Ucraina, strappo separatista: Putin firma il riconoscimento dell'indipendenza del Donbass
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Nel suo messaggio alla nazione dopo il riconoscimento ufficiale del Donbass, il presidente russo ha toccato alcuni punti caldi della crisi tra Mosca e Kiev
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"Togli il sangue dalle vene e versaci dell'acqua al suo posto: allora sì che non ci saranno più guerre". In giorni in cui alla guerra, senza pace, si associa la Russia, non poteva che tornare attuale la frase di uno scrittore russo che di guerra (e pace) ha parlato: Lev Tolstoj. Nella polveriera ucraina, dall'altro lato del fumo dei cannoni Vladimir Putin ha riconosciuto l'indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass con una firma e un discorso alla nazione. Si tratta di parole che oggi fanno cronaca e che domani faranno storia. Finiranno nei manuali dei posteri a corredo del capitolo sulla più grande crisi tra Grande e Piccola Russia mai registrata dalla caduta del Muro di Berlino. Ma cosa ha detto Putin? Tra riferimenti storici più o meno costruiti e vecchie ruggini, ecco l'analisi delle dichiarazioni del presidente russo. E un'ipotesi sui possibili sviluppi che attendono l'Est Europa.
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Cosa succede ora? - Innanzitutto occorre precisare che l'accordo di "mutuo soccorso", di novecentesca memoria, stretto tra Putin e Donbass è la causa di due effetti principali: uno tutto sommato contenuto, l'altro decisivo. Il primo ha un impatto pratico quasi nullo di per sé, poiché il riconoscimento di Donetsk e Lugansk, almeno per la legge russa, è un riconoscimento de iure di una realtà di fatto esistente ormai da otto anni. Il secondo effetto è invece un taglio chirurgico: la mossa di Putin mette definitivamente fine al percorso intrapreso con gli Accordi di Minsk e alla mediazione internazionale che aveva per oggetto i territori separatisti. E cosa succederà adesso? Putin ha affermato che "questa decisione che era matura da molto tempo", prima di dare l'ordine alle truppe russe di entrare nel Donbass per "assicurare la pace". È proprio questa la conseguenza più pratica e immediata del discorso di Putin: il via libera alla presenza di truppe russe nei territori di Lugansk e Donetsk per "proteggere" russi, russofoni e russofili nella regione.
Russi ucraini o ucraini russi - Definendola "priva di sovranità" perché "serva dei Paesi occidentali", Putin afferma che l'Ucraina "ha sempre rifiutato di riconoscere i legami storici con la Russia" e che "non c'è da meravigliarsi quindi per quest'ondata di nazismo e nazionalismo. Minacce permanenti sono arrivate dalle autorità ucraine per quanto riguarda l'energia. Continuavano a ricattarci sulle forniture energetiche e sono questi gli strumenti che hanno utilizzato nelle trattative con l'Occidente". Qui avviene un primo cortocircuito da falso storico, "aggravato" da un'altra frase galeotta: "l'Ucraina è stata creata dalla Russia". L'Ucraina non ha mai rifiutato di riconoscere le sue radici comuni con la Federazione Russa, ma ha anzi rivendicato più volte (con forza variabile a seconda delle epoche) il suo ruolo di "culla" della cultura Rus', nata in quel di Kiev nel Medioevo e poi diffusasi nel resto dell'Est. Culla ucraina della cultura russa, e non il contrario.
Un territorio frammentato - L'etnogenesi di questo popolo ha fornito un'identità culturale alla quale ci si è potuti aggrappare nei momenti di maggiore frammentazione. Come l'Italia pre-unitaria, infatti, anche l'Ucraina si è vista spartita tra potenze "straniere" nel corso dei secoli: Polonia, Lituania, Impero Ottomano, Impero Austroungarico e, naturalmente, Impero Russo. Quest'ultimo rappresenta però la svolta autoritaria incarnata dallo zarismo, che ha causato la definitiva rottura tra (futura) Grande Russia (Mosca) e Piccola Russia (Kiev). La caduta dei Romanov con la Rivoluzione Russa del 1917 ha in un certo senso "riavvicinato" le due entità, in cui però esisteva nettamente una sorella maggiore - anzi, una madre - e la piccolina di casa. La cultura comune, in ogni caso, non è mai stata messa in discussione da nessuna delle parti.
