LʼItalia dellʼauto torna a vincere
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La settimana dei motori con lo stop delle attività Renault in Russia, il boom delle gigafactory in Europa e la Ferrari che vince
Bisogna dare atto a Luca De Meo, presidente e Ceo del gruppo Renault, della decisione di sospendere le attività produttive in Russia. Non è stato facile, perché il gruppo che il manager milanese guida comprende Nissan, Mitsubishi e anche AvtoVaz, la principale Casa automobilistica russa, quella che produce le Lada.
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Renault è lʼunico costruttore straniero, insieme a Hyundai, a produrre volumi ingenti di veicoli (400/500 mila lʼanno), e non certo per esportarli ma per il mercato interno russo. Per gli altri è stato più semplice: Volkswagen, Mercedes, Bmw, Stellantis producono volumi minimi e hanno sospeso i commerci, roba che se finisse la guerra, tutto tornerebbe subito come prima. Renault-AvtoVaz invece ha 45 mila addetti e la sospensione gli costerà questʼanno un punto di margine operativo (dal 4 al 3%). Un prezzo che il manager italiano ha scelto di pagare per ragioni non finanziarie e dimostrando, con una molto libera interpretazione di Von Clausewitz, che lʼeconomia è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Un monito per dire anche che il materialismo spiega sì molto, ma non tutto della Storia. Chapeau monsieur Lucà!
La benzina è calata, il gasolio pure. Ce ne siamo accorti tutti martedì sera, uno zac deciso ai prezzi alla pompa. Lʼaccisa mobile introdotta dal governo Draghi funziona, lʼErario perderà un miliardo di euro ma lʼextra gettito da IVA gli aveva regalato in pochi giorni oltre 200 milioni. Tra un mese poi la misura rientrerà, si spera anche la guerra in Ucraina, e di accise si tornerà a parlare con le prossime, future crisi. Sì perché le crisi petrolifere sono una costante degli ultimi 50 anni, il primo shock a metà anni 70 è ancora presente nella memoria dei nostri padri: le domeniche a piedi, le targhe alterne, le città che spegnevano i lampioni e la Rai che spegneva la TV alle 23 (cʼera solo lei allʼepoca). Il Club di Roma che ammoniva il mondo sullʼesaurimento dei carburanti fossili. Poi ci sono state altre crisi, il Medio Oriente in fibrillazione, altre guerre. Insomma, è il momento di fare qualcosa! Non è che la via dʼuscita ‒ la butto lì giusto per dire la mia ‒ è quella di rendersi meno dipendenti dal petrolio? Lʼeconomia dellʼidrogeno, le fonti dʼenergia rinnovabili, lʼauto elettrica, qualcuno ci ha mai pensato? Sìì. Ah beh, prendo atto! Mondo, scusa il ritardo!
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Lʼauto elettrica fa passi da… Gigante ‒ Da Berlino a Valencia, via Termoli. Non per ingigantire i fatti (vecchio vizio del giornalismo), ma il futuro della mobilità elettrica passa per qualcosa di davvero grande: la produzione di gigabyte. Dove si producono? Nelle Gigafactory, le nuove entità industriali che daranno respiro a molti territori. Soltanto questa settimana si annoverano tre notizie di rilievo: prima Tesla che nel Brandeburgo, a pochi chilometri da Berlino, ha inaugurato uno stabilimento con 12.000 lavoratori per produrre batterie, motori elettrici e mezzo milione di Model Y (a pieno regime). Un colosso con capacità fino a 50 GWh lʼanno e una sfida ai tedeschi a casa loro. Per rispondere Volkswagen è scesa in Spagna, a Valencia, annunciando con Seat una Gigafactory da 40 GWh. Vi saranno investiti 7 miliardi di euro e impiegati 3.000 addetti, apertura prevista nel 2026. E poi cʼè lʼItalia, con Stellantis che a Termoli, in Molise, insedierà la sua futura Gigafactory da 120 GWh! Lo farà con la società Automotive Cells Company (ACC) e un nuovo intrigante partner, Mercedes-Benz, oltre al colosso dellʼenergia TotalEnergies/Saft. Insomma, prepariamo i cavi e aggiorniamo i contatori: a breve guideremo tutti le “gigacars”.
Doppietta e Tripletta ‒ Lʼentusiasmo del trionfo Ferrari in Bahrain è ancora vivo. La doppietta nel primo gran premio della stagione di F1 ha risvegliato il sopitissimo fervore dei tifosi italiani. Leclerc ha poi messo a segno il suo personale triplete: pole position, vittoria in gara e giro più veloce. Gli inglesi lo chiamano “hat trick”, letteralmente il “trucco del cappello”, perché stupisce tutti. Da noi la traduzione più corretta sarebbe “estrarre il coniglio dal cilindro”. E Ferrari lʼha estratto davvero se solo guardiamo al finale della stagione scorsa, producendo anche un sussulto di orgoglioso made in Italy automobilistico. Vincere aiuta a vincere, dice un adagio, e così nel giro di 48 ore lʼauto italiana ha gonfiato il petto: prima Alfa Romeo ‒ che in Bahrain ha ottenuto un ottimo risultato ‒ ha lanciato lʼedizione speciale del Suv Tonale; poi Maserati ha tolto i veli allʼaltro Suv Grecale; infine proprio da Ferrari è arrivata unʼimmagine ufficiale della Purosangue davanti. Come a dire al mondo: “ecco le macchine che sappiamo fare!”. Sarebbe quasi il caso di approfittare del momento e produrre quante più auto nuove possibili, di tutte le categorie, per stupire tutti. Il cavallino dal cilindro!
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