Nella Settimana dei motori anche lʼUniversità per donne pilota di Ford
“Non guidare, ricordati che devi bere!”, amava dire Gianni Mura. Il geniale aforisma di un maestro di giornalismo (che non guidava…) sembra attagliarsi alla perfezione allʼevento che Peugeot ha organizzato in quel di Bassano del Grappa per farci provare la gamma 308. La nuova distilleria Nardini ‒ Le Bolle progettate da Fuksas ‒ e il bistrò Garage Nardini le location giuste per chi, non dovendo più guidare, ha potuto gustare appieno dei sapori della più antica e famosa grapperia dʼItalia.
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Non è un caso che Peugeot abbia scelto questʼangolo del vicentino per la Nuova 308 (a proposito, domani vi proporremo la prova della SW ibrida), perché è qui che fu acquistata la prima automobile in Italia. Era una Peugeot Type 3, un modello 4 posti vis-a-vis che fu comprato da Gaetano Rossi, imprenditore di Piovene Rocchette che la utilizzava per curare i suoi affari nella provincia di Vicenza. La ordinò il 30 agosto 1892 e gli fu consegnata il 2 gennaio 1893, la distilleria Nardini esisteva già da oltre un secolo. Fu fondata nel 1779 e aveva sede sul ponte di Bassano, per la vicinanza al fiume Brenta, allʼacqua, fondamentale per una distilleria. Ma chissà se è per lʼacqua che “ci darem la mano e un basin dʼamor”.
Ford W University (dove W sta per Women, ma anche per Viva Ford!) ‒ “Non possiamo vincere la corsa senza iniziarla”. La corsa è quella della parità di genere nei due mondi del racing e degli eSports, e la frase è di Fabrizio Faltoni, presidente e A.D. di Ford Italia, consapevole che se le donne sui circuiti sono poche non è per mancanza di passione, ma semplicemente di opportunità. Ecco allora, insieme allʼAutodromo di Monza, scendere in pista la Ford Driving University e il Team Fordzilla, che hanno permesso a 24 donne di partecipare al training per pilote professioniste. Tre sessioni di prove al volante di Mustang Mach-E, poi al simulatore per proseguire una formazione che lega, naturalmente, lʼaltra metà del cielo alle quattro ruote. Dopotutto, scriveva DʼAnnunzio in una celebre lettera al senatore Giovanni Agnelli che gli aveva donato una cabriolet: “lʼAutomobile è femmina. Ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice”.
Auto elettrica, chi salvaguarda i posti di lavoro? ‒ Una delle accuse mosse allʼindustria dellʼauto è che, con la transizione allʼelettrico, si perderanno molti posti di lavoro. Certo le fabbriche che producevano veicoli che andavano a combustibili fossili dovranno riconvertirsi per sopravvivere, ma questo non è certo colpa del progresso. Sì perché pensare di salvare posti di lavoro bloccando lʼinnovazione e impedendo la diffusione delle nuove tecnologie è insensato! Si salverebbero oggi posti di lavoro che domani, comunque, andranno persi. Non viviamo, per fortuna, in un mondo in cui tutti guidano la Trabant e chi resta indietro è perduto. È come il cowboy che per raggiungere la lontanissima Frontiera, anziché salire sul treno, non scende di sella dal suo cavallo, credendo che non morirà mai. Accadrà invece, e la malattia ha persino un nome: sindrome di Nokia!
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Investire nella trazione elettrica è allora lʼunico modo per lʼindustria dellʼauto di sopravvivere, non farlo significa imboccare lesti il viale del tramonto. E a proposito di posti di lavoro, a nessuno salterebbe in mente di mettere al bando la chirurgia robotica o computer assistita, perché andrebbe perso il lavoro di tanti chirurghi “vecchia scuola” che operano soltanto con le mani. Tornando a bomba, la produzione auto italiana consisteva in oltre due milioni di modelli lʼanno tra la fine degli anni 80 e il 1990. Oggi i volumi sono la metà e in alcuni anni (dal 2009 al 2014) si è arrivati a stento a 800 mila unità. Delocalizzazione, investimenti ritardati o sbagliati hanno causato la chiusura di tante fabbriche e posti di lavoro persi. E lʼauto elettrica non cʼentrava niente. Una scossa e passa la paura!