cardine già prima dell'insediamento alla Casa Bianca, ma che ora comincia ad arricchirsi di date e dettagli economico-militari. Il presidente americano dovrebbe annunciarlo nelle prossime due settimane, ma canali diplomatici avrebbero fatto già trapelare i dettagli principali. Fermo restando che i negoziati decisivi per questioni serie come un conflitto avvengono sempre a porte chiuse e senza annunci preventivi, il piano di Trump prevedrebbe un cessate il fuoco dal 20 aprile. Ma non solo: come da promesse elettorali agli americani stanchi di "fare beneficenza" a nazioni lontane, la ricostruzione dell'Ucraina dovrà essere a carico dei Paesi europei. E forse anche la sua difesa.
La bozza del programma trumpiano è circolata negli ultimi giorni in ambienti politico-diplomatici, canali Telegram e media ucraini, come il giornale Strana (Страна). Si tratta ovviamente di dettagli non confermati in via ufficiale, e che per giunta appaiono a dir poco lontani dalle istanze del governo Zelensky. A fine agosto 2024, il presidente ucraino aveva già presentato un proprio piano per la vittoria dell'Ucraina che, come avevamo anticipato, non si sarebbe mai realizzato. Al punto da essere derubricato a "piano per la resilienza". Tradotto: resistenza a oltranza, a patto che gli alleati ci continuino ad aiutare. L'avvento di Trump alla Casa Bianca ha scardinato proprio questa certezza: gli Usa non vogliono più aiutare Kiev come fatto finora.
In questi giorni si è parlato molto di colloqui fra Trump e Putin e perfino della disponibilità vicendevole di presidente russo e Zelensky a parlarsi. La costruzione diplomatica del presidente americano si fonderebbe proprio su questa reciproca apertura. E già questo aspetto è tutto da dimostrare. La roadmap prevedrebbe i primi colloqui entro il 20 febbraio, in prossimità del terzo anniversario della guerra, con gli Usa che spingeranno quindi l'Ucraina ad accettare una tregua entro Pasqua. Circostanza supportata da un indizio: intorno al 20 febbraio è infatti prevista la visita in Ucraina dell'inviato speciale americano Keith Kellogg, che volerà in Europa per partecipare alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Gli altri punti salienti del piano dell'amministrazione Trump, rivolto all'esclusiva attenzione degli ucraini, sarebbero i seguenti:
Secondo il Daily Mail, entro il 9 maggio verrebbe poi rilasciata una dichiarazione sui parametri concordati per congelare il conflitto. Come passo successivo, verrebbe chiesto a Kiev di non estendere la legge marziale (da noi anticipata a suo tempo) né di mobilitare le truppe.
Come sul piano per una tregua a Gaza, però, i dubbi e le perplessità si sprecano. Messo giù così, il programma appare decisamente irricevibile da entrambe le parti in causa. E perfino per gli Usa esso presenta diverse criticità strategiche. Innanzitutto Zelensky ha stabilito, con tanto di decreto presidenziale, che la delegazione ucraina non tratterà con quella russa finché Putin sarà alla guida del Cremlino. Il presidente russo, da parte sua, non riconosce la legittimità dell'omologo ucraino, accusandolo di aver manipolato i processi democratici impedendo le elezioni. I veri negoziati però, lo abbiamo accennato, prescindono dal riconoscimento e da incontri ufficiali. Dietro le quinte si decideranno cose che resteranno lontane dai media, e che poi verranno sporcate dalla propaganda. Sicuramente sia russi che ucraini hanno interesse a parlarsi, perché sono allo stremo dopo tre anni di ostilità. A differenza di otto anni fa, gli apparati statunitensi sono d'accordo con Trump nell'aprire a Mosca. Se dovesse essere sconfitta o umiliata, la Russia finirebbe preda del caos e delle grinfie della più potente Cina. Scenario da evitare, facendo concessioni a Putin in sede di negoziato. La Russia è però anche un nemico necessario per tenere compatto il fronte Nato e Ue. Una situazione complessa, che vede anche diversi dettagli non detti. Come ad esempio il fatto che gli Usa starebbero pianificando di continuare a sostenere l'Ucraina e di tracciare un percorso per l'adesione all'Unione europea entro il 2030. Una sorta di "compenso" per il mancato ingresso nella Nato.
Ciò che emerge di sicuro da questa prima bozza è che ci saranno due grandi scontenti: l'Ue e l'Ucraina. Gli Stati europei erano già finiti nelle invettive di Trump, che incarna le istanze di quella maggioranza di americani stanca di correre in aiuto e di inviare soldati oltreoceano. Che si difendano e si finanzino da soli: questa è la retorica del Maga. E, dunque, che si accollino la gestione e la ricostruzione materiale ed economica del Paese che li divide dalla Russia sul fianco sudorientale. Un bel grattacapo, per un'Unione che mai come in passato è attraversata da faglie e divisioni interne tra un blocco chiaramente anti-russo (Polonia, Paesi baltici e scandinavi), Paesi dichiaratamente filo-russi (Ungheria e Slovacchia) e Paesi che non disdegnerebbero un disgelo con Mosca (Germania e Francia su tutti, al netto della propaganda, ma anche l'Italia).