"manca l'accesso all'acqua potabile"

Yemen, un milione di persone col colera La reporter: "Situazione disperata"

Laura Silvia Battaglia, giornalista che ha fatto dello Yemen la propria seconda casa, spiega a Tgcom24 come si sia arrivati ad un tale contagio

di Leonardo Cavallo
21 Dic 2017 - 20:25
 © ansa

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Un milione di persone in Yemen ha contratto il colera. La Croce Rossa Internazionale denuncia anche come l'80% della popolazione viva senza acqua pulita, cibo e assistenza medica. "A causa della lunga guerra in corso, ci sono montagne di spazzatura perché nessuno passa più a raccoglierla e nemmeno a bruciarla, le fogne in molte zone hanno contaminato i pozzi e le persone non hanno più accesso all'acqua potabile". A dirlo è Laura Silvia Battaglia, reporter di guerra che da anni si reca in Yemen.

Qual è la situazione nel Paese?
E' disperata: in alcune aree del Paese ci sono persone che non riescono nemmeno ad arrivare in ospedale, perché non hanno il gasolio per le macchine. La situazione più grave non è nemmeno quella delle persone ferite nel conflitto, ma quella di chi è affetto da malattie croniche o anche quella delle donne che devono semplicemente partorire. Muoiono o perdono il bambino per una piccola complicanza, che normalmente si risolvibile con un piccolo cesareo. Persone bisognose di dialisi che devono pagarsela da soli perché non esiste più un servizio ospedaliero gratuito. Sta dilagando anche la difterite. Ho visto persone malate di tumore che non hanno accesso ai medicinali necessari e sono bivaccate nei cortili degli ospedali. Anche i bambini stanno lì coi loro corpi deformati da linfomi e rigonfiamenti. Tanti sono come in un "limbo" in cui nessuno sa dire loro cosa devono fare e anche quelli che potrebbero salvarsi con delle cure all'estero sono bloccati all'interno del Paese perché da lì non si può uscire. Anche i medici non possono agire perché non hanno né strutture né medicine adeguate.

Come si è arrivati a questa situazione?
Gli aiuti umanitari non vengono più recapitati dove dovrebbero. Da una parte, i Sauditi e i loro alleati ne permettevano l'ingresso con il contagocce fino al 9 novembre. Quel giorno hanno imposto il blocco a tutti gli aeroporti, valichi di terra e porti, tranne il porto di Aden. La situazione, di conseguenza, è precipitata. Dall'altra parte, anche quando i pochi beni riescono ad essere recapitati nelle zone del nord, i ribelli che controllano questi luoghi bloccano gli aiuti umanitari perché provengono dalle Nazioni unite, cioè quelli che loro considerano nemici. Quindi il problema sanitario ha una matrice politica.

Come mai i ribelli del nord agiscono contro la propria popolazione?
Hanno come unico obiettivo quello di essere i sovrani del nord, perché sono originari dell'area e vogliono vedere finalmente riconosciuta la loro autonomia. Di fatto sono delle milizie e non agiscono come un soggetto politico che abbia un'idea sul lungo periodo. Gli Huthi sono come i Taliban dell'Afghanistan, ma peggio, perché non hanno alcuna visione politica sul lungo periodo. Molte delle azioni che portano avanti, quindi, non sono strategiche o calcolate, ma semplicemente determinate da necessità contingenti. I signori della guerra non muoiono, sono quelli che trattengono i denari e che gestiscono i mercati neri di qualsiasi cosa.

Come mai non si riesce a portare avanti una mediazione o almeno aggirare questo blocco?
Entrambi gli schieramenti hanno le proprie responsabilità e non c'è nessuno che faccia nulla perché la pace ritorni; non c'è questo interesse. Non ci si riesce perché ormai i tempi delle contrattazioni sono finiti. Ci sono state una tavola rotonda a Ginevra e due in Kuwait, ma non hanno portato a niente perché i soggetti che venivano invitati non erano coloro i quali hanno un reale controllo del territorio. Molti dei partecipanti a queste discussioni sono politici yemeniti che vivono da anni fuori dal Paese, mentre di fatto i veri interlocutori erano assenti da questi colloqui di pace. Uno che aveva un reale peso in questa guerra era l'ex presidente Saleh, che è stato ucciso. Egli aveva governato per 33 anni e su di lui si puntava per cercare una mediazione, ma non è stato possibile.

Esiste la speranza di una via d'uscita?
Allo stato attuale dei fatti l'unica soluzione è la peggiore, cioè la fine della guerra nel modo peggiore possibile. I sauditi si stanno già preparando ad entrare militarmente dentro al Paese e, una volta che riusciranno ad arrivare a Sana'a, avranno ripreso il Paese e lo ridaranno in mano al governo centrale. Non vedo soluzioni diplomatiche o pacifiche perché di fatto nessuno le vuole. L'azione dell'esercito degli emirati sul terreno non sarà facile perché i ribelli Huthi sono dei veri guerrieri che hanno il controllo logistico del territorio e le tribù dalla loro parte.

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