Ucraina, la situazione dopo due anni di guerra
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A due anni dall'invasione russa, ripercorriamo un viaggio a ritroso nella storia per capire meglio perché è scoppiata questa guerra. E perché gli altri conflitti in corso nel mondo sono interconnessi
di Maurizio Perriello© Withub
Quello che credevamo un risiko si è rivelato un puzzle. La guerra mondiale a pezzi, teorizzata da Papa Francesco, si sta inesorabilmente ricomponendo. Ucraina come parte di un tutto interconnesso, segnato dalla contesa per l’egemonia globale che vede, in sostanza, Occidente contro tutti. Gaza, Mar Rosso, Africa, America Latina, Artico, Taiwan, Indo-Pacifico: fiamme e scintille che sembrano lontane, mentre tutt’intorno soffia il vento e sull'Eurasia giacciono sterpaglie. Il mondo sembra davvero tornato al 1914. O forse non è (ancora) cambiato.
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Quando si tratta di guerre, i papi spesso ci azzeccano. "L'inutile strage" con cui Papa Benedetto XV nel 1917 definì la Prima Guerra Mondiale non ha perso la sua carica di tragica attualità. Cent'anni dopo i "pezzi" del conflitto globale di matrice bergogliana hanno chiuso il cerchio, semplicemente perché descrivono un assetto geopolitico generale rimasto uguale a se stesso da oltre un secolo, in cui la lunga tregua chiamata Guerra Fredda e la pax americana ci hanno lasciato credere che le guerre non esistessero più o, peggio, che non potessero più scoppiare in Europa. Se non fossero bastate le fiamme divampate nei Balcani degli Anni Novanta, ci hanno pensato la rivolta di Euromaidan in Ucraina e il conflitto del Donbass in corso dal 2014 a svegliarci dal nostro colpevole torpore. L'invasione russa del 22 febbraio 2022 non è stato altro che la naturale prosecuzione di una tensione internazionale di lungo, lunghissimo corso, che parte dal 1918-1919 e da un modo di fare la pace attraverso la guerra.
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La guerra d'Ucraina è una guerra continentale, una guerra di eserciti e di fronti, dominata dall'industria e dalle masse (manpower). Senza profondità storica i discorsi e le previsioni sembrano sempre apocalittiche, nuove, mai viste prima. Se invece si immergono i piedi nella fonte della storia, si può scavallare la sorpresa e abbracciare la comprensione strutturale dei fenomeni. Dal punto di vista storico, questa guerra è la prosecuzione - e non sarà la conclusione - del conflitto al fronte occidentale rimasto inconcluso nel 1918-1919. Più di un secolo dopo si è infiammata nuovamente l'instabilità di quella larga frontiera chiamata Intermarium (o Trimarium), lunga 3mila chilometri, che separa l'Europa dall'Eurasia e che unisce la fascia geopolitica che va dal Baltico al Mar Nero e al Mediterraneo. La prosecuzione di tutta una serie di tregue, a cominciare da quella del 1918 per arrivare fino alla Guerra Fredda. Ma le guerre in questa fascia geostrategica non si sono mai davvero concluse, dal almeno tre secoli. Fino all'entrata in gioco degli Usa, a muovere tutto era la rivalità tra l'impero britannico e l'impero russo per il dominio dell'Eurasia, incluse Cina e India. La Russia ha però combattuto nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale dalla parte degli occidentali, alleata proprio dei rivali inglesi dopo essere stata alleata della Germania di Hitler. Il rapporto storico che la Russia intrattiene con l'Europa passa da due Paesi essenzialmente: l'Inghilterra, il nemico storico, e la Germania, altrettanto nemico ma partner obbligato dal punto di vista geopolitico.
Il conflitto in Medio Oriente tra Israele e Hamas non è scoppiato per caso, ma in un momento in cui quella parte di mondo anti-occidentale, in questo caso incarnata dall'Iran, ha voluto approfittare della stanchezza americana e della debolezza interna israeliana. L’intransigenza delle posizioni che impediscono i negoziati nelle due guerre più in vista del nostro tempo fanno emergere questioni mai davvero risolte con le fragili e inutili prove date con tregue, armistizi, trattati, promesse. La war on terror (guerra al terrorismo) americana ha destabilizzato mezzo mondo, e forse qualcosa di più. Il terrorismo è una tattica, non si può combattere. Da qui la creazione in medias res di Stati terroristi o amici dei terroristi, alle volte disegnati a tavolino nella più becera inconsapevolezza (citofonare a Iraq e Afghanistan per informazioni). Anche lontano dai deserti, ad esempio nell'Artico, salgono le tensioni tra la Nato e la "strana coppia" Russia-Cina, due mostri a una testa che la miope America ha riavvicinato, tradendo la tattica kissingeriana di aprire al più debole per contrastare il più forte (come avvenne con la Cina comunista nel 1972, in ottica anti-sovietica). Per non parlare delle tensioni in Africa e America Latina e nella stessa Europa. Il tutto in un 2024 dominato dagli appuntamenti elettorali in mezzo mondo, risvolto sportivo e grande equivoco che vorrebbe leader e sistemi politici come capaci di cambiare la rotta e la strategia strutturale di nazioni e imperi. Ma gli imperi non conoscono palingenesi, si raccontano sempre uguali a se stessi nei secoli dei secoli.