Un discorso da zar - Non a caso, in un altro passaggio del suo discorso, Putin ha parlato di "spazio spirituale" in riferimento all'Ucraina, che è "parte della storia russa". Per il capo del Cremlino esiste "una sola nazione russa" e l'indipendenza ucraina costituisce uno dei motivi per cui "questo sogno si è infranto". Un discorso che ricalca temi cari agli zar e che a tratti ripercorre gli stessi sentieri semantici. In questo senso il confronto con il testo del discorso di Nicola II alla Duma nel 1914 può risultare suggestivo: "Noi non difendiamo solo la dignità e l’onore del nostro paese, ma combattiamo anche per i nostri fratelli slavi, per i nostri correligionari e affini di razza. In questo momento vedo pure con piacere come si compia forte, indissolubile l'unione degli slavi alla Russia. Sono convinto che ognuno di voi sarà al suo posto per aiutarmi a superare la prova e che tutti, a cominciare da me, faremo il nostro dovere. Il Dio della Russia è grande".
Tante Russie - "Le persone che vengono da questi territori (ucraini, ndr) sono chiamati russi e ortodossi. Dal XVII secolo sono sempre stati uniti con la Russia". In questo punto si nasconde forse il falso storico più accentuato. Perché se da un lato è vero che nel Seicento quella che una parte è l’odierna Ucraina era stata annessa alla Russia, dall'altro non esisteva una sola Russia. E, per di più, altri pezzi d'Ucraina appartenevano ad altri Stati. Intorno alla fine del XV secolo vi fu un'imponente ondata immigratoria da parte di esuli e rifugiati ortodossi, genericamente definiti "kozak", "cosacchi" (parola che in turco significava "nomade" o "libero") che si riunirono in un gruppo di tribù seminomadi lungo i fiumi Don e Dnepr. In altre parole, in Ucraina. Di lì a poco quell'angolo di mondo sarebbe stato smembrato e diviso tra numerosi sciacalli. Senza nominarli tutti, bastino (a partire a fine XVI secolo): Granducato di Lituania, Moscovia (il futuro Impero Russo), khanato di Crimea, Regno d'Ungheria, Impero asburgico, Impero Ottomano, Polonia, Regno di Galizia e Lodomiria, Bucovina. Altro che una sola Russia.
"L'Ucraina dovrebbe chiamarsi repubblica di Lenin" - Questa frase, in particolare, testimonia l'intento propagandistico del messaggio di Putin, ultimo atto di un'esaltazione decennale della politica memoriale e di una didattica della Storia. Putin ha ripreso il sentimento nazionalista da sempre presente nel popolo russo e che lo stesso PCUS ha utilizzato nel corso del tempo per costruire consenso verso il regime sovietico di Stalin. Ma non di Lenin, considerato un "traditore" che ha smembrato la Grande Russia col trattato di Brest-Litovsk (che mise fine alla Prima Guerra Mondiale nel 1918) e con una rivoluzione socialista che fece crollare lo Stato. Volendo ricostruire la continuità storica della nazione russa, Putin inserisce invece Stalin tra i Capi di Stato che hanno reso grande la nazione. E lo fa richiamando implicitamente l'immagine costruita dell'eroe della "Seconda Grande guerra patriottica", come i russi chiamano e insegnano la Seconda Guerra Mondiale (la Prima fu quella contro Napoleone), e di colui che riportò la Russia a livello di grande potenza, centrale nell'ordine mondiale dopo il 1945.
L'importanza del passato - Su una cosa, però, Putin ha indiscutibilmente ragione: occorre scavare nel passato e "tornare agli antefatti" per poter intavolare un discorso serio e sensato sulla questione ucraina. Uno degli strati più superficiali di questa archeologia sociale riguarda il cuore del Novecento. "Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale alcuni territori che appartenevano alla Polonia e ad altri Paesi sono stati presi e come compensazione, per alcuni motivi, sono stati dati dalla Russia all'Ucraina. Ed è così che è nata la questione". Qui Putin si riferisce a eventi precisi, come l'annessione della Crimea all'Ucraina nel 1954, decisa dall'Urss di Krusciov per celebrare "i 300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia" (fatti coincidere con la Pace di Perejaslav). La Crimea veniva così tolta alla Federazione Russa. Il resto, come si suol dire, è storia nota.