La ricerca dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School racconta le dinamiche sviluppate dalla produzione cinese di automobili, alla conquista del Vecchio Continente e del mercato italiano.
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La Cina è oggi il primo produttore di autovetture al mondo e il secondo esportatore. Negli ultimi tre anni ha evidenziato un export globale più che triplicato, mentre nel biennio 2020-2022 lo stesso export è cresciuto in Europa del 432% e in Italia del 640%.
L’Osservatorio Auto e Mobilità di Luiss Business School ha presentato i risultati della ricerca “L’auto cinese in Italia: Conoscere per Decidere”. Ma cosa bisogna conoscere e cosa si dovrà decidere? Come molti di voi già sanno, "lo sbarco" dei produttori di automobili cinesi nel mercato europeo, si conferma sempre più come un fenomeno in forte accelerazione e appare, nella sua evoluzione, senza precedenti. L’industria automobilistica cinese nel Vecchio Continente ha colto l’Europa non tanto di sorpresa, ma sicuramente in un momento storico delicato, poichè impegnata nel passaggio alle zero emissioni del 2035, anno che dovrà dettare il passo verso un futuro elettrificato. Si segnala un'affermazione di Michele Crisci, Presidente UNRAE: "si parla di transizione sostenibile economicamente in toni catastrofistici, ma in realtà non è una minaccia bensì una opportunità di crescita per l'industry e tutto l'indotto". Il Presidente UNRAE ha poi sottolineato che "la transizione significa anche creare nuovi posti o riconvertire quelli esistenti, attrarre investitori esteri e nuovi impianti produttivi". Secondo Michele Crisci "va bene discutere, ma non per restare immobili o per difendere tecnologie che saranno presto obsolete, altrimenti il rischio è di restare legati al futuro dell’immobilità, quando invece il futuro della mobilità è ricco di opportunità". L'avrà pensato anni e anni fa proprio la Cina, che oggi si presenta forte di un vantaggio strategico nell’elettrico e di una posizione da leader nel settore delle batterie, frutto di investimenti fatti con anni di anticipo rispetto alle case europee. Ma non è tutto, perchè storicamente è la prima volta che l’Europa si trova a fronteggiare le performance di un attore che rappresenta il primo mercato e il maggiore produttore al mondo di veicoli.
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Come sempre quando si tratta di argomenti delicati, cerchiamo di far parlare anche e soprattutto i numeri. La Cina è prossima a diventare il principale esportatore al mondo di autovetture: nei primi 8 mesi del 2023 ha scavalcato al secondo posto la Germania, grazie a 2,45 milioni di unità esportate e insegue il Giappone, in testa alla classifica con 2,48 milioni di unità. Negli ultimi tre anni l’export cinese è più che triplicato: per comprendere la poderosa scalata de Dragone, basta pensare che nel 2020 le vetture che lasciavano la Cina erano appena 760.000, mentre quelle esportate da Germania e Giappone rispettivamente 2,6 e 3,4 milioni. Sul fronte europeo, nel 2022 le vetture cinesi immatricolate sono state 455.400, ma nei primi nove mesi dell'anno in corso il numero è cresciuto a 462.600, per una quota di mercato complessiva del 4,8%. Secondi i dati, circa il 20% delle esportazioni cinesi di auto (e il 58% delle vetture elettriche) viene assorbito dal Vecchio Continente, inoltre dal 2020 al 2022 il valore dell’import di auto cinesi nell’Unione Europea è aumentato di oltre 5 volte (+432%), raggiungendo i 9,37 miliardi di euro, performance che ha permesso alla Cina di diventare, nel 2022, il primo esportatore di vetture nell’Ue, superando Giappone, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti.
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In Italia lo scorso anno sono state immatricolate 39.000 auto cinesi (pari a uno share del 3%), mentre nei primi tre trimestri del 2023 sono salite a 59.400, per uno share del 5%. Per il nostro Paese i tassi di incremento delle importazioni dalla Cina sono superiori a quanto si registra per il Vecchio Continente: dal 2020 al 2022 l’import è aumentato di oltre 7 volte (+640%), raggiungendo, lo scorso anno, i 368,6 milioni di euro. Sulla base di questi numeri si prevede che, al termine dell'anno in corso, il valore dell’import di auto dalla Cina possa superare, per la prima volta, il miliardo di euro, ma gli effetti di questo aumento hanno avuto delle importanti ripercussioni sul saldo commerciale del nostro Paese che registra un’inversione di tendenza nella bilancia commerciale che, per la prima volta, finisce in campo negativo. Infatti il disavanzo è stato di 346,7 milioni di euro, anche a causa di un export verso il paese asiatico diminuito del 47,6% (per un totale di 275,8 milioni). Torna ancora utile il commento di Michele Crisci: "il nostro Paese ha sempre dimostrato sull'automotive di avere delle qualità e delle innovazioni straordinarie che ci hanno portato in testa, non solo nelle competizioni ma anche nella produzione di componentistica. Credo che sia il caso di continuare, riconvertendoci verso la nuova tecnologia". Il Presidente dell'UNRAE è poi tornato a rassicurare e a incoraggiare gli addetti ai lavori italiani: "il 2035 è stato ingiustificatamente demonizzato ma è sufficientemente lontano per pianificare con efficacia lo sviluppo e la riconversione dell’automotive in Italia, verso le nuove tecnologie motoristiche e di sistemi software per la nuova mobilità". Michele Crisci sostiene che bisogna farlo "per rispetto verso i 1,25 milioni di addetti di un settore che produce ancora un fatturato equiparabile al 20% del Pil e un gettito fiscale di 76,3 miliardi di euro".