L'allargamento della Nato a Est, avvenuto nonostante la celebre e mal compresa promessa di Bush senior a Gorbaciov di non espandersi “di un solo pollice", ha spostato il centro atlantico verso la Polonia e il Baltico, in ottica antirussa. Complice anche l'insofferenza di Berlino alla volontà degli Stati Uniti, il cui più grande incubo è che Germania e Russia si tocchino. In questo senso va letta anche la distruzione del gasdotto Nord Stream e le sanzioni economiche occidentali contro Mosca. E nel medesimo senso la Germania è l’unica nazione, oltre alle due belligeranti, ad aver subìto un attacco diretto in questo conflitto. Come ha notato lo storico militare Virgilio Ilari, fin dal 2014 alcuni esponenti politici polacchi hanno definito il Nord Stream come al "gasdotto Molotov-Ribbentrop": cioè è l'equivalente del "patto diabolico" del 1939 che fu alla base della spartizione della Polonia tra Germania e Unione Sovietica e, di conseguenza, dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
A pensar male si fa peccato, ma forse il mandante della distruzione del gasdotto russo-tedesco non è così difficile da individuare. L'avversione statunitense all’infrastruttura energetica non era certo un segreto: oltre alle sanzioni contro Berlino, la Casa Bianca aveva addirittura nominato un commissario negoziatore (l'ex assistente del segretario di Stato per le risorse energetiche Amos Hochstein) contro il Nord Stream 2, e cioè contro il governo tedesco. Non capitava dalla Guerra Fredda. Appare così più comprensibile perché in Polonia, negli Stati baltici, nei Balcani (Romania e Bulgaria) e in tutti i territori compresi nell'Intermarium esiste storicamente un fortissimo timore dell'alleanza russo-tedesca. Alla quale l'Italia in realtà si è sempre agganciata, anche economicamente. Un asse ricostituito nel corso della Guerra Fredda con la famosa Ostpolitik, l'apertura a Est voluta dai governi socialdemocratici tedeschi. Questa è rimasta la stella polare della politica tedesca fino alla vigilia dell'invasione russa dell'Ucraina del febbraio 2022. A prescindere della convenienza economica, coi prezzi dei prodotti petroliferi aumentati fino alla protesta degli agricoltori che ha agitato mezza Europa, nei decenni si è consolidata la prassi dello scavalcare i Paesi dell'Europa orientale per avere un rapporto geopolitico preferenziale con la Russia.
La guerra in Ucraina va dunque inserita in una lunga competizione per l'Eurasia che vede da una parte la Russia e dall'altra prima l'Inghilterra e poi gli Usa. Ma perché proprio la Russia ha infine invaso l'Ucraina proprio nel 2022? La questione di fondo è legata all'espansione della Nato e al fatto che, dopo la fine della Guerra Fredda, prevale in Occidente l'idea della necessità di controllare militarmente la fascia dell'Intermarium. Contro le rassicurazioni iniziali, ed esclusivamente verbali, che erano state date a Gorbaciov sul non allargamento della Nato a Est. Le promesse fra imperi non vanno prese sul serio, postulava già nel Settecento Federico il Grande di Prussia, ma va comunque detto che alla base della diplomazia c'è sempre stata la credibilità della parola, molto più della formalizzazione giuridica dei patti. È la fiducia che nasce dal fatto di poter contare sulla razionalità altrui e sull'amor proprio legato alla reputazione. Tant'è vero che per quasi due secoli, a fasi alterne, Usa e Russia sono stati alleati. Dalla Guerra per l'Indipendenza di fine Settecento fino al 1941-1945, quando gli americani forniscono armi all'Unione Sovietica che consentiranno di resistere e alla fine vincere la Grande Guerra Patriottica contro la Germania nazista. Dal Dopoguerra e dalla successiva Guerra Fredda la storiografia russa nega ovviamente che questi aiuti siano stati decisivi. Quand'è dunque che comincia la rivalità russo-americana come la conosciamo ancora oggi? Nel 1946, quando gli Usa ereditano gli imperi coloniali europei, contraddizioni comprese. Il nodo vero di questa conflittualità riguardava la spartizione dell’allora debole Cina, che era sorto come problema ancora prima, nel 1895, quando il Giappone umilia il Dragone. Giappone che poi nel 1902 si allea con l'Inghilterra e che due anni dopo condurrà la prima guerra per procura della storia, quella russo-giapponese. E dalla quale nascerà quella che ancora oggi in Russia è sentita come la sconfitta più bruciante e umiliante della loro storia: Tsushima 1905. Dopo il crollo dell'URSS, la Russia ha provato a inserirsi nell'Occidente, con Putin alfiere dell’apertura a Ovest. Gli apparati americani, però, non erano d'accordo, perché a quel punto sarebbe scomparso il "cattivone" che teneva unita la futura Ue nel timore della Russia. La Nato non sarebbe più servita a nulla. Risultato finale: la Russia è stata spinta tra le braccia, o tra le fauci, del Dragone cinese. Che ha promesso di riannettere Taiwan alla nazione entro il 2049, centenario della rivoluzione maoista e della repubblica popolare.
Anche l'Indo-Pacifico rappresenta un fronte bollente, il più caldo per gli Stati Uniti e il più importante per i destini del mondo. La piccola isola di Taiwan è l'ombelico del mondo, l'avamposto che permette a Washington di impedire alla Cina di guadagnare il mare aperto per espandere la propria potenza. Attualmente e paradossalmente il fronte più "tranquillo e sicuro", rappresenta in realtà la vera miccia che potrebbe far scattare la guerra mondiale non più a pezzi. Ma le grandi potenze non sono ancora pronte e l'esito delle elezioni insulari di gennaio lo ha confermato, mantenendo lo stato sospeso dell'isola tra Cina e Usa. Nessuno è ancora pronto al grande respiro prima del salto nella grande guerra del nostro tempo. Il mondo sembra davvero quello del 1914: si continua a trattenere il fiato, sperando di non ritrovarci senza quando dovremo correre.