La comunità scientifica, per non rischiare accuse di razzismo, avrebbe preferito non andare a fondo della questione
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Alina Chan, una dei 18 scienziati firmatari della lettera in cui viene chiesto di tornare a indagare sulle origini del Sars-Cov-2, non ha dichiarato che il virus sia sicuramente sfuggito dal laboratorio cinese di Wuhan, ma ha avanzato un sospetto condiviso ora da molti. A inizio pandemia, il fatto che alla guida degli Stati Uniti ci fosse Donald Trump, che politicamente aveva più volte attaccato la Cina e, allo scoppio della pandemia in Occidente, puntò il dito contro Pechino, avrebbe condizionato la comunità scientifica. Che, per non rischiare l'accusa di razzismo e collusione con il presidente americano, preferì non andare a fondo della questione.
"So che il mondo intero ora è a caccia di una pistola fumante su Wuhan" - ha dichiarato la Chan, che è docente associata al MIT, l'Istituto di Tecnologia del Massachusetts, "ma siamo invece in presenza di briciole sparse sul pavimento".
La scienziata sostiene che alcuni colleghi, allo scoppio della pandemia, erano in subbuglio. Il timore era che le loro parole venissero fraintese o usate per supportare pregiudizi. Trump soffiava sul fuoco e accusava direttamente l'Istituto di Virologia di Wuhan di essere collegato alla diffusione del Coronavirus nel mondo. In numerose occasioni usò l'espressione "Kung flu" per parlare del Coronavirus ("flu" in inglese significa "influenza").
"All'epoca, faceva paura essere associati a Trump e diventare un potenziale strumento di razzismo, quindi nessuno voleva uscire allo scoperto con una richiesta formale di investigare sulle origini in laboratorio" - ha detto la Chan.
Oggi, dopo il cambio della guardia alla Casa Bianca e con la guida di Joe Biden, più studiosi sono inclini a prendere in considerazione possibili teorie, senza escluderne alcuna.