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Con quale alimentazione vengono importate in Europa e in Italia le vetture cinesi? Qui si configurano due scenari opposti: infatti nel Vecchio Continente il 70,8% delle 327.400 auto cinesi arrivate nei primi 9 mesi dell’anno è elettrica e pesa per il 22,9% di tutte le BEV immatricolate, in Italia il rapporto è invertito, ovvero oltre il 70% dell’export cinese nel nostro Paese è ancora con motore endotermico mentre solo il 16% riguarda unità BEV, che valgono il 20,4% di tutte le elettriche immatricolate con targa italiana.
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Ci sono quattro strategie messe in campo dalla Cina per guadagnare peso nei mercati europei. La prima e anche la più evidente, è l'esportazione da parte della Cina di marchi giovani e specializzati nell’elettrico, pensate che dal 2021 hanno debuttato in Europa 19 marchi cinesi, che diventeranno 23 nel 2024 (6 di questi anche in Italia, che l’anno prossimo arriverà a contare 11 brand del paese asiatico). Ma proprio perchè si tratta di brand nuovi e con poca esperienza nel Vecchio Continente, rappresentano ancora la parte più piccola di tutte le immatricolazioni di auto cinesi (il 2,5% nel 2022, per un totale di 11.200 vetture complessive; il 4,3% nei primi tre trimestri del 2023, pari a 19.800 unità). Il loro share di mercato è dunque limitato, sia in Europa che in Italia, dove i brand cinesi hanno venduto complessivamente 145 unità nel 2022 e 796 vetture da gennaio a settembre 2023 (di cui 110 elettriche).
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La seconda strategia vede la Cina recitare il ruolo di export hub che ospita costruttori stranieri a produrre le loro auto in terra asiatica per esportarle nei mercati sviluppati. Lo scenario vede in primo piano marchi europei, americani e giapponesi costruire i loro modelli in Cina: questo fenomeno porta al "Dragone" i volumi più interessanti, non a caso lo studio conferma come la maggior parte delle auto made in China immatricolate in Europa (il 54,4% nel 2022 e il 46,4% nei primi tre trimestri 2023) ha un marchio non cinese e pensate che il modello prodotto in Cina più venduto d’Europa, con 63.820 unità immatricolate nei primi tre trimestri del 2023, ha un marchio americano. La differenza con il passato è evidente, se si considera che gli stessi brand in un primo tempo producevano in Cina soltanto modelli per il mercato locale
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La terza strategia prevede (ormai da tempo) anche l’acquisizione e il rilancio di importanti aziende europee: alcune, nonostante la nuova proprietà cinse, hanno adottato strategie più conservative, continuando ad avere un’immagine e una capacità produttiva europea (pur con un coinvolgimento crescente della manifattura cinese per i nuovi modelli elettrici), altre si sono immerse nella realtà cinese per quanto riguarda le tecnologie e la localizzazione della produzione. C'è poi una quarta strategia, che da tempo, ad esempio, ha trovato terreno fertile nel nostro Paese, collaudata da DR Automobiles. Questa azienda, attraverso partnership strategiche con gruppi automobilistici cinesi, produce e commercializza su licenza dei modelli che vengono importati dalla Cina in maniera semi-finita, successivamente vengono ultimati e personalizzati all’interno dello stabilimento italiano. Ecco un po' di numeri che riguardano DR Automobiles: il gruppo può contare su un vero e proprio portfolio di marchi e costituisce un unicum a livello europeo, soprattutto in relazione alle dimensioni che ha assunto nel tempo. Nel nostro paese (che assorbe la quasi totalità dei volumi) l’azienda rappresenta il costruttore con il maggior numero di vetture cinesi targate, pari a 24.235 unità complessive (di cui 250 elettriche), per uno share che nel settembre 2023 ha superato per la prima volta il 2%, ponendo la casa automobilistica non distante da costruttori storici.