Abarth 500e, guarda le foto
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Il Gruppo automobilistico parla con la Gran Bretagna e la esorta a raggiungere un nuovo accordo con l’Unione Europea, per continuare a garantire una normale produttività nel Regno Unito.
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Stellantis non “ha girato troppo alla larga” e ha sollevato il problema: gli accordi commerciali post-Brexit mettono a rischio la sua produzione nel paese. Sarebbero più di 5.000 i dipendenti Stellantis impiegati nel Regno Unito a rischiare il posto di lavoro. La Gran Bretagna invece non può permettersi di perdere i benefici provenienti dall’industria automobilistica.
L’impegno di Stellantis nel Regno Unito è quello di costruire automobili elettriche, ma a causa della Brexit il ruolo del Gruppo automobilistico in terra inglese potrebbe subire una battuta d’arresto, a meno che le regole commerciali non vengano rinegoziate. La voce di Stellantis è forte e chiara e il governo inglese non può non ascoltare un Costruttore che produce e vende in tutto il mondo ben sedici brand automobilistici, tra cui Vauxhall. Stellantis ha così confermato che “se il costo della produzione di veicoli elettrici nel Regno Unito diventa non competitivo e insostenibile, le operazioni chiuderanno”.
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Secondo quanto stabilito negli accordi post Brexit, fino all’1 gennaio 2024 uno dei punti pattuiti stabilisce che almeno il 40% dei componenti dei veicoli elettrici e il 30% delle batterie devono provenire dall’Unione Europea o dal Regno Unito. Dall’1 gennaio 2024 all’1 gennaio 2027, le percentuali aumenteranno rispettivamente al 45% per quanto riguarda i pezzi e progressivamente prima al 50%, poi al 60% per cento in merito alle batterie.
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Se queste regole non verranno rispettate, le auto prodotte in Gran Bretagna e destinate al mercato Ue saranno sottoposte a una tariffa doganale del 10%, provvedimento che, secondo Stellantis, rischia di mettere in difficoltà la produzione negli stabilimenti di Ellesmore Port e Luton. Per questo il Gruppo italo francese ha riconosciuto di “non essere in grado di soddisfare queste regole di origine” a causa dell’aumento dei costi delle materie prime e dei prezzi dell’energia e chiede al governo inglese di raggiungere un nuovo accordo con l’UE per mantenere le regole attuali fino al 2027.
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