Ue, i più recenti presidenti di Commissione
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L'astensione del premier italiano sul bis dell'ex ministra tedesca alla guida della Commissione lascia uno spiraglio di dialogo per trattare le deleghe pesanti
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La partita a Bruxelles è sempre più complessa, ma i giochi non sono chiusi. Per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione uscente e in pectore allo stesso tempo, inizia la fase dei negoziati per la sua rielezione. A separarla dalla rielezione c'è solo il voto della Plenaria dell'Eurocamera, ma la trattativa non sarà facile, anche perché lo strappo dell'Italia al summit Ue è destinato a rafforzare la trincea anti-destre di Socialisti e Liberali. L'obiettivo, per Ursula, resta lo stesso: blindare la sua conferma e disinnescare i franchi tiratori senza snaturare il mandato che si appresta ad
iniziare.
Con il gruppo S&D e quello Renew, von der Leyen ha già parlato. Entrambi le hanno spiegato che la linea rossa è l'alleanza con Ecr: in quel caso il loro voto favorevole verrà a mancare. I due gruppi si muovono partendo da posizioni diverse: il socialista Antonio Costa, comunque vadano le cose, sarà presidente del Consiglio europeo. Il destino della liberale Kaja Kalla è al momento legato, invece, a quello di von der Leyen. Né i Socialisti né i Liberali hanno intenzione di tendere una trappola a von der Leyen. Anzi, nei giorni scorsi si sarebbe mosso Olaf Scholz in prima persona, con Manfred Weber, per spiegarli di non spingere il Ppe ad alzare troppo la posta perché in tal modo avrebbe messo a rischio la sua Spitzenkandidat.
Il trend non è cambiato. Una netta apertura a Ecr troverebbe il cancelliere tedesco altrettanto nettamente contrario. Una parte dei Socialisti, poi, spingerà ulteriormente per allargare il dialogo ai Verdi. Si tratta di una strada che non entusiasma Weber, e sulla quale Antonio Tajani ha più volte ribadito la sua contrarierà. Tuttavia, i due no e l'astensione messi sul tavolo da Meloni ai top jobs hanno inevitabilmente ristretto i margini di manovra di Fi, ovvero dell'unica forza nel governo italiano a stare nel Ppe.
Gruppi, delegazioni, ma anche singoli eurodeputati. Von der Leyen, fedele alla tradizione teutonica, andrà dritta per la sua strada. Chiederà il voto per il suo bis, cercando di bilanciare il programma che si appresta a compilare. Parallelamente entreranno nel vivo le trattative per le deleghe nella futura Commissione. Von der Leyen non vuole un secondo mandato in continuità: chi già era commissario avrà un portafoglio, gli stessi titoli e spazi delle deleghe saranno cambiati. La corsa ai vicepresidenti esecutivi è per pochi ma è serrata: Italia, Francia, Spagna e Polonia sono in partita. Difficile, tuttavia, che uno dei portafogli economici non vada a un falco del Nord.
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Lo strappo di Meloni, apparentemente, è stato già assorbito dal gotha comunitario. In Ue, la presidente del Consiglio ha votato contro Kaja Kallas per il ruolo di Alto rappresentante e contro Antonio Costa per la presidenza del Consiglio europeo. Ma si è astenuta sulla conferma di Ursula von der Leyen alla guida della commissione, lasciando così spiragli di dialogo per la partita dei commissari.
Per portare a casa il risultato, sarà fondamentale l'esito della trattativa proprio con von del Leyen. L'obiettivo - si ragiona in alcuni settori della maggioranza - sarebbe ottenere per l'Italia una vicepresidenza della commissione e una delega di peso. In primis, una legata alla supervisione del Pnrr. Un risultato ritenuto comunque molto difficile da raggiungere: per questo si parla anche di una delega sulla coesione o che abbia comunque un aggancio col Pnrr. Tra i nomi dei candidati continua a circolare quello del ministro Raffaele Fitto, la cui delega di governo in Italia, qualora dovesse trasferirsi a Bruxelles, eventualmente potrebbe passare alla premier con un interim.