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È stato il primo grande conflitto "totale" a essere immortalato in fotografia e una fondamentale premessa che ha portato alla Seconda Guerra d'Indipendenza italiana. E anche oggi si configura come punto di svolta di un conflitto
di Maurizio Perriello© IPA
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Oggi la Crimea è il vero ago della bilancia del peggior conflitto scoppiato in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. Occupata e annessa unilateralmente dalla Russia da ormai dieci anni, la penisola che si allunga nel Mar Nero riveste da sempre un'importanza strategica di primo piano. Fin dai tempi dei Greci, che la colonizzarono e fondarono Chersonesus, presso l'odierna Sebastopoli, che per circa un millennio ha dato il nome al "thema" bizantino di Cherson (e da cui deriva il toponimo della non lontana città ucraina di Kherson). E fino a quella che è stata definita anche la Guerra Mondiale Zero, e cioè la Guerra di Crimea: il brutale conflitto che vide, tra il 1853 e il 1856, l'Impero russo opposto a un fronte alleato composto da Impero Ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna. Quest'ultimo non era ancora l'Italia che conosciamo noi, ma proprio la guerra combattuta (per la maggior parte) nella penisola sul Mar Nero rappresentò una tappa fondamentale verso l'Unità del nostro Paese, raggiunta qualche anno dopo con la proclamazione del Regno d'Italia. La Guerra di Crimea è stata inoltre la prima grande guerra a essere immortalata in fotografia.
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Esattamente 169 anni fa, il 10 gennaio 1855, il Regno di Sardegna accettò il trattato di alleanza franco-inglese per la guerra di Crimea contro la Russia. Il presidente del Consiglio, Camillo Benso Conte di Cavour, guarda all'intervento militare come un'occasione imperdibile per imporsi sul tavolo del gioco politico europeo. Nella penisola sul Mar Nero viene inviato un corpo di spedizione di 15mila soldati guidati dal generale Alfonso La Marmora.
Passando anche sotto il controllo di veneziani e genovesi nel Medioevo, la Crimea è poi finita nelle mane dei Tatari, che ancora oggi rappresentano quasi il 18% dell'estrazione etnica della popolazione, fino a diventare parte dell'Impero russo. Per frenare l'avanzata russa verso Costantinopoli, vecchio sogno degli zar, l'Occidente è intervenuto con una coalizione di Stati.
Oscar Wilde diceva che l'unico compito che hanno gli storici è quello di riscrivere la storia. Non una mossa di propaganda, fatta per mistificare, ma un tentativo di rispondere alle domande del presente osservando il passato. La Crimea dei tatari (gruppo etnico turco, ndr) è stata fino al 2014 una regione autonoma, fieramente e "geneticamente" anti-russa, memore del genocidio subìto nel 1944. Oggi è invece una regione molto poco ucraina e molto meno tatara per quanto riguarda il sentimento popolare, a causa della massiccia opera di russificazione portata avanti dal Cremlino dalla scuola all'amministrazione. Mosca non cederà mai la Crimea, nella retorica nazionalista considerata "un regalo" alla "piccola sorella inesistente" Ucraina, né Kiev rinuncerà a riportarla "a casa". Anche una volta finita la guerra, come ci ricorda la storia, la penisola resterà un pomo della discordia gettato in uno dei mari più strategici d'Eurasia e del mondo.
Una raccolta di immagini spettacolari mostra i paesaggi e gli eserciti di quello che può essere considerato il primo conflitto "totale" contemporaneo. Conserviamo poca memoria, oggi, della più grande guerra della storia fino a quel momento. A determinare i destini degli eserciti (e, di conseguenza, delle nazioni coinvolte) furono molti degli elementi che avrebbero caratterizzato le due guerre mondiali del XX secolo, come il ruolo strategico della propaganda, la "corsa" ai combustibili fossili e la "russofobia".
