La Commissione Affari Giudiziari approva i capi d’imputazione e rimanda il presidente americano alla Camera, che voterà il 18 dicembre
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Donald Trump è a un passo dall'impeachment. Con il voto della Commissione Giustizia della Camera, che ha formalizzato le accuse di abuso di potere e ostruzione al Congresso, il tycoon si avvia a diventare il terzo presidente americano a essere incriminato per gravi reati contro la Costituzione. "Non è giusto che io venga messo in stato d'accusa, i democratici sono diventati il partito dell'odio. Sono un male per il Paese", ha dichiarato Trump.
L'atto finale è fissato per il 18 dicembre, quando a votare sarà l'aula della Camera a maggioranza democratica. Poi, salvo clamorose sorprese, a inizio gennaio partirà il processo davanti al Senato.
"Siamo di fronte a una farsa", denuncia la Casa Bianca, ribadendo come tutta la vicenda dell'Ucrainagate sia una montatura politica messa in piedi dai democratici per far cadere il presidente. Trump, pur parlando di "situazione surreale e fuori controllo" e di "vergogna nazionale", ostenta tuttavia sicurezza, giocando la carta dell'accordo con la Cina proprio nel giorno finora più drammatico del suo mandato. E sperando in un "effetto BoJo" per la sua rielezione del 2020: la valanga di voti presi da Boris Johnson potrebbe infatti avere un impatto ben oltre i confini del Regno Unito.
Il partito repubblicano "è più unito che mai e l'approvazione nei miei confronti al suo interno è al 95%: un record", ha twittato il tycoon. Questo significa che nell'aula del Senato, a maggioranza repubblicana, non dovrebbero esserci sorprese. A confortarlo ci sono le parole del leader dei senatori conservatori, Mitch McConnell: "Tutti sappiamo come andrà a finire. Non c'è alcuna chance che il presidente Trump venga rimosso dal suo incarico".
La compattezza del fronte repubblicano è emersa anche durante l'interminabile maratona di 15 ore alla commissione Giustizia della Camera, che ha approvato i due articoli che contengono le accuse a Trump con il solo sì dei democratici: nessuna defezione, insomma, tra i parlamentari del Grand Old Party.
I prossimi passi Manca ancora un timing ufficiale per i lavori dell'aula la prossima settimana, ma l'inizio del dibattito per arrivare al voto finale dovrebbe essere calendarizzato per mercoledì 18. Per mettere il presidente formalmente in stato di accusa basta la maggioranza semplice, mentre al termine del processo in Senato la maggioranza richiesta è quella dei due terzi.
I precedenti Con Trump sono quattro i presidenti della storia degli Stati Uniti per i quali all'aula della Camera è stato chiesto di votare l'impeachment. I precedenti sono quelli di Andrew Johnson nel 1868, che venne assolto, Richard Nixon nel 1974, che si dimise prima del voto, e Bill Clinton nel 1998, che fu messo in stato di accusa e fu poi assolto in Senato.
Il caso Ucrainagate Le accuse di abuso di potere e ostruzione al Congresso sono riferite alle pressioni che Donald Trump avrebbe esercitato sull'Ucraina per convincere il neo presidente Volodymyr Zelensky ad avviare indagini sia sulle attività del figlio di Joe Biden nel Paese sia sulle presunte interferenze di Kiev nelle elezioni americane del 2016, per il tycoon volte a favorire Hillary Clinton. Solo così, secondo l'accusa, il tycoon avrebbe permesso di sbloccare 400 miliardi di dollari di aiuti militari a Kiev e invitato Zekensky alla Casa Bianca.