L'Europa chiamata al riarmo si riunisce a Londra e manda un messaggio agli Usa di Donald Trump. La difesa dell'Ucraina dopo il cessate il fuoco è però piena di incognite
di Maurizio Perriello© Ansa
Il duro scontro fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky andato in scena alla Casa Bianca ha confermato la volontà americana di appaltare il sostegno e la difesa dell'Ucraina agli Stati europei, chiamati al riarmo. Anche oltre il recinto dell'Ue, come dimostra il summit di Londra convocato dal premier britannico Keir Starmer, nel corso del quale è stato proposto un piano per "una pace giusta" in quattro punti. La sostanziale impossibilità di formare un esercito comune europeo - per via delle divisioni interne all'Ue e per la presenza stabile della Nato (cioè degli Usa) - ha spinto i leader europei a mettersi d'accordo sul futuro del continente. Nella capitale inglese, quella che è stata definita "una coalizione di volenterosi" europei si è detta disposta ad assumersi "il grosso del peso" economico e materiale del sostegno al Paese invaso, ma a patto di ritrovare in toto l'appoggio degli Stati Uniti guidati da Trump.
Il summit a 16 di Londra ha innanzitutto ribadito la vicinanza degli europei alla causa ucraina, in un momento in cui il riavvicinamento tra Usa e Russia ha disorientato l'intero sistema occidentale. In seconda battuta, si è voluto inviare un messaggio agli egemoni d'oltreoceano con un piano programmatico partorito da Regno Unito e Francia, cioè dai due Paesi che più di tutti vogliono intestarsi la guida del continente inserendosi nei vuoti annunciati da Washington. L'intento è quello di coinvolgere Kiev e magari di un paio di altri Paesi europei al momento imprecisati. Tra i leader dei 16 Paesi Ue ed extra Ue, era presente anche Giorgia Meloni.
La premessa del piano europeo consiste in un appello anticipato da Emmanuel Macron in un'intervista a Le Figaro: "una tregua di un mese" a livello di attacchi aerei, navali e contro le infrastrutture energetiche dell'Ucraina. Seguono poi quattro punti fondamentali:
Dal punto di vista tecnico, il piano non è che un programma di intenti senza sbocchi operativi. Dovrà essere sottoposto agli Stati Uniti come base per una discussione comune sulla traiettoria euroucraina. "Un passo nella giusta direzione che non vuole escludere nessuno, ma che risponde alla necessità di agire rapidamente dando vita a una coalizione di volenterosi", ha spiegato Starmer. Definizione non esattamente di buon auspicio, se si considera che venne ideata a suo tempo dall'amministrazione neocon americana di George W. Bush per etichettare quei governi disposti a seguire gli Usa (e la Gran Bretagna di Tony Blair) nell'avventura dell'invasione dell'Iraq. Anche a costo di spaccare l'Europa di allora, esattamente come oggi.
Gli Stati Uniti sono stanchi di competere su più fronti e l'elezione di Trump lo ha certificato in maniera incontrovertibile. Dopo aver pacificato e tolto dalla storia il Vecchio Continente negli ultimi 80 anni, gli americani chiedono agli europei di tornare a imbracciare il fucile. L'assenza di velleità imperalistiche e l'interdipendenza economica non avrebbero dovuto allarmare la Russia, che però si ritroverebbe soldati europei nella vicina Ucraina (come ora del resto) in veste di peacekeeper. E che, di fatto, ha già bollato questo progetto come un "atto di guerra". L'intento euroamericano al momento è dunque quello di schierare una sorta di "caschi blu europei" nel Paese invaso per mantenere la pace. "Dobbiamo riarmarci", ha rimarcato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Mentre Meloni, in sintonia con Starmer sulla necessità di preservare a ogni costo il legame transatlantico e "l'unità dell'Occidente", ha derubricato l'iniziativa anglo-francese a uno "spunto" interessante. Non senza sollevare obiezioni sull'ipotesi dei peacekeeper europei in Ucraina e insistendo sull'esigenza di un vertice d'emergenza Usa-Ue.
Resta da capire cosa chiederà l'amministrazione Trump oltre alle promesse di un maggiore impegno europeo nella ripartizione delle spese belliche in seno alla Nato. A Londra Macron ha auspicato un incremento graduale dei bilanci "europei" per la Difesa fino al 3-3,5% del Pil di ciascuno Stato. Sulla scia degli ultimi annunci britannici, anche la Francia ha aperto a un prestito di 2,7 miliardi di euro da spendere in armi per Kiev e rimborsare con i profitti di asset russi congelati. È stato rilanciato poi lo sblocco, a fini anche militari, di un fondo pubblico da 30 miliardi destinato in origine a finanziare solo infrastrutture civili. Starmer, da parte sua, ha ribadito l'intenzione di stanziare due miliardi di euro per rafforzare la difesa aerea ucraina con "5mila missili". Finora gli Stati Uniti hanno donato a Kiev 33,8 miliardi di dollari in armi e munizioni e altri 33,2 miliardi di dollari per acquistare armi americane. Gli aiuti militari europei viaggiano su livelli paritari (62 miliardi di euro).
Iniziamo col dire che il piano europeo di una forza di interposizione in Ucraina richiede almeno un cessate il fuoco. La Russia ha già affermato di essere contraria al fatto che Stati membri della Nato forniscano peacekeeper, ma sebbene non possa esercitare un veto su un territorio che non controlla, la sua opposizione esporrebbe le truppe europee a rischi. In realtà l'intenzione degli Usa è quella di coinvolgere anche attori extra-europei, perfino la Cina, nella gestione della sicurezza ucraina dopo la tregua, per due motivi principali: mostrare che la causa di Kiev non è una questione europea, o non solo almeno, e staccare la Russia dalla Cina "distraendole" entrambe. La Gran Bretagna aveva spinto affinché Washington desse un "backstop" a qualsiasi forza di stabilizzazione in Ucraina, molto probabilmente sotto forma di potenza aerea, ma Starmer non ha ottenuto un fermo impegno da Trump durante la visita alla Casa Bianca di giovedì. Il successivo scontro tra Trump e Zelensky ha però reso la prospettiva ancora meno probabile. A livello generale, gli Usa si sono sempre impegnati a garantire un ombrello di sicurezza al continente europeo mentre quest'ultimo si concentrava sullo sviluppo economico, base per la pax americana. Anche otto anni fa Trump annunciò di voler richiamare in patria migliaia di soldati americani di stanza in Europa e di voler smantellare la Nato. Non ci riuscì e vedremo se potrà riuscirci anche solo in parte stavolta.
Al di là delle esternazioni di Trump, gli Usa non abbandoneranno mai l'Europa, ancora oggi il continente più importante del pianeta e autentico cuore della globalizzazione messa in piedi dagli americani. Perché allora questa retorica così aggressiva e unilaterale nei nostri confronti? Il presidente americano si è fatto portabandiera di un sentimento da anni diffuso tra la stragrande maggioranza degli americani: l'idea che gli europei siano degli "scrocconi" che hanno goduto della protezione e del benessere statunitense senza mai pagare per questo "privilegio". Propaganda già vista in passato, anche soltanto otto anni fa con il primo mandato Trump. All'epoca però il tycoon non produsse uno smacco così potente di fronte alle telecamere come quello contro Zelensky. Il rovesciamento dei canoni diplomatici ha sconvolto l'Occidente, perché di solito tali confronti avvengono a porte chiuse. Se così non accade, è perché si vuole lanciare un messaggio chiaro. Ecco, Trump lo ha lanciato e l'Europa l'ha ricevuto.