Il termine per rimediare, contenuto nella lettera inviata il 19 marzo da Bruxelles all'azienda, è scaduto l'8 aprile. Nel testo della missiva si ricostruiscono le violazioni
La lettera dell'Europa ad AstraZeneca, annunciata il 18 marzo, conteneva un ultimatum che è scaduto tre giorni fa. Perché la missiva, inviata all'azienda il 19 marzo, chiedeva "formalmente" e dava "preavviso di porre rimedio alle sostanziali violazioni contrattuali entro venti giorni da questa lettera" chiedendo di "recuperare senza ulteriori ritardi sull’arretrato nella produzione e consegna delle dosi e di mitigare qualunque danno causato".
Il testo, che finora era rimasto secretato, è stato in parte pubblicato per la prima volta due giorni fa sul principale quotidiano economico francese, Les Echos, e quindi ripreso dal Corriere della Sera: nella lettera, lunga e articolata (ben 6 pagine) Bruxelles sottolinea che "a seguito di un’analisi dettagliata di tutte le informazioni siamo giunti alla conclusione che AstraZeneca ha violato e continua a violare le sue obbligazioni contrattuali sulla produzione e la fornitura delle 300 milioni di dosi iniziali per l’Europa" e "che la sostanziale violazione dell’accordo di acquisto da parte della vostra azienda può portare a conseguenze drammatiche per la vita, la salute e la libertà di milioni di cittadini europei nella crisi Covid-19".
La lettera rileva anche come le violazioni siano diverse, a partire dal fatto che l'azienda abbia incassato in estate un anticipo (227 milioni di euro) sulla base di impegni poi non rispettati, tanto che in autunno l'Ue si è rifiutata di versare la seconda tranche (112 milioni), e proseguendo con il fatto che AstraZeneca (pur garantendo il contrario nel contratto con l'Europa) avrebbe promesso la stessa fornitura a più committenti e avrebbe ritardato per motivi non chiari la richiesta di autorizzazione all'Ema.
Secondo l'Europa, poi, AstraZeneca non avrebbe nemmeno compiuto quel "massimo sforzo" previsto contrattualmente per rispettare le consegne: le dosi da fornire dovevano essere fra 30 e 40 milioni entro la fine del 2020, fra 80 e 100 milioni nel primo trimestre 2021 e il resto, fino ad arrivare a 300 milioni di dosi totali, entro la fine di giugno. A fine marzo, invece, erano state fornire solo poco più di 30 milioni di dosi, cioè un quarto dell'impegno assunto. Una circostanza che per Bruxelles non si può addebitare solo al fatto che alcuni lotti di produzione siano risultati inutilizzabili.
Il sospetto dell'Europa, riscostruisce il Corriere, è invece che parti delle dosi destinate all'Europa sia invece stata "dirottata" verso la Gran Bretagna: l'azienda stessa ha del resto fatto sapere che le dosi prodotte sul suolo inglese sono state date a Londra (anche se contrattualmente dovevano essere fornite all'Ue). E questa, secondo Bruxelles, è "una confessione che AstraZeneca ha violato i suoi obblighi" perché ha "assunto impegni in conflitto fra loro che materialmente impediscono l’attuazione del contratto".
Resta il fatto che l'ultimatum contenuto nella lettera è scaduto tre giorni fa, l'8 aprile. Ma finora non risulta che le conseguenze minacciate abbiamo avuto alcun effetto.
© IPA
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