Per Ursula von der Leyen l'offensiva commerciale ridurrà la capacità del Cremlino di finanziare "la sua macchina da guerra"
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La strigliata del presidente ucraino Volodymyr Zelensky colpisce nel segno. La scure dell'Europa si abbatte sui carichi di grano provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia per la prima volta dall'inizio dell'aggressione di Mosca in Ucraina. Un'offensiva commerciale che, nelle parole di Ursula von der Leyen, ridurrà la capacità del Cremlino di finanziare "la sua macchina da guerra". Offrendo anche nuovo sostegno alle istanze degli agricoltori del Vecchio Continente che anche i leader dei Ventisette, con le elezioni ormai alle porte, sono decisi a suffragare.
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Oltre alla richiesta di non fermarsi sulla riforma della Pac, i tagli alla burocrazia e la tutela della concorrenza, nelle conclusioni finali del vertice Ue finisce la richiesta di estendere il quadro straordinario sugli aiuti di Stato per garantire finanziamenti al mondo agricolo. Un riferimento visto dalla premier Giorgia Meloni come "un importantissimo passo in avanti" ottenuto "grazie all'impulso italiano".
Invocati per primi dai Baltici e poi dai Visegrad - guidati dalla Polonia -, dove le barricate dei trattori vanno avanti da mesi, i dazi sui cereali russi sono planati sul tavolo dei leader Ue all'indomani delle nette critiche avanzate da Zelensky. La proposta messa a punto dalla squadra di von der Leyen prevede tariffe a 95 euro per tonnellata, oppure al 50% del valore di cereali, semi oleosi e prodotti derivati come il grano duro, il mais e la farina di girasole. Una stangata alle importazioni russe che hanno raggiunto il livello record di 4 milioni di tonnellate nel 2023, pari tuttavia soltanto all'1% del consumo europeo. E che Mosca, per bocca del portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha accolto avvertendo a sua volta che a soffrirne saranno "i consumatori europei" e ostentando tranquillità circa le "molte rotte alternative" verso cui dirottare le proprie forniture. Rotte su cui anche l'Europa fa affidamento volgendo lo sguardo a Stati Uniti, America Latina, Serbia e Ucraina.
Anche se è proprio il granaio ucraino a essere al centro di una disputa che rischia di rappresentare una contraddizione rispetto ai proclama di sostegno incondizionato a Kiev: la proposta di Bruxelles di introdurre clausole di salvaguardia per i suoi agricoltori sull'ingresso a dazio zero dei cereali ucraini - sancito nel giugno 2022 - ha alimentato le proteste nei Paesi confinanti. E ora, in vista del via libera degli ambasciatori dei Paesi Ue, Parigi e Varsavia chiedono limiti più stringenti.
A fare la parte da leone nel soddisfare la domanda di grano continentale saranno comunque gli agricoltori europei. I lavori su "tutte le possibili misure a breve e medio termine" a favore del comparto, è l'appello congiunto dei leader Ue, devono essere portati avanti "senza indugio" con l'obiettivo di "rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare" e "garantire un reddito equo". Tutte misure necessarie, nella visione di Meloni, a rispondere a un settore che attraversa una "crisi sistemica" davanti alla quale la Pac deve essere "adattata".
Il quadro a maglie più larghe sugli aiuti di Stato per sostenere le aziende europee adottato a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina, nella richiesta dei Ventisette, dovrebbe essere prorogato oltre la scadenza del 30 giugno. Un riferimento a coronamento di un vertice "più che positivo" anche per Confagricoltura e Coldiretti. Ora la palla passa nelle mani di Palazzo Berlaymont. Mentre la proposta sui dazi russi dovrà essere adottata dai ministri Ue - attesi a Bruxelles il 26 marzo - a maggioranza qualificata.