In campo scesero le grandi potenze militari dell'epoca, per un totale di quasi due milioni di combattenti mobilitati e una perdita di vite umane compresa tra 500mila e un milione. Una guerra mondiale, totale, per l'appunto. Che ci riguarda da molto vicino. L'alleanza diplomatica tra Francia e Austria, che aveva preso forma nei mesi iniziali della guerra, lasciò profondamente preoccupato Camillo Benso Conte di Cavour. Il presidente del Consiglio del Regno di Sardegna contava proprio sull'aiuto di Napoleone III per l'espansione "italiana" nella Pianura padana ai danni dei territori asburgici.
Francia e Inghilterra, però, avevano rassicurato Vienna sul fatto che non avrebbero consentito alcun colpo di mano dell'esercito sardo in Lombardia mentre le truppe austriache erano occupate in Valacchia e Moldavia. Per rompere questo pericoloso asse diplomatico e per presentare la questione italiana in un consesso internazionale vantaggioso, Cavour decise di entrare direttamente in guerra al fianco degli alleati, nonostante lo sfavore dell'opinione pubblica contraria a un'iniziativa militare completamente estranea agli interessi sabaudi.
Il corpo di spedizione di bersaglieri inviati dal governo di Torino approdò in Crimea nel maggio 1855. Alla sua guida il generale Alfonso La Marmora. Con lui c'era anche il fratello Alessandro, generale e fondatore dei bersaglieri. Il conflitto era scoppiato per il controllo e la gestione dei luoghi santi della cristianità in Palestina, parte dell'Impero Ottomano, ma finì col rivelare ben presto il suo carattere di lotta per l'egemonia territoriale e politica. La battaglia decisiva fu quella di Sebastopoli. La caduta della principale base navale russa del Mar Nero spianò la strada alla vittoria alleata.
Allo zar Alessandro II non restò altro che la resa. La questione centrale che aveva determinato il conflitto, cioè l'agibilità del Mar Nero, venne risolta rendendo lo specchio d'acqua neutrale. Il Regno di Sardegna, pur non guadagnando ovviamente alcun territorio, ottenne proprio ciò che voleva: un significativo vantaggio politico e diplomatico. L'invio del contingente sardo a Sebastopoli si rivelò cruciale nella tessitura delle relazioni diplomatiche con la Francia imperiale, aprendo la strada a un'alleanza che si sarebbe rivelata determinante per la seconda guerra d'indipendenza. E, dunque, anche per la formazione del Regno d'Italia.
Ormai le spiagge della Crimea, un tempo attrazioni turistiche dal clima mediterraneo, sono diventate delle fortificazioni. Tutti i possibili punti di contatto fra le forze russe e ucraine sono stati dotati di barriere anticarro su più linee, che precedono un reticolo di trincee. Confrontando centinaia di foto satellitari, gli analisti britannici hanno ridisegnato la cartina della penisola: la concentrazione di posizioni fortificate è altissima lungo la linea del fronte del Donbass e delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, ma anche lungo la costa occidentale della Crimea, quella che affaccia sul Mar Nero dal lato di Odessa. La seconda linea difensiva corre al confine fra Crimea e le regioni ucraine occupate. In particolare, Sulla costa occidentale della penisola di Crimea, le spiagge mostrano sul bagnasciuga due linee di "denti di drago", una sorta di piramidi in cemento armato che, come i vecchi cavalli di Frisia, formano una prima barriera contro l'eventuale sbarco di mezzi corazzati, mentre il bordo della spiaggia è solcato da una profonda trincea a zig-zag, che consente di sparare sugli invasori da più direzioni. La trincea, che è rinforzata da palizzate in legno, di cui si vedono delle cataste, è punteggiata di bunker, di nidi di mitragliatrice e di armi anticarro. Nelle ultime settimane gli attacchi ucraini sulla penisola occupata dai russi si sono intensificati. È qui che si deciderà gran parte della guerra.