Usa, una donna paralizzata recupera la parola dopo un ictus grazie all'AI e un avatar
© UC San Francisco (UCSF)
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L'esperimento delle università di Stanford e Berkley è stato pubblicato sulla rivista Nature. L'impianto di alcuni elettrodi nel cervello permette di decodificare i segnali cerebrali
Un nuovo importante successo, raggiunto dall'intelligenza artificiale, ha permesso di restituire la voce ad una donna con una grave paralisi. Lo raccontano, sulle pagine della rivista scientifica Nature i ricercatori dell'Università della California a San Francisco e Berkeley che, sviluppando una nuova interfaccia cervello-computer (Bci), hanno permesso alla donna di tornare a parlare attraverso un avatar digitale.
È la prima volta al mondo che il linguaggio e le espressioni facciali vengono tradotti a partire da segnali cerebrali.
© UC San Francisco (UCSF)
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Quasi 20 anni fa Ann Johnson, che all'epoca aveva 30 anni, ha avuto un ictus che l'ha lasciata paralizzata e le ha tolto la capacità di parlare. Ora, in quella che è considerata una pietra miliare della neuroscienza e dell'intelligenza artificiale, la sua attività cerebrale viene tradotta in parole pronunciate da un avatar. Come riporta il New York Times, la ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, dimostra che per la prima volta le parole pronunciate e le espressioni facciali sono state sintetizzate direttamente dai segnali cerebrali, e gli scienziati parlano di un notevole progresso nell'aiutare lei e altri pazienti a parlare di nuovo. Gli elettrodi - spiegano - hanno decodificato i suoi segnali cerebrali mentre lei cercava silenziosamente di pronunciare delle frasi. La tecnologia ha poi convertito tali segnali in linguaggio scritto e vocale e ha consentito a un avatar sullo schermo di un computer di pronunciare le parole e mostrare sorrisi e altre espressioni.
Johnson ha scelto l'avatar, un volto che le somigliava, e i ricercatori hanno utilizzato il brindisi del suo matrimonio per sviluppare la voce. "Stiamo solo cercando di ripristinare chi sono le persone", ha detto il capo del team Edward Chang, direttore di chirurgia neurologica presso l’Università della California, a San Francisco. "Mi ha fatto sentire di nuovo una persona completa", ha scritto invece Johnson, che ora ha 48 anni. L'obiettivo degli scienziati è aiutare i soggetti che non possono parlare a causa di ictus o malattie come la paralisi cerebrale e la sclerosi laterale amiotrofica: per funzionare, l'impianto deve essere collegato tramite un cavo dalla testa a un computer, anche se gli esperti stanno sviluppando versioni wireless. E alla fine, i ricercatori sperano che le persone che hanno perso la parola potranno conversare in tempo reale attraverso immagini computerizzate di se stesse che trasmettono tono, inflessione della voce ed emozioni come gioia e rabbia.