Il difensore punta il dito contro le false testimonianze e accusa il latitante "El Mayo". Ora la parola alla giuria. Rischia la pena di morte
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Una farsa. Così l'avvocato di Joaquin "El Chapo" Guzman ha definito il processo in corso da tre mesi a New York. Con grande veemenza, nell'arringa conclusiva, l'avvocato del narcotrafficante più famigerato al mondo, ha accusato Isamel Zambada, detto "El Mayo", di essere il vero capo del potente cartello di Sinaloa.
Secondo l'avvocato, "El Mayo" - 70 anni e ancora in fuga nonostante una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura -, e non "El Chapo", avrebbe pagato 100 milioni di dollari in tangenti all'ex presidente messicano Enrique Peña Nieto. "Questo processo", ha concluso, "ha un solo obiettivo: incastrare El Chapo". I giudici decideranno da lunedì. Basteranno le prove di corruzione e di false testimonianze a salvare "El chapo" dal carcere a vita?